Avanguardia refosco: ovvero il Morus Nigra di Vignai da Duline “in verticale”

Capita che vitigni storici ed importanti per interi territori vengano dimenticati o, più di frequente, vengano mortificati da scelte sbagliate di produttori che ne compromettono quasi irrimediabilmente la fama e la reputazione. Qualcosa del genere è successo anche al refosco dal peduncolo rosso, il più nobile vitigno della grande famiglia dei refoschi (re dei foschi, dei vini scuri, per l’appunto).

Il refosco era, fin dal 1300, la varietà più citata nei testi agronomici del Friuli Venezia Giulia, insieme alla ribolla gialla per quanto riguarda le bacche bianche. Ed è stato per secoli il vino delle grandi occasioni, grazie alla complessità aromatica che portava in dote unitamente ad una materia ricca ed elegante. A partire dagli anni 60 e 70 però, a causa di scelte sbagliate in vigna (cimatura che rendeva la maturità fenolica più difficile da raggiungere), in cantina (vinificazione in acciaio e quindi in riduzione), e presso i vivaisti (che hanno propagato genetiche più produttive ma meno interessanti aromaticamente), il vino ottenuto da questa splendida varietà ha perso spessore e blasone dando troppo spesso origine a vini anonimi, dall’acidità slegata e da tannini verdi e sgraziati.

Vignai da Duline, di cui abbiamo già parlato in passato, ha fin dalla sua origine cercato di dare nuova linfa a questo vitigno grazie a vigne piuttosto vecchie e composte da antichi cloni di refosco dal peduncolo rosso. Nasce così Morus Nigra che abbiamo avuto l’occasione di degustare grazie ad una masterclass organizzata nell’ambito del Mercato dei Vini FIVI che si è tenuto qualche settimana fa a Piacenza.

Ecco le cinque annate che abbiamo assaggiato e che hanno dimostrato, senza alcuna eccezione, una straordinaria capacità di tenuta ed evoluzione nel tempo (nel bicchiere ma anche a ritroso, man mano che le bottiglie si facevano più vecchie). Il Morus Nigra è ottenuto da fermentazione spontanea di refosco dal peduncolo rosso, macerazione di circa 40 giorni in funzione dall’annata, malolattica e affinamento in barrique per oltre 10 mesi.

Morus Nigra 2019: rosso rubino impenetrabile, primo naso di fiori rossi e prugna, seguono poi erbe officinali e spezie (cannella). Bocca intensa, di gran volume ma con alcol assolutamente sotto controllo, la morbidezza complessiva rende il sorso piacevole e integra alla perfezione l’acidità vivace. Chiude sapido e di grande persistenza fruttata. Nelle ultime annate, complice il riscaldamento climatico, la vinificazione avviene, in parte, a grappolo intero (15%-20% di uve non diraspate). Fresco e maturo insieme.

Morus Nigra 2014: in questa annata complicata la macerazione si è protratta per ben 48 giorni. Il vino al colore appare ancora giovanissimo, il naso però è molto diverso dal precedente: sono le spezie in primo piano, accompagnate dai fiori rossi (rose e peonie), in secondo piano dei gustosi lamponi schiacciati e la confettura di more. La bocca è meravigliosamente risolta, soave, succosa e sapida. Chiude su una lunga persistenza minerale. Vino molto buono ed in fase di beva. Power is nothing without control.

Morus Nigra 2010: viole fresche, confettura di amarena, menta, cardamomo, moka… Sorso ampio e carezzevole in ingresso, si allarga nello sviluppo sostenuto da un’acidità che fornisce dinamica e supporta la beva. Chiude su tannini soffici e sapidi. Vino che dà l’impressione di essere in metamorfosi tra la fase giovanile più floreale e fruttata e la senilità dei profumi terziari. Panta rei.

Morus Nigra 2004: ecco che troviamo, a oltre 17 anni dalla vendemmia, un vino che appare all’apice (si badi bene, non in declino!). Peonia e cioccolato fondente, frutti rossi disidratati e cannella, persino una splendida brezza marina coccolano l’olfatto. Sorso di grande integrità, persino compatto, la progressione è verticale e profonda e di grande sapidità. La consapevolezza dell’età adulta.

Morus Nigra 2003: annata che tutti ricordiamo come particolarmente difficile a causa del calore eccessivo e delle modestissime escursioni termiche, il vino che ne risulta è ancora molto sul frutto, non così articolato, sullo sfondo fanno capolino i sentori speziati e floreali. La bocca però è piuttosto integra, dal tannino vigoroso e saporito. Il vino sembra ancora alla ricerca di un suo assetto e lontano dall’essere compiuto. Si avverte però ancora margine di evoluzione e potenziale. Ai posteri l’ardua sentenza.

Diego Mutarelli
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4 vini italiani degustati nel weekend

Oggi, ti racconto di 4 vini italiani – tutti ottenuti da vitigni autoctoni – degustati tra sabato e domenica.

Colli Maceratesi Ribona DOC 2020 – Podere Sabbioni

Podere Sabbioni è un’interessante realtà marchigiana della provincia di Macerata che dedica molte energie al rilancio del vitigno maceratino, più conosciuto come ribona. Il vino, che ho assaggiato ad un evento, mi è sembrato di interesse per la sua spigliatezza in un quadro di levità ed eleganza. Paglierino con riflessi oro antico il colore. Olfatto sul frutto bianco (pesca), erbe aromatiche e scorza di agrumi, anche candita. L’ingresso in bocca è guidato da una piacevole morbidezza con un’acidità che, pur senza essere prorompente, accompagna lo sviluppo verso una chiusura con ritorni di frutta bianca e sale. Vino semplice e ben fatto, accattivante e dal prezzo centrato (circa 10 €).

Venezia Giulia IGT Schioppettino “La Duline” 2018 – Vignai da Duline

In Friuli ci sono due modi quasi opposti di interpretare lo schioppettino: da una parte chi cerca potenza e morbidezze, magari grazie alla parziale surmaturazione delle uve, dall’altra chi invece predilige eleganza e serbevolezza con interpretazioni meno appariscente e più eleganti. Quest’ultima è la strada scelta da Vignai da Duline che propongono un vino ricamato e di grande beva. Colore rosso rubino chiaro. Al naso geranio, pepe verde, more di rovo e, a bicchiere fermo, un cenno di incenso. Il sorso è agile. La gradazione alcolica contenuta (12,5%) e l’acidità vivace rendono la progressione del vino dinamica e profonda. Tannini vellutati e chiusura sapida su ritorni di radice di liquirizia.

Chianti DOCG “Ati” 2019 – Podere Ortica

Podere Ortica è un’azienda biologica che si trova in provincia di Arezzo. Il vino degustato è ottenuto dal vigneto Montegonzi, posto a 550 metri sul livello del mare in cui convivono sangiovese, colorino e canaiolo. Fermentazioni spontanee in acciaio e successivo affinamento in cemento per un Chianti di grande scorrevolezza e personalità. Al naso viole, arancia, terra smossa e sangue. Bocca molto fresca e succosa, per un vino dalla gradazione alcolica contenuta (12,5%) e che risulta saporito e gustoso ma anche intenso e “fitto”.

Lazio Rosso IGT “Lago” 2020 – Podere Puellae

Azienda di recentissima costituzione di cui anche sul web si parla molto poco, questa 2020 dovrebbe essere la loro prima vendemmia. Podere Puellae si trova a pochi chilometri dal Lago di Bolsena e il vino in assaggio è ottenuto da grechetto rosso, vitigno decisamente poco diffuso. Il colore è un bel rubino chiaro, l’olfatto si articola tra pot-pourri, prugna e spezie in formazione (chiodo di garofano). Bocca di ottimo equilibrio, forse un po’ rapida nello sviluppo, ma disinvolta e vivace. In chiusura il tannino è energico e fitto, saporito e croccante. Qualche anno di bottiglia sicuramente gioveranno ad un vino che già ora è però intrigante e originale. Abbinamento d’elezione con uno spezzatino di manzo ai funghi porcini.

Diego Mutarelli
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Vini e omakase da Ichikawa

Per festeggiare l’estate non c’è nulla di meglio di una cena giapponese accompagnata da grandi vini. E così una combriccola di gaudenti degustatori si è ritrovata presso il ristorante di Haruo Ichikawa a Milano.

Prima di passare ai vini merita un commento la qualità del cibo che conferma, ancora una volta, la gran classe e abilità del Maestro Ichikawa, uno degli ambasciatori dell’autentica cucina giapponese in Italia: materie prime sceltissime interpretate in maniera perfetta dallo chef, non solo sushi e sashimi, peraltro straordinari, ma anche piatti meno conosciuti qui da noi come lo splendido antipasto misto sunomono marinato all’aceto di riso e gli spaghetti freddi all'”amatriciana giapponese”. Con questi piatti perfetto l’accompagnamento con champagne e bianchi dal profilo “nordico”.

Ecco l’elenco dei vini degustati alla cieca, accompagnati dalla proposta omakase (in giapponese “avere fiducia”) dello chef.

Franciacorta Extra Brut – Lenza

Che bollicina sorprendente, buon inizio! Al naso gesso, zucchero a velo, mela golden in un quadro molto elegante, bocca di freschezza e sapidità, con perlage sottile e continuo e chiusura pulita appena amaricante. Manca forse un po’ di spinta acido/calcarea ma un metodo classico italiano senza sbavature.

Champagne Extra Brut 2012 – Nicolas Maillart

Vino di una certa ambizione a partire dai bellissimi riflessi dorati che screziano il bicchiere. Naso di agrumi amari, calcare, mela grattugiata, spezie in formazione, ossidazione controllata…Bollicina delicata ma fitta, bocca piena con acidità e materia in equilibrio. Champagne da tutto pasto.

Côtes Du Jura Chardonnay “Les Varrons” 2013 – Domaine Labet

Vino senza mezzi termini straordinario, ottenuto da vigne molto vecchie. Olfatto letteralmente pirotecnico tra note di polvere da sparo e fiori gialli, spezie e roccia, è in mutamento continuo. Anche il sorso non è da meno, intenso ma di grande dinamica e stratificazione, lo scheletro minerale ne sostiene la progressione e lo accompagna in un finale lunghissimo di mare e roccia. Vino che è riuscito a offuscare il quasi leggendario vino successivo…

Sancerre “Clos la Néore” 2010 – Vatan

Vino mitologico in annata di grazia. Lo ricordavamo, bevuto più prossimo all’uscita, come un vino poetico nei suoi dettagli aromatici delicati e nell’olfatto per cui volentieri spendere descrittori “innominabili”. Il vino in questione (o bisognerebbe dire la bottiglia?) è ancora buonissimo anche se forse meno del ricordo indelebile di chi lo bevve in occasioni precedenti. Insomma, meno poetico e più varietale, ma sempre un ottimo Sancerre. Parte sul vegetale chiaro (cetriolo, sedano), poi clorofilla e buccia di pera, sassi di torrente e una leggerissima e piacevole eco di miele. La bocca ha ottima freschezza e succosità, la beva è agile e coinvolgente. Chiude delicato ma persistente. Nel complesso il vino non appare invecchiato, ma sta sicuramente evolvendo, senza troppa fretta…

Friuli Colli Orientali Sauvignon “Ronco Pitotti” 2016 – Vignai da Duline

Vino piuttosto raro, prodotto solo in questa annata (una sola barrique) da un vecchio biotipo di sauvignon ormai scomparso. Si presenta in veste giallo dorato, l’olfatto è di grande mineralità (roccia spaccata), accompagnato poi da fiori di campo e nespola. Bocca intensa e serrata, saporita e potente, gli manca forse un po’ di mobilità e tensione per raggiugere le vette a cui l’azienda ci ha abituato, ma resta una bevuta molto buona.

Champagne Rosé Zero – Tarlant

Ottimo champagne rosé che sa di calcare e fruttini rossi (ribes), agrumi e spezie. Sboccatura piuttosto datata (2014) con la bocca che resta dritta ed essenziale, dissetante e sapida.

Saumur “Les Moulins” 2019 – Domaine Guiberteau

Vino aperto per chiudere in bellezza. Anche in questa annata piuttosto calda in Loira, il liquido si esprime benissimo a dimostrazione del manico di Guiberteau e dell’equilibrio raggiunto dalla sua vigna, allevata secondo i principi biodinamici. Questo chenin, da vigne di oltre 80 anni, ha un olfatto molto aperto di pompelmo, polline, mare, conchiglie e qualche cenno di frutta esotica. Il sorso è elettrico, guizzante grazie ad un’acidità strabordante. Il vino ha ottima dinamica e sviluppo, chiude sapido e profondo e, anche a fine serata, resta la tentazione di un secondo bicchiere…

Diego Mutarelli
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Gregorio Mulazzani
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Gialloditocai, questo vino è un miraggio!

Ti ho già parlato di Vignai da Duline, azienda agricola di San Giovanni al Natisone (UD), che ho avuto la possibilità di visitare qualche anno fa.

Era da un po’ che volevo riassaggiare il loro Gialloditocai, vino visionario ottenuto da un antico biotipo di tocai friulano giallo, dal vigneto Ronco Pitotti. Solo 900 i ceppi da cui si ottiene il Gialloditocai, prodotto in meno di 200 magnum.

Avvistato in enoteca in mescita a bicchiere…non me lo sono fatto sfuggire.

Gialloditocai 2017 – Vignai da Duline

Il vino si presenta con un colore dorato luminoso e vivo, si muove lentamente nell’ampio calice.

Olfatto di grande impatto ma ricco di sfumature aromatiche: fiori di campo, roccia, nespola, delicati effluvi balsamici, frutta secca e un ricamo di noce moscata.

Bocca ampia e glicerica, di grande maturità di frutto ma lo sviluppo del sapore è armonioso e di ottima dinamica. Il calore alcolico è perfettamente integrato nel corpo del vino che risulta sontuoso e potente ma al contempo dinamico ed elegante.

Chiusura su ritorni salmastri dalla persistenza infinita.

Plus: vino bianco strepitoso, riesce a coniugare potenza ed eleganza, vigoria e dettaglio aromatico. La ricchezza del vino è frutto di una raccolta delle uve a perfetta maturazione (fine settembre), dall’affinamento in (un’unica) barrique, dalla permanenza sui lieviti di quasi 12 mesi, da una produzione di uva per ceppo di appena 500 grammi… che il risultato sia un vino così armonico e bilanciato ha del prodigioso, oppure, è “semplicemente” dovuto al mirabile equilibrio raggiunto dai vecchi ceppi di tocai giallo recuperati da Vignai da Duline.

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Morus Alba 2014 – Vignai da Duline

Oggi ho degustato un vino bianco di Vignai da Duline, produttore friulano di cui ti ho già parlato qualche tempo fa (al seguente link il resoconto della mia visita presso Vignai da Duline). Si tratta di un blend di Malvasia Istriana e Sauvignon.

Morus Alba 2014 - Vignai da Duline
Morus Alba 2014 – Vignai da Duline

Venezia Giulia IGT “Morus Alba” 2014 – Vignai da Duline

Colore paglierino con riflessi dorati; naso piuttosto ampio anche se delicato: agrumi e roccia, polvere pirica e fiori gialli, pepe bianco, cera d’api, frutta secca…

Bocca innervata di mineralità e di buon volume ma contemporaneamente di ottima dinamica. Finale citrino e sapido di persistenza ragguardevole.

Plus: lo scelta di vinificazione (macerazione alcolica e malolattica in barrique) poteva essere rischiosa ed invece, condotta con grande maestria, ha portato in dote personalità senza eccessi di morbidezze.

Minus: leggero deficit di concentrazione a centro bocca dovuto all’annata non certo ideale.

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Un altro schioppettino convincente, quello di Vignai da Duline

Eh sì, ti parlo spesso di schioppettino. L’intervista a Ronchi di Cialla prima, il resoconto della mia visita presso Vignai da Duline poi, più qualche altro assaggio sparso qua e là.

Oggi ti racconto dello schioppettino di Vignai da Duline già degustato qualche tempo fa nel corso della visita presso il produttore e riassaggiato con calma ora.

Schioppettino "La Duline" 2015 - Vignai da Duline
Schioppettino “La Duline” 2015 – Vignai da Duline

Venezia Giulia IGT Schioppettino “La Duline” 2015 – Vignai da Duline

Bel coloro rubino scarico, trasparente, vivo e luminoso. L’olfatto è giocato sui fruttini rossi di bosco non troppo maturi (ribes, lamponi), la spezia è presente con un un pepe delicato, c’è la rosa rossa fresca, la cipria e un tocco vegetale.

La bocca conferma la finezza percepita al naso, si tratta di un vino misurato ma succoso nella sua verticalità: l’acidità è affilata e lo sviluppo del sapore è profondo. Tannino appena accennato ma presente in sottofondo a supporto di una sapidità fuori dal comune. I 12,5% di titolo alcolometrico non ingannino: il vino non è così esile come sembra ad un primo assaggio, anzi si impossessa del cavo orale e non lo molla più.

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Vino ben lontano da alcuni schioppettino muscolari e polposi ottenuti da uve surmature. Il passaggio in legno non segna né il naso né il sorso ed il vino resta molto gourmand affermando una sua propria personalità.

 

I 5 post del 2016 più letti su Vinocondiviso

Per festeggiare il nuovo anno e salutare adeguatamente il 2016 ho pensato di riproporti, a mo’ di riassunto, i post più letti o più interessanti che sono stati pubblicati su Vinocondiviso.

Vinocondiviso riassunto in 5 post
Vinocondiviso riassunto in 5 post

Usa i commenti e condividi anche tu le cose più interessanti che hai letto sui blog vinosi!

#5 

articolo sulla Vitovska, un vino di confine fatto di roccia, mare e vento!

#4 

reportage su Vignai da Duline e il loro rigore senza proclami

#3

post sulle reazioni di alcuni produttori alla “critica del vino”

#2

intervista a Ronchi di Cialla: la storia dello schioppettino

#1

neologisimi: vini pezzent vs. bevitori di etichette

 

Buon 2017 a tutti!

11 vini: conferme, sorprese e delusioni di una serata di degustazione

Champagne Blanc de Blancs Extra Brut Les Vieilles Vignes – Francis Boulard

100% chardonnay per questo champagne di finezza e freschezza: calcare, agrumi (anche limone), pan brioche. Bollicine fitte e finissime, dinamica gustativa verticale, salato e percorso da acidità vibrante ma anche sostanza. Manca solo un po’ di allungo nel finale.

Champagne Blanc de Noirs Grand Cru – Denis Bovière

Mela e gesso in apertura, poi note più dolci di frutti di bosco, bolla elegante ma lo sviluppo gustativo, pur gradevole, è piuttosto semplice. La chiusura è segnata da una discreta mineralità.

Riesling Wehlener Sonnenuhr Spätlese 2009 – Joh. Jos. Prüm

Naso molto mutevole e complesso: idrocarburi, tocco di frutta tropicale (frutto della passione), salvia, scorza di arancia, salvia, miele, spezie orientali…bocca abboccata con dolcezza spazzata via subito da acidità ficcante ma elegantemente integrata nel vino. L’acidità prepara il cavo orale ad un nuovo sorso e accompagna il sorso in una chiusura salate decisamente gustosa. Per l’eccellenza manca solo un po’ di intensità e “cattiveria” nel finale.

Chablis Blanchot Grand Cru v.v. 2007 – Guy Robin

Chablis Montmains 1er cru 2009 – Guy Robin

Due vini poco espressivi al naso e piuttosto sconclusionati in bocca, con acidità e morbidezze che vanno ognuna per conto proprio e chiusura amaricante e sorprendentemente alcolica. Questa volta Chablis delude.

Barolo Monprivato 2006 – Mascarello

Solito straordinario naso per questo Barolo: mandarino, lampone, melograno, viola, the verde, catrame…bocca fine e delicata, ma dall’inesorabile, seppur soave, progressione. La dinamica in bocca è carezzevole, il tannino molto fitto eppur setoso. Chiusura dettata dall’acidità e da ritorni fruttati molto fini.

Morgon Les Charmes Eponym’ 2013 – Foillard

Appena stappato il naso è piuttosto ostico: fragole e pollaio, acetica e propoli, asfalto…migliora nel bicchiere di parecchio anche se non convince del tutto neppure in bocca dove avrei preferito un sorso più goloso e meno “rigido”.

Vino Rosso 1703 – Togni Rebaioli

Siamo in Valcamonica, in una vigna montana dove Rebaioli ottiene questo intrigante vino da uve nebbiolo. Fruttini rossi, aghi di pino, corteccia e floreale rosso al naso, bocca di grande acidità e tannino fitto che si articola bene in bocca con una sapida. progressione

Vosne-Romanée 1er cru Les Beaux Monts 2010 – Bruno Clavier

Bel pinot noir borgognone: fruttini rossi, incenso, effluvi balsamici, cola, fragoline di bosco. La bocca entra leggera, in punta di piedi ma poi si allarga e affonda con inesorabile eleganza: salata e ficcante, profonda e succosa. Gli manca appena un po’ di polpa per essere indimenticabile.

COF Pinot Nero “Ronco Pitotti” 2012 – Vignai da Duline

In batteria con il Vosne di Clavier, l’ambizioso pinot nero friulano ha ceduto, pur non sfigurando. Il naso è fine e ben definito, le note olfattive di fruttini rossi sono golose e invitanti, un tocco di foglia di menta invoglia al sorso. La bocca ha buona intensità ma manca un po’ di acidità appoggiandosi sulle morbidezze. L’alcol è ben gestito e la chiusura è sapida ma dai Vignai da Duline, su questo vino, è lecito aspettarsi ancor di più.

Barolo Monvigliero 2010 – Burlotto

Naso inconfondibile quello di questo vino che presenta, anche in quest’annata, un’evidente, e per me persino eccessiva, nota di oliva in salamoia. Anche la bocca non mi convince, l’ho trovata calda e poco equilibrata. I Barolo 2010 sono piuttosto scorbutici, vanno lasciati dormire ancora un po’, sperando che si risveglino dalla loro chiusura più belli che mai. Non sono convinto che per questo vino basterà ma…chi può dirlo!

Vignai da Duline: la coerenza senza compromessi e senza proclami

C’è una rivoluzione silenziosa che percorre da qualche anno il Friuli vitivinicolo.

I grandi nomi degli anni ’80 e ’90 hanno perso un po’ di smalto e a rimetterci sono state le denominazioni di tutto il Friuli. Basta guardare una qualsiasi carta dei vini di un ristorante di livello per rendersi conto come nella sezione dedicata ai vini bianchi fermi, un tempo dominata dai vini dei Colli Orientali o del Collio, ora il Friuli sia un territorio decisamente sottorappresentato…

Ebbene, dagli anni 2000 in poi una gruppo eterogeneo di giovani produttori ha preso in mano il proprio futuro e sta aiutando il Friuli a costruire una nuova immagine e a intraprendere un nuovo percorso fatto di valorizzazione del territorio, riscoperta dei vitigni autoctoni, non interventismo in vigna e in cantina, riscoperta di antiche pratiche (vini macerati, lieviti autoctoni, etc.).

Vignai da Duline
Vignai da Duline

All’interno di questa avanguardia friulana occupano senz’altro un posto di rilievo Lorenzo Mocchiutti e Federica Magrini, gli artefici di Vignai da Duline.

Sono tornato a trovarli di recente, dopo molti anni di assenza, e mi ha fatto piacere ritrovare la stessa convinzione nei propri mezzi e la fiera fermezza, pur senza proclami, nel riaffermare le scelte “politiche” alla base del progetto.

Riscoperta di antichi biotipi di vitigni: il tocai giallo quasi estinto a favore del più produttivo tocai verde; il merlot “storico”, da vecchi cloni che danno grappoli piccoli e spargoli; il sauvignon, antico biotipo francese che nulla ha a che fare con il famigerato clone R3…

Valorizzazione della vigna: gli 8 ettari di Vignai da Duline sono in bio da oltre 30 anni. Il bosco, il terreno inerbito, le siepi, tutto è pensato per sostenere la biodiversità delle antiche vigne che Lorenzo e Federica hanno la fortuna di possedere (la maggior parte delle vigne  sono degli anni ’20 – ’40). L’originale scelta di “chioma integrale”, ovvero di non cimare le viti, è stata intrapresa per proteggere la pianta da inutili stress e per conferire ai vini maggior complessità e freschezza.

Qualche appunto sui vini che ho degustato:

Grave Friulano “La Duline” 2015: dal vigneto La Duline, vecchie vigne (anni ’20 e anni ’40) di tocai verde e tocai giallo, naso ricco e variegato di fiori gialli, un fondo speziato di grande eleganza, acidità e calore in bocca con chiusura corroborata da ottima sapidità.

Venezia Giulia IGT Malvasia Istriana “Chioma Integrale” 2015: naso molto bello, una aromaticità appena accennata che dialoga bene con una mineralità evidente, bocca fitta e dinamica con acidità, sapore e sapidità che palleggiano in scioltezza.

Colli Orientali del Friuli Chardonnay “Ronco Pitotti” 2014: dall’altro cru aziendale a nord di Manzano, il Ronco Pitotti, con vigne degli anni ’30. Questo chardonnay è un vino piuttosto ampio ma armonico e, in qualche modo, “classico”: frutta (anche secca), pasticceria ed un tocco erbaceo delineano il naso, la bocca è coerente con una certa grassezza (assenti note di legno però!) ben bilanciata dal connubio acido/sapido.

Venezia Giulia IGT “Morus Alba” 2014: un vino molto rappresentativo di Vignai da Duline. Nasce infatti dall’unione di uve provenienti dai due vigneti aziendali (La Duline e Ronco Pitotti) e di due vitigni: 60% Malvasia Istriana e 40% Sauvignon. Lo descrivo solo con due parole: sale e sassi. Vino giovanissimo che ha un grande avvenire davanti a sé.

Venezia Giulia IGT “Morus Alba” 2008: naso fantastico e vino ancora giovane e che dimostra le potenzialità di questo blend. Vegetale in apertura, tocchi di idrocarburi, fiori gialli, sassi e mare…sorso profondissimo e salato.

Venezia Giulia IGT Schioppettino “La Duline” 2015: colore rubino scarico e luminosissimo, naso di fragoline e lamponi, pepe, vegetale fine, rose rosse e peonia, bocca asciutta, verticale, agile. Grande beva.

Colli Orientali del Friuli Merlot “Ronco Pitotti” 2010 (magnum): fa parte delle selezioni di biotipi storici e prodotte solo in magnum. Grandissimo merlot: mora e mirtillo, minerale scuro, prugna fresca, violetta, balsamico…in bocca è freschissimo, fitto e profondo, sapido. Grande vino che mi sono servito ben due volte nonostante fossimo, dopo tre ore, alla fine delle chiacchiere e della bevuta.

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