Cornas a Cortona (parte 2)

Dopo aver parlato, nella prima parte di questo post, dell’edizione 2024 dell’evento Chianina e Syrah, in questa seconda parte racconto della masterclass dedicata ai vini di Cornas a cui ho partecipato.

La degustazione prevedeva sette diverse interpretazioni di Cornas dell’annata 2020, millesimo indiscutibilmente caldo e precoce, ma al tempo stesso incredibilmente equilibrato. Durante la masterclass i relatori hanno tenuto a specificare che i vini in assaggio potevano rappresentare sia un’unica vigna, sia un blend di diversi lieu-dit, perché la tradizione rodaniana fa esprimere il vino attraverso le sfumature di diverse vigne.


1) Franck Balthazar, Chaillot
Il nome del vino si rifà al lieu-dit di provenienza. Denso, centrato su un frutto scuro e dolce, la trama tannica è ben ordita e ho apprezzato l’accelerazione in bocca che ha scongiurato ogni banalità.
2) Mathieu Barret, Géniale Patronne
Blend di due lieu-dit e risultato di un lavoro biodinamico e avanguardista, che comprende macerazioni lunghe e assenza di legno. Raffinato e irriverente, sarebbe interessante portarlo a una cieca, poiché si esprime attraverso molte luci e poche ombre, sebbene dalla syrah ci si aspetti più ruvidità, un frutto molto scuro e note terragne come la grafite.
3) Cave de Tain, Nobles Rives
Tain è un villaggio ai piedi di Hermitage, e questa è una cantina sociale che ha messo in bottiglia un vino di tutto rispetto.
4) Maison Chapoutier, Les Arènes
Interessante assaggiare in batteria una maison de négoce. Quando visitai Chapoutier, fui colpita da un’impronta del legno molto profonda su quasi tutti i vini. A quanto pare le scelte stilistiche hanno totalmente cambiato direzione, poiché questo vino è stato realizzato in cemento.
5) A. Clape, Cornas
Clape è il re indiscusso della denominazione, fedele tradizionalista, il cui vino, a differenza di quello di Barret, si concede solo dopo almeno dieci anni di invecchiamento. Al naso emerge subito una nota pungente che evoca la resina, seguita da accenti di pepe, alloro e geranio. Finalmente riesco a individuare l’oliva nera, che fino a poco prima pensavo fosse il tratto distintivo di Cornas, ma che in effetti, nella degustazione dedicata alla denominazione, ho rilevato solo in questo vino. Il sorso è pieno, con un tannino tanto fitto quanto raffinato, ancora molto scalpitante, quasi da masticare per la sua tridimensionalità.
6) Jacques Lemenicier, Père Laurier
Proveniente dal lieu-dit Les Mazards, di cui – come il Clos St. Jacques in Borgogna – ogni produttore possiede una parte bassa, una mediana ed una alta della collina, attingendo quindi a suoli diversi. Il vino è fresco, persistente, tuttavia sovrastato da una suggestione di spezia dolce data dal legno.
7) Alain Voge, Les Vieilles Fontaines
Grande rivelazione della giornata, non solo per il piacere di aver conosciuto il managing director Lionel Fraisse. La Fontaine si trova in una posizione centrale nella denominazione, e la morfologia della collina si rivolge verso varie esposizioni. Questo vino possiede una finezza rara. Come primo sentore ho riconosciuto il mirtillo, ma dopo poco ho percepito qualcosa di familiare, che mescola la viola alla mora di gelso, un aroma che solitamente riconosco nei grandi vini della Côte-Rôtie.
Ho potuto scambiare due parole con Lionel al suo banchetto, circondato da altre espressioni di syrah di Cortona e del mondo. Qui presentava Les Chailles 2021, Les Vieilles Vignes 2021 (ovvero Les Fontaines assieme ad altre parcelle nelle annate in cui non esce come vigna singola), e Chapelle Saint Pierre 2021. Così si riconferma l’eccellenza qualitativa che contraddistingue questo domaine, tanto che non vedo l’ora di tornare a Cornas per poter fare una visita in cantina.

Spinta dalla curiosità e dalla sete, mi sono fatta guidare da Francesco Beligni, brillante e giovane braccio destro di Stefano Amerighi, per l’occasione hanno deciso di proporre altre bottiglie oltre a quelle della loro cantina. Questo dettaglio dice molto sulla mentalità aperta di queste persone, che assieme al talento è, a mio parere, la chiave del loro successo.
Tra i vini della denominazione di Saint Joseph, ho ritrovato Pierre Gonon, assieme ad altri esponenti delle nuove generazioni, come Jean François Malsert, Thomas et Cyprien, il Domaine de la Sarbèche. Per terminare la degustazione di Cornas ho assaggiato la 2019 di Cuchet-Beliando, vino estremamente balsamico. Non potevo poi lasciarmi sfuggire un assaggio dei vini di Amerighi, in particolare di Apice 2020 e La Serine 2020, che prende il nome da una specifica selezione massale tipica della Côte-Rôtie.

Per concludere, vorrei dare luce a due Syrah del Belpaese: La Monaca 2020, della Tenuta Sallier de la Tour, a Monreale, e Castore 2022 e Polluce 2021 e 2020, due bottiglie dell’azienda Vinciarelli Chiara, piccola gemma di Cortona.

Elena Zanasi
Instagram: @ele_zanasi

Cornas a Cortona (parte 1)

L’edizione 2024 del festival Chianina e Syrah si è tenuta a Cortona dal 9 all’11 marzo. Ogni anno avviene in concomitanza con la fiera Prowein a Düsseldorf, per questo non ho mai potuto partecipare. Tuttavia quest’anno ho saltato l’evento fieristico, così non mi sono fatta sfuggire l’occasione di visitare il festival che celebra le eccellenze enogastronomiche della Valdichiana.

Ancora una volta Cortona si dimostra un faro di creatività e maestria, e la sua comunità dovrebbe ispirare i borghi circostanti, che purtroppo non sono ancora in grado di suscitare lo stesso interesse con iniziative originali, nonostante il loro ricco patrimonio storico, architettonico e paesaggistico (ogni riferimento a Montepulciano è puramente casuale).

Tra le varie giornate della manifestazione, ho scelto domenica 10, per poter assistere ad una masterclass sulla regione vitivinicola di Cornas: ultimo avamposto per la syrah scendendo lungo il fiume nella valle del Rodano settentrionale.

Al timone della lezione, veri maestri del settore, come Lionel Fraisse, del domaine Alain Voge, Giampaolo Gravina (tra i colpevoli della mia ossessione per la Borgogna), il talentuoso sommelier e fotografo Marcello Brunetti, e infine Stefano Amerighi, un amico così eclettico che nessun aggettivo sarebbe mai sufficiente a descriverlo pienamente.

Ma perché proprio Cornas? Cos’ha spinto Stefano e tutti questi professionisti a voler mettere in luce una piccola appellation che comprende appena 164 ettari e una cinquantina di imbottigliatori, i quali hanno iniziato a valorizzare queste terre granitiche solo dopo gli anni Sessanta del secolo scorso?

Ammetto che quando visitai la regione due anni fa, lasciai in secondo piano Cornas, dedicandole sì e no una mezza giornata. Logisticamente non era un punto di appoggio comodo, ed ero più attratta dalle espressioni di syrah più popolari, come Hermitage oppure Côte-Rôtie, due regioni più settentrionali, dalle quali Cornas dista mezz’ora e un’ora di macchina.

Avevo sentito parlare del tipico sentore di oliva in questa regione calda, e temevo di ritrovare una certa opulenza rispetto all’eleganza. Questo è un pregiudizio sbagliato, e l’ho intuito raggiungendo la sommità della collina: nonostante la terra sia calda e siccitosa, l’altitudine raggiunge i 400 metri di altezza, con un dislivello di 300 metri (Hermitage, anch’essa molto ventosa, si sviluppa su circa 300 metri di altezza, mentre le viti sulla Côte-Rôtie crescono dai 180 ai 325 m.s.l.m.).

Quali potrebbero essere dunque le ragioni che hanno suscitato il fascino di questo promontorio? Di certo l’altitudine, oppure l’omogeneità delle condizioni pedoclimatiche, o ancora la circoscrizione limitata dell’area vinicola. Non solo: così come la syrah è l’unico vitigno ammesso per produrre l’AOC Cornas, allo stesso modo il granito è la sola matrice geologica del territorio. Tutto ciò comporta una chiave di lettura del vino coerente, garantendo agli appassionati una certa riconoscibilità.

Ma non è tutto. Ciò che rende speciale Cornas è la sua comunità, composta da produttori che hanno assecondato una delle esigenze umane più distintive: interpretare. Si sono armati di raspi, carrucole, barrique per essere tradizionalisti e cemento per essere progressisti. Teloni di plastica sulla vigna come se fosse un orto per contenere l’umidità, e vasche a forma di diamante. Hanno unito diverse parcelle in un unico vino, oppure le hanno lasciate distinte, non perché un’annata fosse peggiore di un’altra, ma perché l’identità del territorio in un vino si rifà banalmente a chi quel luogo lo custodisce.

Il post prosegue con il racconto dei 7 Cornas che ho assaggiato. Verrà pubblicato tra qualche giorno, non perdertelo! Leggi qui la seconda parte.

Elena Zanasi
Instagram: @ele_zanasi