Noi ce lo siamo già segnato e saremo presenti: giovedì 26 Maggio, Palazzo delle Stelline, tanti assaggi di Barolo e Derthona.
Saremo di fronte al “vino dei Re”, sua Maestà Barolo e Derthona, un vino bianco a base timorasso, dalle sorprendenti capacità di invecchiamento, fra musica dal vivo ed eccellenze agroalimentari delle due zone, Langhe e Colli Tortonesi.
Perché un evento congiunto? Cosa hanno in comune questi vini? Certamente la loro straordinaria attitudine ad evolvere, ma non solo.
Santa’Agata Fossili, panorama
Vi dice qualcosa “marne di Sant’Agata Fossili”? Lo sapevate che questa particolare formazione geologica tipica di alcune zone delle Langhe prende il nome da un piccolo paesino dei Colli Tortonesi, Sant’Agata Fossili, appunto?
Ebbene sì, i suoli langhetti con quelli del tortonese hanno molte caratteristiche in comune e anche quel “famoso” periodo tortoniano che gli studiosi fanno risalire fra gli 11 e i 7 milioni di anni fa, in cui entrambe le zone subirono radicali cambiamenti geologici.
Ma torniamo di colpo ai nostri giorni e a Milano, corso Magenta, Palazzo delle Stelline, proprio di fronte a quel capolavoro dell’immaginifico Leonardo da Vinci, L’Ultima Cena, e a giovedì 26 maggio.
Le informazioni potete trovarle ai link sottostanti:
Oddero mi indica, in mezzo ai filari, sul punto più alto, una torretta svelta e strana. Di lassù il Parà sorvegliava la vendemmia, seguiva attentamente il lavoro dei braccianti, e se vedeva qualcuno che batteva la fiacca, lo redarguiva.”
(Mario Soldati, Vino al Vino)
Parte proprio da qui la nostra visita presso Figli Luigi Oddero, dalla vigna situata nel cru Rive a pochi passi dalla cantina e caratterizzata dalla presenza della torre Specola di cui parla anche Mario Soldati e che è diventata simbolo dell’azienda. Sono 32 gli ettari vitati a disposizione dell’azienda, con vigne da Barolo, site a Santa Maria di La Morra (Rive), Castiglione Falletto (Rocche Rivera), Serralunga d’Alba (Vigna Rionda) e da Barbaresco, a Treiso (Rombone). Arricchiscono la gamma vigne di dolcetto, freisa, barbera, moscato oltre a chardonnay e viognier.
Dopo la scomparsa di Luigi Oddero, la moglie Lena ha saputo gestire con grande impegno l’importante eredità di vigne e di storia vitivinicola. Ci accompagna il direttore Alberto Zaccarelli che insieme ad un team affiatato – che conta tra gli altri l’enologo Francesco Versio (anche produttore in zona Barbaresco) e l’agronomo Luciano Botto oltre alla consulenza enologica di Dante Scaglione – segue l’azienda nel rispetto della storia degli Oddero ma anche con molti progetti per il futuro.
Dopo aver camminato le vigne e visitato le cantine, ci spostiamo nell’ampia, elegante e luminosa sala da degustazione. Assaggiamo una rappresentativa panoramica dei vini aziendali che, lo diciamo subito, si caratterizzano per un fil rouge (rosso nebbiolo!) fatto di compostezza, linearità, stratificazione ed eleganza. Sintetizzando potremmo dire che i vini hanno uno stile tradizionale ma non passatista, meglio ancora, di moderna classicità.
Qualche nota di alcune caratteristiche dei vini che ci sono rimasti impressi e che approfondiremo su queste pagine con più calma, quando avremo modo di assaggiare con attenzione i vini acquistati in azienda. Il Dolcetto d’Alba 2021, in anteprima, è goloso e sa di fragola e viole, la beva è supportata da un’acidità vivace e da un tannino croccante; la Barbera d’Alba 2019 è succosa con un bel naso di rosa e lamponi ed una chiusura di freschezza e sapidità; il Langhe Nebbiolo 2019 in questa fase è piuttosto estroverso con ribes, rose, un tocco di catrame, bocca asciutta e ficcante, chiude su ritorni di liquirizia; il Barbaresco Rombone 2018 è un vino di grande livello con un naso mutevole e variegato di lampone, anguria, peonia, spezie in formazione, sottobosco…sorso piacevolissimo, carezzevole grazie ad un tannino finissimo ed un frutto che si integra in una chiusura gustosa e “dolce”. Tocca ora a Sua Maestà il Barolo. Il Barolo 2018 è centratissimo, tra fiori macerati, lamponi schiacciati, qualche spezia e asfalto, bocca energica e giustamente tannica; il Barolo Rocche Rivera 2017 alza ancora – se possibile – il livello, grazie ad un olfatto di grande classicità, estremamente elegante e con un incedere di volume e profondità; con il Barolo Vigna Rionda 2013 si toccano vette inarrivabili ai più, si tratta di un vino ampio e cangiante, che si muove tra fragole e viola, erbe aromatiche e sottobosco, roselline rosse e un tocco speziato, con una bocca ancora lontana dall’essere doma ma godibilissima sul suo essere ampia e succosa, con una trama tannica fitta e saporita e uno sviluppo in profondità che lascia una lunga scia sapida su ritorni di liquirizia; per finire un sorprendente, anche per l’annata, Barolo Specola 2009 che ha un timbro quasi rodanesco fatto di iodio, frutta rossa in confettura, erbe aromatiche, fiori appassiti e un tocco di pepe; l’annata calda si indovina dal sorso ampio, maturo e sanguigno, con un tannino però vivace che fornisce grip e allungo.
Per onorare per il meglio la riapertura dei ristoranti e, soprattutto, per soddisfare la voglia arretrata di degustazioni in compagnia, un gruppo di volonterosi degustatori si è riunito approfittando della consueta ospitalità dell’Osteria Brunello di Milano.
Di seguito una rapida carrellata degli ottimi vini bevuti con però un vino in particolare, diciamolo subito, il Barolo Brunate 2017 di Giuseppe Rinaldi, che ha letteralmente offuscato le altre bottiglie e calamitato l’attenzione dei presenti.
Ma procediamo con ordine.
le bollicine e i vini bianchi
Champagne Révolution Blanc de Blancs – Doyard
Champagne Subtile Brut Nature – Vincent Renoir
Due validi champagne hanno aperto le danze. Grande eleganza, pur su un profilo essenziale, lo champagne di Doyard, produttore di cui abbiamo già parlato anche in altra occasione. Agrumi e calcare si inseguono al naso, sorso verticale e sapido in chiusura, perlage non così fine ma senza pregiudicare la piacevolezza complessiva del vino. La bollicina di Vincent Renoir al confronto appare un po’ troppo monolitica, con frutta gialla e una nota vinosa che appesantisce la beva.
Tra i vini bianchi ottima performance della vitovska vinificata in tini di pietra del Carso di Zidarich. La macerazione sulle bucce caratterizza il vino senza però stravolgerne il varietale. Giallo dorato nel calice, sprigiona fini sentori di calcare e mare, frutta gialla e macchia mediterranea, uva passa e tocco fumé. Bocca secca e saporita, di ottima dinamica, con acidità non arrembante ma di ottima sapidità. Il verdicchio Villa Bucci ha diviso abbastanza i bevitori, a conferma – ma non ce ne sarebbe bisogno – che la soggettività è una componente fondamentale nella valutazione del vino. Chi scrive ha trovato il vino poco mobile e piuttosto caldo, non così agile al sorso, altri ne hanno apprezzato l’impostazione austera e rigorosa. Il Sancerre di Vatan ha invece raccolto consensi piuttosto unanimi, soprattutto grazie ad un naso stratificato ed elegante che alterna pompelmo rosa e mandarino, salvia e clorofilla. Bocca non così leggera come il naso potrebbe suggerire, il calore alcolico è però ben sorretto dalla materia che in questa fase non si distende ancora del tutto ma il finale profondo suggerisce di attenderlo con fiducia ancora qualche anno…
i vini rossi: tutti nebbiolo!
Barolo 2016 – Brovia
Barolo Brunate 2017 – Giuseppe Rinaldi
Barbaresco Rabajà 2013 – Giuseppe Cortese
Gattinara Osso San Grato 2010 – Antoniolo
Barbaresco Montestefano 2010 – Serafino Rivella
Barolo Monvigliero 2010 – Fratelli Alessandria
Della serie: quando ad una degustazione alla cieca senza tema predefinito i vini rossi sono tutti a base nebbiolo…questo la dice lunga sulle preferenze dei degustatori. Dicevamo in incipit che il Barolo Brunate 2017 di Giuseppe Rinaldi l’ha fatta da padrone. Naso che si muove tra una deliziosa fragola e le rose rosse, il tutto avvolto da una mineralità scura che non offusca mai la luminosità del vino. La bocca lascia senza parole per dolcezza della trama e soavità nello sviluppo, torna la succosità della fragola che si accompagna ad un tannino fitto ma finissimo, che in filigrana al vino lo accompagna in un finale di frutta dolce e sale. Vino fuoriclasse e Barolo che, benché giovanissimo e di annata tutt’altro che semplice da interpretare, risulta sorprendentemente goloso. Gran stoffa anche per il Barolo 2016 di Brovia, leggermente più austero e “trattenuto”, meno aperto e solare, ma con un radioso futuro davanti a sé. Delizioso il Barbaresco Rabajà 2013 di Giuseppe Cortese, spontaneo e immediato ma non banale tra la fragola e le spezie, i fiori rossi e la corteccia; pur essendo in bella fase di beva potrà migliorare ancora. Osso San Grato, il Gattinara di Antoniolo, è un altro fuoriclasse che, nonostante un tappo non perfetto, si muove molto bene su un profilo però piuttosto severo. Da riassaggiare perché il tappo potrebbe averne pregiudicato la prova. Il Barbaresco di Rivella si muove tra note frutto rosso maturo, corteccia, sangue, oliva e balsamico, con un profilo quasi rodanesco. Bocca non ancora del tutto distesa con un tannino un po’ scoperto; da riassaggiare tra qualche anno. Il Monvigliero dei Fratelli Alessandria invece stecca, ha un profilo piuttosto moderno con note di cognac e vaniglia poco eleganti e beva ostica.
Il successo dei vini delle Langhe, trainato da Barolo e Barbaresco, richiede all’appassionato di vino che voglia visitarne il territorio alcune accortezze. In questo post abbiamo pensato – freschi della nostra ultima ricognizione a Barolo e dintorni – di dare qualche suggerimento e suggestione utili ad organizzare al meglio la propria visita. Nessuna ambizione di esaustività, solo delle istantanee dalle Langhe che, come da nostra missione, vogliamo condividere.
Comm. G.B. Burlotto
Pianificazione delle visite
Lo sappiamo, è sempre una buona abitudine pianificare per tempo le visite. Nelle Langhe, visto il costante flusso di enoturisti, è ormai una necessità; se poi consideriamo che il Covid ha portato alcune aziende a sospendere temporaneamente l’accesso in cantina… diventa evidente che è bene organizzare il proprio percorso con buon anticipo.
Acquisti
Acquistare direttamente dal produttore non è solo conveniente ma spesso consente di “ancorare” il ricordo della visita al momento in cui stapperemo la bottiglia. Nelle Langhe però, così come nei più importanti territori vinicoli del mondo, è ormai difficile acquistare direttamente. Ha preso orami piede il cosiddetto fenomeno delle assegnazioni che riguarda anche l’acquisto da parte dei privati. Di cosa si tratta? Per gestire l’enorme richiesta di vino cercando di accontentare più appassionati possibile, le aziende pre-assegnano del vino – con limiti di quantità – alla propria clientela. In tal modo ogni anno le aziende vendono tutto il vino dell’annata prima ancora che le bottiglie siano in commercio. Se i vantaggi commerciali sono evidenti, per gli appassionati fuori da assegnazione non resta che mettersi in lista di attesa, sperando che gli anni successivi qualche cliente non confermi gli acquisti e liberi il posto a chi è in coda.
Il fenomeno non è certo nuovo ma fino a pochi anni fa era limitato alle aziende più prestigiose. Ora si sta allargando anche ad aziende meno note ma che sono salite alla ribalta per la qualità dei propri vini.
Mangiare
Una sosta con le gambe sotto il tavolo per gustare la cucina piemontese è sempre gradita. Le nostre soluzioni preferite sono quelle che coniugano qualità della cucina, carta vini dai giusti ricarichi e rapidità di servizio (che dopo il pranzo altre visite ci attendono!). Un luogo che risponde perfettamente a queste caratteristiche è il ristorante Repubblica di Pernoche ci ha accolto con l’immancabile assaggio di insalata russa e ci ha poi coccolato con il golosissimo uovo in camicia alle spugnole e la rolata e frise di agnello con piselli. A chiudere un assaggio di formaggi. Dalla carta dei vini la scelta è caduta sul Langhe Nebbiolo 2019 di Philine Isabelle, che conferma tutto quello che di buono avevamo sentito dire sul suo conto. Olfatto di grande dolcezza tra note di anguria e melograno il tutto avvolto da un alito quasi marino, la bocca al contrario è fitta, dal tannino denso e saporito che si scioglie però nel sorso per nulla difficile. La bottiglia finisce rapidamente ma la facilità di beva non tragga in inganno, non si tratta di un “nebbiolino”.
Un altro posto che ci sentiamo di consigliare è l’Osteria Casa Ciabotto, a Verduno. Menu semplice ma gustoso e ampia scelta di vini con particolare focus sui produttori di Verduno. Vi è anche la possibilità, a prezzi contenuti, di un’orizzontale di Verduno Doc (vitigno pelaverga), perché non di solo nebbiolo vivono le Langhe (vedi prossimo paragrafo).
Abbiamo bevuto un bicchiere di un Barolo fuori dai nomi più noti e che ci è parso molto centrato. Si tratta del Barolo Bricco San Biagio 2013 – San Biagio (Giovanni Roggero). Un Barolo di La Morra senza eccessi modernisti: naso di grande frutto (lampone e fragola), fiori rossi carnosi, mineralità scura, un tocco di spezie. La bocca è gustosa, se vogliamo un po’ rapida nello sviluppo, con tannini ben distesi e dalla chiusura tersa ed elegante.
Non solo Barolo e Barbaresco
Lo dicevamo poco fa, non di solo nebbiolo vivono le Langhe. Il vitigno pelaverga in particolare ci sembra che possa meritare grande attenzione. Nelle migliori versioni dà infatti vita a vini golosi e dall’intrigante dettaglio aromatico, digesti e di facile abbinamento a tavola.
Un esempio tra tutti è il Verduno Basadone 2019 di Castello di Verduno, già solo il colore rubino chiarissimo e lucente mette di buon umore, l’olfatto è tutto giocato su spezie (pepe, noce moscata), frutta e fiori rossi che si rincorrono, il sorso è agile e sapido, fresco ed elegante con una piacevole nota amaricante in chiusura ed una persistenza delicata e pulita.
Per chi fa della condivisione del vino la propria missione è sempre più complicato (e, forse, perfino fuori luogo) – in questi tempi di Italia confinata – parlare di vini bevuti. E così, in attesa di tempi migliori in cui si potrà di nuovo incrociare i bicchieri tutti intorno ad un tavolo imbandito, abbiamo ripescato gli appunti e la memoria di una interessante degustazione alla cieca di vini scelti, rigorosamente a casaccio, tra Italia e Francia.
Crémant Blanc Brut Nature – Domaine Overnoy
Ci troviamo in Jura e l’azienda è guidata da Jean-Louis (nipote dell’iconico Pierre Overnoy) e da suo figlio Guillaume. Conduzione artigianale e bio per questa cantina familiare di neppure 6 ettari. Il vino, 100% chardonnay, sosta 30 mesi sui lieviti e si presenta piuttosto timido al naso: frutta bianca, scorza di agrumi, frutta secca in secondo piano… Il sorso è sapido con bollicina grossolana, la freschezza è però piacevole. Il vino è giocato sulla semplicità e chiude leggermente amaricante.
Champagne Vertus Cœur de Terroir 2008 – Pascal Doquet
Champagne Fleur de Passion 2010 – Diebolt-Vallois
La sfida tra di due champagne è stata vinta nettamente da Diebolt-Vallois che, pur in una versione, la 2010, meno felice rispetto all’entusiasmante millesimo 2008 (ne ha parlato Gregorio qualche tempo fa), si conferma un vino dall’accecante mineralità, elegante al naso, sapido e lungo in bocca, pur con un deficit di potenza e verve acida delle annate migliori. Per onestà dobbiamo dire che di Doquet ricordiamo bottiglie migliori, questa ci è apparsa sottotono e con un perlage evanescente, sintomo di una bottiglia probabilmente piuttosto sfortunata.
Erbaluce di Caluso Le Chiusure 2019 – Favaro
Di questo vino abbiamo già parlato qualche settimana fa e confermiamo le stesse impressioni, così come la volontà di risentirlo dopo qualche anno di vetro che gli dovrebbe fare senz’altro bene. Vino delicato e di carattere al tempo stesso, con una furiosa sapidità a supporto.
Dolcetto d’Alba 2013 – Bartolo Mascarello
Landoix Clos des Chagnots 2018 – Domaine D’Ardhuy
Il vino di Bartolo Mascarello alla cieca ha destabilizzato i degustatori, anche se la sua classe cristallina non era in discussione. Olfatto che si apre a coda di pavone tra frutto rosso ancora integro, corteccia, note terrose, pepe, macchia mediterranea, olive…. Bocca intensa, saporita, dal tannino piacevolmente fitto, forse appena brusca in chiusura e non così lunga, ma di grande eleganza. Il pinot noir ha sofferto il confronto, vino piacevole ed immediato, tutto sul lampone, le fragoline e l’incenso, piacione ma credibile e senza eccessi boisé.
Champagne Rosé – Michel Marcoult
Barolo Perno 2013 – Sordo
I due bicchieri della staffa finali molto interessanti. Lo champagne è accattivante a partire dal bel colore rosa salmone, il naso è un tripudio di fragoline, rose e pepe bianco. Bocca piacevolmente fruttata ma di grande freschezza e sapidità in chiusura. Il Barolo, giovanissimo, è decisamente austero. Frutta rossa sotto spirito al naso, poi rose appassite e catrame. Bocca di grande potenza, intensa, dalla trama tannica fitta e dal calore alcolico ben integrato nella materia. Da attendere con grande fiducia.
Domenica 11 ottobre 2020 si è tenuta – nell’ambito dell’evento Fermento Milano – un’interessante masterclass sul nebbiolo. Finalità della degustazione era quella di accompagnare i presenti alla scoperta delle sfumature che il nebbiolo assume nei suoi tradizionali terroir di riferimento.
Salone degli Affreschi – Chiostri di S. Barnaba
La cornice della masterclass, come si dice sempre in questi casi, era splendida. Ma stavolta è vero! La degustazione si è svolta nello stupefacente Salone degli Affreschi dei Chiostri di S. Barnaba.
Ecco i vini che abbiamo assaggiato con le nostre personalissime impressioni:
Spanna Runcà 2016 – Valle Roncati
Bellissimo colore granato chiaro, screziato da vivaci lampi rubino. Naso semplice ma ricamato: ribes, fragoline ed una nota ematica di contorno. Bocca magra dalla spiccata acidità, tannini fini ma ben presenti e calore alcolico che scappa un po’ via in chiusura. Migliora molto nel bicchiere.
Valle d’Aosta Nebbiolo Sommet 2017 – Les Crêtes
Rosso rubino chiaro, frutta dolce (confettura di lamponi) e fiori appassiti appena versato, poi si susseguono corteccia, pepe bianco, propoli, mineralità chiara. Sorso agile e goloso, di grande armonia nelle sue componenti con un’acidità perfettamente fusa nel corpo del vino. Chiusura di ottima persistenza su ritorni floreali e di sale.
Valtellina Superiore Sassella Le Tense 2017 – Nino Negri
Granato. Olfatto non immediato che sprigiona con l’ossigenazione ciliegia e liquirizia, oltre ad una nota che ricorda il caffè verde e la salvia. Bocca rapida nello sviluppo, ma tersa e caratterizzata da un tannino giovanile ed esuberante in chiusura.
Vino Rosso 1703 – Togni Rebaioli
Nebbiolo della Val Camonica che si presenta in veste rubino chiaro. Naso estremamente accattivante e mutevole: rose rosse fresche e arancia, anguria e lamponi, un tocco di pepe bianco… Sorso verticale e profondo, governato da un’acidità pronunciata. Saporito e, direi, dissetante. Profilo essenziale e magnetico.
Colli del Limbara Nebbiolo Kabaradis 2016 – Depperu
Nebbiolo che in Sardegna acquisisce un profilo tutto suo. Foglie e fiori appassiti, prugna, carne, macchia mediterranea e spezie caratterizzano l’olfatto del vino, che si offre intrigante ed estroverso. La bocca è di buon volume, il sorso riempie il cavo orale in larghezza con alcol sotto controllo, la progressione è però supportata da ottima acidità e tannini poderosi e saporiti. Lunga la chiusura, su ritorni di fiori appassiti e sapidità marina.
Barolo Castelletto 2015 – Manzone
Rosso rubino con riflessi granati. In partenza il naso è etereo e pungente, poi si dipana tra note di prugna e agrumi, spezie e sangue, fiori rossi ed un tocco balsamico. Bocca potente, ampia e materica, acidità e tannini alleggeriscono il sorso, donano profondità e souplesse. Chiude su ritorni di liquirizia. Da attendere con fiducia.
In enoteca difficilmente bevo due vini dello stesso produttore.
Generalmente mi piace variare e scegliere denominazioni e produttori diversi per viaggiare lungo lo Stivale e oltre…grazie ad un semplice calice fra le mani.
Qualche giorno fa invece ho deciso di soffermarmi sui vini di un produttore che avevo già bevuto ma che non ho ancora mai visitato e conosciuto di persona. L’assaggio del primo vino, un Barolo, è stato epifanico a tal punto che non ho potuto esimermi dall’assaggiarne anche un secondo!
Si tratta di due splendidi Barolo, annata 2015, di Cascina Fontana.
Barolo 2015 – Cascina Fontana
Il primo vino assaggiato è stato il Barolo 2015 dell’Azienda Agricola Cascina Fontana. Un vino che parte su note piuttosto scure di frutta matura e cenni di catrame ma in pochi minuti si distende svelando note più chiare di rose rosse, melograno e persino frutta bianca. In bocca il vino ha una bella scorrevolezza ma non priva di grip e personalità: il tannino è più velluto che seta, la chiusura è pulita, ma sapida e lunga.
Insomma un’interpretazione dell’annata 2015 a Barolo che mi ha colpito e che mi ha portato ad assaggiare un altro Barolo del medesimo produttore presente in mescita: il Barolo di Castiglione Falletto 2015 – Cascina Fontana.
Sfumature di rosso…
Barolo di Castiglione Falletto 2015
Il Barolo di Castiglione Falletto è ottenuto dalle migliori uve delle vigne del comune Castiglione Falletto, ovvero Villero e la vigna Valletti, zona Mariondino. Vino dal un fascino irresistibile: seducente il colore rosso rubino scarico attraversato da luminosi lampi granati; sensuale l’incedere in bocca fatto di fiori appassiti, frutti rossi piccoli e croccanti, cenni di liquirizia; raffinato e voluttuoso il finale su ritorni fruttati e minerali, persino marini.
Insomma due Barolo 2015 che mi hanno pienamente convinto.
E tu? Quali i Barolo 2015 che ti sono piaciuti di più fino ad ora?
Le bevute importanti spesso sono preparate nei minimi dettagli, organizzate con settimane di anticipo per decidere la data, recuperare le bottiglie, definire le modalità… In altri rari casi invece va tutto liscio ed in poco tempo, senza gran preavviso o aspettative particolari, si ha la fortuna di partecipare ad una bevuta memorabile effettuata per di più in una “pausa pranzo” infrasettimanale.
Di seguito, ti racconto i vini bevuti in una di queste giornate particolari!
i Fantastici 4: Vatan, Conterno, Gravner, Château Latour
Sancerre “Clos La Néore” 2004 – Vatan
Un vino fin dal colore giovanissimo, alla cieca avrei pensato ad un vino intorno al 2010 – 2014. Profumatissimo con eleganza: gelsomino, roccia, agrumi, un sottofondo appena accennato di miele, un spolverata di pepe bianco. La bocca è molto delicata, qualcuno potrebbe persino considerarla troppo esile, ma che classe…acidità ben presente ma integratissima, sorso suadente e delicato, chiusura sapida e calibratissima. Efebico.
Barolo 1964 – Giacomo Conterno
Ci troviamo di fronte ad un vino che ha svolto invece parte della sua lunga curva evolutiva. Il colore, ancora compatto, promette bene. Al naso carne affumicata, catrame, fiori appassiti, corteccia, arancia candita, funghi secchi. All’evoluzione percepita al naso fa da contrappunto una bocca salda, polposa, con tannino ben presente in filigrana al corpo del vino. Ancora viva la progressione del sorso che chiude decisamente sapido. E’ cominciata la fase discendente ma lotta e vive insieme a noi. Indomito.
Venezia Giulia Rosso 2001 – Gravner
Rosso rubino acceso molto vivo. Olfatto di frutta rossa matura, un tocco animale di cuoio, a rinfrescare arriva il bergamotto. Il tutto avvolto da una rifinitura vegetale molto sottile e mai prevaricante. E’ però in bocca che il liquido odoroso dà il meglio di sé: soave, fine, succoso, il tannino è di grana finissima, ben fuso ed amalgamato nel corpo del vino che si muove sinuoso ma “leggero”, senza strappi, con una splendida acidità a dare verticalità. La chiusura è lunga e piacevolmente “dolce”. Seducente.
Château Latour 2001, Pauillac
Parte con una bella nota olfattiva di frutta nera matura (mora), poi camino spento, carne alla brace, note agrumate e… spezie (chiodo di garofano, cardamomo) che però non tiranneggiano ma anzi chiudono il cerchio di un naso compiuto. Il primo sorso mostra una massa piuttosto compatta e sul frutto – il vino durerà in eterno – ma l’articolazione c’è già e la stoffa pure: il tannino è perfettamente fuso, ampiezza e profondità descrivono una dinamica ellittica ed il vino risulta armonico. Chi l’ha detto che i grandi Bordeaux non sono mai pronti e sono difficili da bere “giovani”? Questo si beve con gran facilità e soddisfazione. Esemplare.
Ho varcato l’ingresso dell’azienda vinicola Giacomo Conterno con emozioni contrastanti: impazienza, apprensione, gioia, incredulità. Ne sono uscito elettrizzato e consapevole che il mondo del vino italiano è in ottime mani. Eh sì, perché ormai i vini di Roberto Conterno – ultimo discendente della famiglia Conterno ed alla guida dell’azienda – sono senza ombra di dubbio gli ambasciatori del vino italiano nel mondo e al top per qualità, prestigio, quotazioni.
Azienda Agricola Giacomo ConternoInsegna Conterno
In una mattinata soleggiata ma fresca, in quel di Monforte d’Alba, con un gruppetto di amici degustatori abbiamo dunque incontrato Roberto Conterno e visitato la sua azienda.
Si parte da una descrizione dei vigneti. Lo storico vigneto Francia, acquistato nel 1974 e monopolio aziendale. Dai 14 ettari (11 a nebbiolo e 3 a barbera) si ottengono tre vini: la Riserva Monfortino, il Barolo Francia e la Barbera d’Alba Francia. Grazie alla lungimiranza di Roberto Conterno più di recente vengono acquistate due nuove vigne: Cerretta (2008) e Arione (2015).
In cantina la pulizia e l’ordine la fanno da padrone. La fermentazione avviene in grandi tini troncoconici mentre l’affinamento si compie in grandi botti di legno austriaco (Stockinger).
Mi sembra di cogliere nella parole di Conterno il senso di responsabilità di essere considerato ambasciatore del vino italiano nel mondo. Gli investimenti in vigna, la cura nel dettaglio, la maniacale ricerca della perfezione partono dalle piante e arrivano in cantina senza paura per l’innovazione e con la consapevolezza che gli sforzi tesi al miglioramento continuo vanno perseguiti senza abbassare mai la guardia.
Linea imbottigliamento
Ci mostra con orgoglio la macchina da imbottigliamento: ha la particolarità di poter gestire anche le jéroboam (bottiglie da 3 litri) e, soprattutto, di verificare in automatico non solo il livello di vino nella bottiglia ma anche, in fase di tappatura, il riempimento ottimale di azoto (il 78% dell’aria è azoto) e relativa fuoriuscita di ossigeno.
«Un tempo, nel fare vino, la sfida era con il vicino; poi è stata con il mondo; oggi, per me, è con me stesso, alla ricerca del meglio del meglio».
Questa frase, che ho trovato sul Corriere del Vino, mi sembra particolarmente rivelatrice del temperamento di Conterno.
Un altro esempio che mostra come in quest’angolo di Langa si è apripista nel mondo riguarda il tappo. Conterno ha scelto di cercare la perfezione nel tappo di sughero e per il momento non prende in considerazione alcuna chiusura alternativa. Coerentemente però ha deciso di portarsi in casa il problema, preferisce governarlo piuttosto che “scaricarlo” sui sugherifici (e questa è una doppia responsabilità). Obiettivo? Arrivare ai tappi zero difetti! Come?
Esemplificando:
acquisto a caro prezzo di tappi di primissima qualità (provenienza da Italia, Spagna, Portogallo);
i tappi, senza alcuna personalizzazione, vengono pesati in azienda da un’apposita macchina che generalmente usano i sugherifici e che elimina i tappi troppo leggeri o troppo pesanti (densità del tappo insolite sono sintomo di potenziali problemi). Questa fase, presumibilmente già effettuata dal sugherificio, permette di eliminare qualsiasi tappo non conforme agli elevatissimi standard autoimposti;
una macchina costruita ad hoc ruota il tappo, fotografa le due testate e sceglie qual è la testata più bella (che starà a contatto del vino) e quella meno bella (su cui verrà stampigliata l’annata);
personalizzazione in casa del tappo
Dopo questi approfondimenti passiamo all’attesissimo momento dell’assaggio.
Il momento dell’assaggio
Da bottiglia abbiamo assaggiato:
Barbera d’Alba Francia 2015 con un naso esplosivo sul frutto accompagnato da piacevolissime note floreali e speziate. La bocca è straordinaria per intensità e ampiezza, nebbioleggia con un tannino che dà spessore e allungo. Acidità e tannino sono perfettamente fusi in un abbraccio in cui l’alcol sembra quasi scomparire.
Barolo Cerretta 2013 molto convincente con un naso floreale e speziato portato in dote dalla componente argillosa del vigneto. Poi un tocco di frutta chiara. Bocca magistrale, succosa, profonda, rigorosa ma equilibratissima. Un grande Barolo.
Last but not least, da botte, un assaggio di quello che sarà il Barolo Riserva Monfortino 2013: naso molto denso, giustamente compresso all’inizio ma poi si susseguono le rose e la grafite, il frutto rosso e la scorza d’arancia. Ma è la bocca che mi sbalordisce, la credevo inaffrontabile in questa fase ed invece…setosa, elegante, il tannino è fittissimo ma fine, una carezza che accompagna il sorso lungo il palato. Vino che ho fatto fatica a tenere nel bicchiere per più di qualche minuto ma che rimarrà impresso a lungo nei miei ricordi: rigore e poesia.
Doctor Wine è l’iniziativa web-editorale che Daniele Cernilli ha intrapreso subito dopo aver abbandonato la direzione de Il Gambero Rosso.
Sono stato alla presentazione della relativa guida – Guida Essenziale ai Vini d’Italia – che si è tenuta a Milano presso l’Hotel Principe di Savoia e ho scoperto alcune cose da condividere (come da missione “aziendale”).
#1 Cernilli non è un uomo ma un brand
Daniele Cernilli ha capito benissimo che in quest’epoca social le persone sono la forza delle aziende, non viceversa. Insomma, il consumatore è abituato ad identificarsi con una persona fisica prima che con un’azienda. Chiara Ferragni ha aperto il suo primo negozio a Milano ed i suoi followers si fidano della selezione che fa per loro, non sono particolarmente interessati al nome dei marchi con cui collabora. Per tornare invece in ambito enoico basti ricordare che tutti sanno chi è Robert Parker ma molti meno conoscono il nome della rivista che dirigeva (The Wine Advocate). Insomma, Cernilli ha capito di essere un brand e ci mette la faccia. Non solo sulla copertina della Guida, anche sullo shopper consegnato all’ingresso, sul portabicchiere e persino sui drop stop salvagoccia. Nella Guida inoltre i vini con i punteggi più alti sono identificati proprio con il faccione stilizzato dell’ex Direttore de Il Gambero Rosso.
#2 E se fosse Jo il miglior vino di Gianfranco Fino?
L’Es è probabilmente il vino più premiato e discusso d’Italia. Un primitivo di Manduria imponente, molto fitto e morbido. Spezie, cacao, frutta sotto spirito…la bocca, molto ricca, è dolce ma vellutata. Un vino che non lascia indifferenti ma che è anche, in qualche modo, estremo, sbilanciato verso le dolcezze di frutto e le morbidezze alcoliche. Non di certo la tipologia di vino che preferisco insomma.
Jo è il negroamaro di Gianfranco Fino. Vino molto vivace e sfaccettato, con delle note di erbe mediterranee ad accompagnare la frutta matura, il sorso è saporito e saldo con una buona dinamica ed una grande lunghezza. La potenza è decisamente sotto controllo insomma.
Due vini che non passano inosservati ma, avendoli assaggiati fianco a fianco, non ho dubbi: è il negroamaro Jo il vino che preferisco di Gianfranco Fino.
# 3 Non tutti i vini valgono quel che costano
Non è certo una grande scoperta affermare che non tutti i vini costosi sono anche indimenticabili. 🙂 L’evento è stata però l’occasione per assaggiare molti di questi inavvicinabili vini e registrare conferme e delusioni.
Tra le conferme Harlequin 2009 – Zymè, un vino che costa più di 300 €, dalla struttura ed intensità fuori scala ma che riesce miracolosamente a trovare un suo equilibrio e a risultare sfaccettato e dinamico. Della stessa azienda meno convincente, per il mio gusto, l’Amarone della Valpolicella Riserva “La Mattonara” 2006. Qui il gioco di prestigio non riesce ed il vino risulta meno armonico di quanto è lecito pretendere da vini di questo tipo. Tra i vini “costosi” che risultano convincenti ti segnalo anche Sassicaia 2014 che, pur in un’annata così difficile, risulta fine ed elegante. Restando a Bolgheri delude invece Grattamacco 2014, lattico e poco a fuoco. Elegante e delicato come sempre il Brunello di Montalcino Poggio di Sotto 2012 mentre delude il Brunello di Montalcino “Tenuta Nuova” 2012 – Casanova di Neri poco espressivo e piuttosto amaro in chiusura. Altra relativa delusione il Barolo Sperss 2013 – Gaja con una chiusura legnosa ed amara che mi ha lasciato perplesso.
# 4 I vini buoni al giusto prezzo
Anche in eventi di questo tipo è – fortunatamente – possibile assaggiare vini molto interessanti e dal rapporto qualità prezzo centrato. Di seguito ti parlo di quei vini che mi hanno colpito particolarmente e che valgono più di quel che costano:
Ograde 2015 – Skerk: vino macerato del Carso saporito, gustoso e dinamico. Il naso è un caleidoscopio di sfumature ma la beva è “semplice”. Di Ograde, 2014 però, ti avevo già parlato qui
Vitovska “Kamen” 2015 – Zidarich: vino minerale fino al midollo, non per nulla fermenta addirittura in contenitori di pietra del Carso. Grandissimo vino da ascoltare con calma…
Fiorano Rosso 2012 – Tenuta di Fiorano: taglio bordolese elegante e soave
Barolo Ravera Riserva “Vigna Elena” 2011 – Cogno: un Barolo decisamente appagante con un naso particolarmente riconoscibile grazie ad un netto floreale di viola e geranio
Barolo Bricco delle Viole 2013 – Vajra: ottenuto da una vigna sita nella parte più alta del comune di Barolo il vino è elegantissimo ma con grande allungo in bocca
Etna Rosso “Vigna Vico” 2014 – Piano dei Daini (Tenute Bosco): un Etna giovane e austero, tannino ancora “croccante” ma promette molto bene