Faccia a Faccia: pinot nero / pinot noir

Come abbiamo già raccontato nella prima puntata del “Faccia a Faccia” dedicata al riesling, lo scopo della rubrica è quello di mettere in connessione e dialogo due vini in qualche modo confrontabili. L’idea di fondo non è quella di paragonare i due vini, quanto di trovarne nuove chiavi di lettura per comprenderli meglio. É quello che succede anche nelle relazioni personali: entrando in empatia con chi si ha di fronte, si finisce per conoscere meglio non solo l’altro ma anche sé stessi.

Dopo il riesling, oggi tocca ad un altro vitigno fluoriclasse, il pinot nero. Abbiamo degustato in parallelo un pinot nero italiano e un pinot noir di Borgogna.

Friuli Colli Orientali Pinot Nero 2018 – Le Due Terre

Dell’azienda Le Due Terre abbiamo già parlato in un post di qualche anno fa, si tratta di un’azienda artigiana dei Colli Orientali del Friuli che segue con scrupolo ed attenzione 5 ettari di vigna a Prepotto dando vita a ottimi vini tra cui i due uvaggi portabandiera Sacrisassi Bianco e Sacrisassi Rosso. Nel calice oggi abbiamo il pinot nero, vino ottenuto da cloni di pinot noir francesi e tedeschi, fermentazione spontanea e affinamento in barrique.

Il calice riflette un colore rubino chiaro con riflessi granati, in primo piano la frutta rossa e fresca come lampone, fragole e anguria, poi un floreale che ricorda la lavanda e quindi un tocco speziato di pepe e cardamomo. A bicchiere fermo dopo qualche minuto fa capolino un’intrigante sentore agrumato di scorza d’arancia. L’acidità ben presente dà al sorso una bella freschezza, lo sviluppo è piuttosto rapido ma profondo e pulito. La chiusura è saporita e lunga su ritorni di frutta rossa e agrumi.

Vino dall’olfatto intrigante e nel complesso di ottima beva, l’annata è stata piuttosto calda ma in questo vino i 14% di titolo alcolometrico sono gestiti alla perfezione. Al sorso ho notato solo un leggero deficit di polpa che dà a centro bocca una sensazione di asciuttezza appena troppo accentuata. Stiamo parlando comunque di un bellissimo vino ottenuto da un vitigno estremamente sfidante. Si contano sulle dita di una mano i pinot nero italiani di questo livello.

Ladoix Clos des Chagnots 2018 – Domaine d’Ardhuy

Abbiamo già assaggiato alcuni vini di questo produttore storico di Borgogna (vedi questo post, ad esempio) che possiede molte parcelle sia in Côte de Nuits sia in Côte de Beaune. Nel calice un monopole, ovvero una vigna di proprietà esclusiva del Domaine d’Ardhuy, il Clos des Chagnots.

Rosso rubino chiaro con vivaci riflessi porpora, olfatto di lamponi macerati, fiori rossi ed incenso. Ingresso in bocca succoso, di bella progressione con materia fruttata piuttosto concentrata a supportare sviluppo e persistenza. Legno ben amministrato per un vino che in chiusura resta sapido e vivace, di ottima lunghezza su ritorni di frutta dolce.

Vino semplice e ben fatto ma che, pur nella sua immediatezza, risulta molto equilibrato e di grande piacevolezza.

Riflessioni conclusive

Due vini ottenuti dalla medesima varietà e proposti al mercato nella stessa fascia di prezzo (30 € – 40 € euro a seconda delle fonti di acquisto) ma provenienti da due territori lontani. Come era lecito aspettarsi dunque – pur con alcuni punti di contatto – le due interpretazioni sono diverse. Il campione dei Colli Orientali è un vino dal naso più articolato e che al sorso non cerca immediatezza nè “piacioneria”, il campione di Borgogna è più immediato e diretto e gioca le sue carte sul frutto e la piacevolezza di beva.

In conclusione direi che il match tra Italia e Francia sul pinot noir finisce in parità, due espressioni diverse di pinot nero che si muovono però sul medesimo piano qualitativo.

Diego Mutarelli
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Champagne non dosé “La Cave” – Tristan Hyest

Non tutti sanno che, a volte, alcuni produttori di Champagne – soprattutto i più piccoli e dinamici – confezionano per distributori, rivenditori o importatori fedeli, delle cuvées personalizzate nel dosaggio o nell’affinamento. É il caso del vino di cui ti parlo oggi, prodotto da Tristan Hyest espressamente per la bella enoteca Tregalli di Senigallia.

Spendo volentieri due righe sull’enoteca Tregalli: se passate a Senigallia andate assolutamente a conoscere di persona Andrea Ruggeri e la moglie, appassionatissimi di bollicine francesi e importatori di champagne dal prezzo davvero centrato. Sempre in zona non mancate neppure una sosta gourmet dal Clandestino di Moreno Cedroni, location da lacrime ed ottimo menù.

Torniamo allo champagne che abbiamo nel bicchiere. Si tratta di un assemblaggio di meunier (60%), chardonnay (30%) e pinot noir (10%), con un 40% di riserva Solera. Sboccatura 03/22, quindi assai giovane, produttore oggi in grande ascesa e molto chiacchierato, onestamente altre cuvées assaggiate recentemente non mi avevano così convinto, questa è invece davvero interessante: naso gessoso ma soprattutto “terroso” da meunier, con note di lievissima ossidazione, bocca molto tirata di bella materia e profondità (grazie alla Solera), torna la sensazione terrosa, il sorso è sgrassante, ha ancora diversi anni davanti per esprimersi al meglio.

Da abbinare a dei tagliolini ai porcini o perché no, spaziamo nel far east, ad un’anatra pechinese fatta come si deve (fortunatamente questo splendido piatto ormai si trova anche in Italia).

Gregorio Mulazzani
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Champagne l’Aérienne 2004 – Tarlant

Poche settimane fa abbiamo già parlato di questa antichissima, serissima e ultimamente sempre più blasonata, maison di Oueilly.

L’Aérienne 2004, sboccatura 2018 e zero dosaggio (come da stile di questa maison, lunghissime permanenze sui lieviti e appunto dosaggio nullo per preservare al massimo l’integrità territoriale), blend di chardonnay (70%) e pinot noir (30%), senza fermentazione malolattica.

Naso con classici lievi accenni di ossidazione, voluta, sensazioni minerali profondissime di gesso e calcare, poi zenzero, liquirizia, bocca impressionante per acidità e “droiture”, certo non uno champagne per tutti ma che regala emozioni a chi lo sa ascoltare, sontuoso e lussuoso aperitivo in abbinamento con delle ottime polpette di baccalà o freschissime alici fritte.

Gregorio Mulazzani
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Bourgogne Pinot Noir Vieilles Vignes 2017 – Domaine Joseph Voillot

Secondo la legislazione vigente in Borgogna dagli anni trenta dello scorso secolo, questo vino sarebbe alla base della piramide gerarchica che suddivide il territorio in tre livelli;  saranno i suoli delle vecchie vigne a Volnay, sarà l’annata, sarà la mano esperta di Jean Pierre Charlot, insieme a Etienne Chaix, ma questo vino si stacca nettamente dalla base la cui appellation in etichetta lo vorrebbe relegare, alzando lo sguardo verso denominazioni di superiore talento, come alcune parcelle ‘Villages’ della stessa Volnay, e persino blasonati cru della Côte de Nuits più delicata.

È proprio la delicatezza il filo conduttore di questo vino: al naso la fanno da padrone piccoli frutti rossi e spezie chiare, in bocca però il sorso si fa più ampio  e fa capolino il tannino a ricordarci che stiamo sempre degustando un vino rosso (accanto ad un pollo ruspante ottimamente arrostito).

Alessandra Gianelli
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Champagne: non è tutto oro quel che luccica

Un paio di assaggi di bollicine d’Oltralpe abbastanza deludenti, che come nostra abitudine condividiamo.

Champagne Brut 2002 – Jacquesson

Champagne del millesimo 2002 ormai non più in produzione di questa storica Maison di Dizy, epicentro del pinot noir, La bottiglia è stata dimenticata in cantina da un caro amico, sboccatura che si perde nel tempo, 2° trimestre 2010, per un classico blend di chardonnay e pinot noir con dosaggio limitato a 3,5 grammi litro.

Il vino, purtroppo, andava bevuto qualche anno fa, il colore è piuttosto carico, lo stile del produttore già un po’ tendente all’ossidazione (ricordo di averla bevuta praticamente all’uscita e una punta di ossidazione era già presente) non ha giocato a favore, naso che spazia dal biscotto Plasmon, all’oro antico, a note di liquirizia, francamente non troppo piacevole o comunque per amanti del genere “hard”, bocca sicuramente più in forma ma con acidità un po’ troppo scomposta. Edizione che a mio avviso si dimostrava non fortunatissima sin da subito.

Se proprio vogliamo tentare un abbinamento direi di provarlo con formaggi erborinati o un pecorino sardo stagionato.

Champagne “B13” 2013 – Bollinger

B13, una delle “nuove” etichette di Bollinger “simil La Grande Année”, 100% pinot noir prodotto in annata considerata “minore” o comunque non ottimale (ma il prezzo ahimè minore non è), colore molto chiaro quasi scarico, molto giovane al naso con note di buccia di mandarino, argilla e mandorle, bocca elegante ma forse un filo “povera” rispetto alle aspettative, finale di buona acidità per un dosaggio non bassissimo (6 grammi litro) che un po’ si sente.  

Sarò troppo severo ma visto il prezzo di uscita se ne può fare serenamente a meno. Operazione di marketing?

Gregorio Mulazzani
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Un Savigny-Lès-Beaune per riscoprire la spensieratezza del pinot noir

Bere pinot noir di Borgogna al giusto prezzo non è mai stato facile. Anni fa parlavamo di Borgogna accessibile come una sorta di chimera enoica…e il passare degli anni non ha certo agevolato il compito degli appassionati che non vogliono rinunciare alle emozioni della Borgogna rossa senza andare in rosso sul conto corrente!

Ecco allora che si esplorano minuziosamente, palmo a palmo, le zone di produzione meno titolate ed i produttori meno blasonati. Spesso con sonore delusioni, più raramente con insperato successo.

Oggi condividiamo quella che ci è apparsa come una bella sorpresa di Borgogna, un domaine non ancora conosciutissimo eppure con una notevole tradizione e belle parcelle sia in Côte de Nuits sia in Côte de Beaune. Si tratta del Domaine d’Ardhuy di cui abbiamo degustato il Savigny-Lès-Beaune Premier Cru “Aux Clous” 2017.

Savigny-Lès-Beaune Premier Cru “Aux Clous” 2017 – Domaine d’Ardhuy

Il vino si presenta in veste rubino trasparente d’ordinanza, qualche riflesso ancora porpora ne svela la gioventù.

Olfatto accattivante e sobrio, senza effetti speciali ma diretto ed espressivo: ribes rosso e melograno, incenso, fiori rossi freschi, una leggera nota ferrosa.

Bocca di grande equilibrio, al contempo vivace nella sua impronta fruttata ed essenziale nella sua gustosa freschezza. L’acidità accompagna lo sviluppo del vino che si distende sul palato senza rinunciare al frutto, privo però di qualsiasi eccesso dolce. Fa capolino un ricordo di legno nuovo che però scompare del tutto con qualche minuto di bottiglia aperta.

La chiusura è soave e delicata, non particolarmente intensa o materica, ma pulita e beverina. I ritorni di frutta e spezie sono accompagnati da un tannino fine e una saporita scia sapida.

Plus: un Savigny-Lès-Beaune dall’ottimo rapporto qualità-prezzo che consente una bevuta disimpegnata ma intrigante.

Diego Mutarelli
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Champagne Brut Nature “Cuvée Louis” – Tarlant

Siamo nella Vallée della Marne dove da più di 12 generazioni opera la famiglia Tarlant che produce Champagne di altissimo livello qualitativo.

Assaggiamo l’ennesima splendida bottiglia di Cuvée Louis, uno dei loro leggendari prodotti di punta.

Champagne Brut Nature Cuvée Louis – Tarlant

Questa versione è un assemblaggio di annate dal 1996 al 2000, con sboccatura novembre 2016 (15 anni sui lieviti, non è da tutti!). 50% chardonnay e 50% pinot noir, senza malolattica per preservare l’acidità e zero dosaggio.

Nel bicchiere si presenta con un colore oro stupendo, brillantissimo, il naso è un tuffo nel gesso, con note di miele amaro, scorza d’agrumi, zenzero, anice, lieve ossidazione che impreziosisce il quadro, bocca dalla bolla finissima, acidità perfetta e materia importante con una beva trascinante.

Champagne che può tranquillamente osare l’abbinamento con un’anatra alla pechinese o un piccione e foie gras. Monumentale.

Gregorio Mulazzani
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Non si finisce mai di imparare con lo champagne! Ecco le “new entry”

La Champagne è, anche per un appassionato di lunga data, una terra che spesso regala sorprese e scoperte. Non è difficile incontrare produttori sconosciuti o quasi. Basta andare ad una delle tante manifestazioni sulle bollicine francesi e voilà, una buona parte dei produttori da degustare sono ignoti, o quasi.

È stato il caso di Atelier Champagne, la bella manifestazione tenutasi a Varese domenica 24 e lunedì 25 marzo. Nella suggestiva cornice del Palace Grand Hotel, in un locale luminoso e ampio, sono stati presentati i vini di 24 produttori, alcune maison e molti recoltant. Bene, circa una decina di questi mi erano sconosciuti o, quanto meno, mai degustati. E proprio fra questi si sono rivelate le più piacevoli sorprese.

Senza pretese di far classifiche vorrei raccontare di quei vini degustati per la prima volta e che più mi hanno colpito, e magari due parole anche su qualche vecchia conoscenza.

Champagne Ardinat-Faust

Ardinat-Faust è un piccolo produttore della valle della Marna, biologico dal 1971, che coltiva soprattutto Pinot Meunier. Il suo Oeil de Perdrix è un rosé delizioso, sapido e fruttato. Carte d’or, anche lui da Meunier 100% è più acerbo, nonostante il dosaggio più alto – 10 gr/lt contro 5 del precedente – è più su note verdi e quasi tabaccose che accompagnano note floreali. La Cuvèe Speciale, che è 50% Pinot Noir e 50% Chardonnay, è vino di maggior struttura ma molto minerale, asciutto, un frutto molto definito, frutti rossi aciduli e agrumi.

Gautherot è un nome famoso nell’Aube. Questa maison ha origini secolari, non è il Gautherot più famoso (Vouette et Sorbèe) ma ha dalla sua una lunghissima tradizione. Coltiva Pinot Nero, Pinot Bianco e Chardonnay. Il loro Reserve Brut, assemblaggio dei tre vitigni, è diretto, sapido, ben definito anche nei sentori fruttati e di crosta di pane. La cuvèe Exception, da Pinot Nero e Pinot Bianco, è intensa, fruttata e delicatamente speziata. In bocca è pieno, fresco, la struttura è importante e ben equilibrata dall’acidità. Il Rosé, ottenuto da macerazione, è un vino che unisce armonicamente intensità e delicatezza del frutto. Un cesto di frutti di bosco, sentori di fiori macerati e di foglie rivelano la sua origine 100% Pinot Noir. In bocca è lungo, fruttato, di gran carattere. Il Notes Blanches è per 80% Pinot Bianco e 20% Chardonnay. È uno Champagne floreale e sapido, ricco di aromi lievi, la frutta bianca, il sale, il mare, che si fondono in una cremosità leggera, una quenelle ai frutti di mare ed alle erbe di montagna. Lungo, asciutto, un sorso appagante.

Champagne Philippe Gonet

Philippe Gonet è una maison a conduzione familiare della Cote de Blancs. Propone una serie vini molto validi, naturalmente in maggioranza BdB. Il Brut Reserve, classico blend 60% PN, 30% CH, 10% Meunier leggermente dosato (8 gr/lt), è un vino che definirei confortevole, molto pulito, sentori cremosi, di crosta di pane, di pasticceria, frutta chiara. In bocca è cremoso e fresco. Il Blanc de Blancs 3210, chardonnay non dosato, è netto, diretto, quasi tagliente sia al naso sia all’ingresso in bocca. Fiori bianchi ma anche sentori verdi di foglie e corteccia di sambuco, frutta bianca acerba, agrume amarognolo. Decisamente un vino giovane. La cuvèe Roy Soleil BdB matura parzialmente in legno. Il vino è intenso, note di crema di limone, di campi di fiori in montagna, di bignè speziati. In bocca è sorso di spessore e di freschezza, lungo, tornano la pasticceria e l’agrume. Ter Blanc è un vino proveniente da vigneti di chardonnay non trattati chimicamente, matura in botti grandi di rovere, passa almeno 60 mesi sui lieviti. Al naso è potente, pesche bianche, legno dolce, nocciole, mandarini e bergamotto a dare freschezza. Grande intensità al sorso, fresco, sapido e gessoso, con ritorni di crema e di agrumi. Il millesimato 2009, anch’esso BdB aggiunge grassezza a quanto si trova nel Ter Blanc, con note di spezie, di pane, di canditi. Una freschezza un po’ spenta ne rende un po’ pesante il transito in bocca.

Heucq Pere et Fils è un piccolo produttore che lavora in biodinamica a Cuisles nella Valle della Marna. Ha presentato cuvèe di solo Pinot Meunier: Tradition Nature, Tradition Extra Brut, Tradition e Brut Rosé. I tre Tradition sono vinificati nello stesso modo, cambia solamente il dosaggio. Tutti presentano uno spiccato carattere terroso, di funghi, sottobosco, roccia. Il Nature non dosato mostra una bella verticalità, molto fresco e sapido, mineralità lunga e sorso profondo. Nell’Extra Brut (3 g/lt) emergono frutti scuri, si amplia il quadro gustativo, la pressione al palato, la beva è più immediata, appagante. Il Tradition è decisamente più morbido e più gastronomico, emergono più note fruttate, cremose. Lievi sensazioni di amaro in chiusura. Il Rosé offre un equilibrio mirabile tra mineralità e frutti rossi, arricchite da note speziate ed i ritorni di bosco e funghi. Bella lunghezza, molto gourmand.

Champagne Lebeau – Batiste

Lebeau – Batiste, produttori a Chavot-Courcourt, appena a sud di Epernay, azienda familiare che produce sei cuvée. Qui ne presentano quattro. Grande Reserve BdB, offre un cesto di frutti bianchi e caramelle al miele, note di pasticceria. Bocca ampia e persistente, fine e fresca. Il Rosé Brut, base 2013 con 30% di vini di riserva, al naso è fruttato, fragoline di bosco e tutti gli altri tipi di fruttini rossi, buona dolcezza. In bocca è cremoso e intenso. Aromi sempre dominati dai frutti di bosco, note di amarena, bella acidità a tenere pulito il sorso. Il Millesimé 2012 è un vino decisamente ricco ed intenso. Naso di fiori, frutti canditi, cedro su tutti, pasticceria, torta di mele. Grande cremosità, ritornano in bocca tutti i frutti ed i fiori, le preparazioni di pasticceria che vengono evocate aggiungono una buona complessità. Forse manca un filo di freschezza in chiusura. La Cuvée Selection è il solo vino di questo produttore che affina in legno, e si sente. Tutto giocato sulla balsamicità, si fa il pieno di erbe aromatiche e selvatiche, dall’origano al finocchietto selvatico, si affianca poi una dolcezza cremosa che arricchisce l’olfatto ed il sorso. In bocca esprime anche una bella acidità, a completare ed equilibrare le sensazioni. Decisamente appagante.

Roger Coulon è un altro produttore di piccole dimensioni – 10 ettari e circa 80.000 bottiglie – da Vrigny, che produce vini tutti giocati sulla finezza e la pulizia. Heri-Hodie, cuvée a maggioranza Meunier, è un vino molto aperto, frutti bianchi, fiori primaverili. Note agrumate in bocca aggiungono armonia e la freschezza chiude il sorso con grande eleganza. L’Hommée è un vino classico, più ampio ed intenso del fratello minore, più cremoso, strutturato, sorso più intenso, miele e pesche, petali di rosa. Un bel finale fruttato e fresco. Il Roselie extra brut è un rosé de saignée che affina in legno, cosa che gli dona spessore, potenza e carattere. Al naso frutti rossi, spezie, erbe fini, in bocca la potenza è equilibrata dall’acidità. Heritage extra brut è un vino che affina quasi due anni in legno e poi passa 10 anni sui lieviti. La vinificazione è riflessa in una grande complessità, lievi sentori di spezie dolci, quasi vanigliate, sorreggono le note fresche di fiori, le note di brioche si inseguono con la pesca bianca. Bocca di notevole impatto, bella acidità a sostenere la struttura, chiude sulle spezie e la crosta di pane.

Trousset – Guillemart è un piccolo produttore della bassa Montagne de Reims che ha presentato una bella serie di vini, precisi, vivaci. Il Créme Brut ed il Brut Nature sono freschi, puliti, le note verdi ne denunciano la gioventù ma la ricchezza compensa, facendo emergere note di caramella alla menta, di balsamico. In bocca sono pieni e freschi. Il Brut rosé ritrova note balsamiche e mentolate integrate coi frutti rossi e la spiccata mineralità. Bocca fruttata e fresca, intensa e lunga. Il Millesimato 2013 è un vino morbido ed intenso, di grande definizione e rigore, profuma di aranceto, di erbe mediterranee. In bocca è molto fresco, non svolgendo la malolattica, freschezza che accompagna la cremosità agrumata e balsamica. Il Blanc de Noirs, vino con una parte di reserve perpetuelle, si presenta fresco, sapido, terragno, note lievemente animali. Emergono poi frutti chiari e note più cremose. In bocca è equilibrato, ampio e complesso, sentori di avocado e di fiori bianchi. La cuvée Blanc pur Anna, vinificata in legno e da reserve perpetuelle, è uno chardonnay molto ricco e intenso, ancora giovane e toccato dal legno, ma molto fresco, agrumato, profondo. Fonde cremosità e mineralità in un allungo di panettone con le scorze d’arancia decisamente affascinante.

Champagne Pascal Doquet

Pascal Doquet è invece una vecchia conoscenza, i loro vini sono sempre di alto livello ed anche qui lo confermano. Arpége è uno champagne di grande mineralità e sapidità, integrata con le note di bacche di bosco, fiori macerati, crosta di pane. In bocca è fine, lungo, asciutto. Diapason, che viene parzialmente vinificato in legno, è un vino intenso su note mature, di nocciole, di crema di vaniglia. Grasso e pieno, è integrato da una giusta freschezza che pulisce il sorso. Sorprendente la cuvée Antocyanes, rosé di macerazione di una gioventù sbarazzina ed affascinante. Note vinose, fruttate, dolci, cremose. Fragoline di bosco, sale, crema di lamponi, beva franca, dolce e goduriosa.

Thienot è una maison che merita di essere citata, anche se non è propriamente un piccolo produttore, perché fa vini impeccabili, confortevoli, di grande beva e piacevolezza. A partire dal Brut base, che fa già 60 mesi di maturazione sui lieviti, e che offre un rigore ed una precisione notevoli, arrivando al rosé di assemblaggio, molto fine ed immediato nel suo frutto rosso intenso, fino al millesimato 2008, vino potente ma raffinato, classico stile da maison, pasticceria, frutta gialla, fiori bianchi, agrumi. Una bella complessità in un vino senza sbavature.

Andrea D’Agostino

Noir o nero, purché sia pinot

Oggi ti racconto di una degustazione tra amici il cui tema era, genericamente, “pinot noir o pinot nero”. La supremazia francese per il vitigno in questione non era in discussione, ma è sempre stimolante mettersi in gioco bevendo alla cieca per apprezzare al meglio le sfumature del pinot nero.

Ecco cosa abbiamo bevuto:

Oltrepò Pavese Pinot Nero “Giorgio Odero” 2012 – Frecciarossa

Azienda storica e rappresentativa dell’Oltrepò, anche Frecciarossa si cimenta con il pinot nero. Abbiamo assaggiato il Giorgio Odero 2012 che si presenta al naso su toni di frutta rossa ben matura, un cenno vegetale e poi, dopo qualche minuto di assestamento, arrivano anche le erbe aromatiche. L’ingresso in bocca è piuttosto caldo, lo sviluppo è in ampiezza anche se arriva alla chiusura abbastanza rapidamente. La bocca resta appena amara.

Plus: vino interessante ed espressivo, ha tenuto molto bene nel bicchiere
Minus: un guizzo acido in più avrebbe di certo aiutato, così come una maggior articolazione al sorso.

Südtirol Alto Adige Pinot Nero “Villa Nigra” 2015 – Colterenzio

Colterenzio è una realtà cooperativa da più di 1,5 milioni di bottiglie. Tra le oltre 30 etichette in gamma anche la selezione di pinot nero Villa Nigra. Il vino ha un naso un po’ sfocato che si dipana tra note di caramella al lampone, qualche tocco boschivo e uno straccio bagnato che va e viene. Ma soprattutto la bocca delude: stretta, senza progressione e corta.

Minus: vino poco fine al naso e cortino in bocca, da rivedere.

Vougeot 1er cru “Les Cras” 2015 – Domaine Philipp

A memoria non ricordavo un Les Cras a Vougeot, ma il libro di Armando Castagno “Borgogna, Le vigne della Côte d’Or” viene in aiuto in qualche modo giustificando la dimenticanza. In Côte d’Or sono almeno 15 le vigne che portano questo nome (che deriva da crai e fa riferimento al suolo formato da sassi bianchi). L’affinamento in legno copre un po’ il primo naso che è speziato, poi esce il fruttino rosso, un tocco di incenso e china, la scorza d’agrumi… Bocca soddisfacente come presenza e sviluppo, è forse un po’ calda ma saporita e pulita in chiusura.

Plus: vino non straordinario ma sfaccettato e saporito
Minus: legno ancora ben presente sia al naso sia in bocca che non risulta ancora del tutto equilibrata.

Bourgogne 2005 – Domaine Robert Chevillon

Chevillon ha bellissime e vecchie vigne tra i migliori premiers crus di Nuits-Saint-Georges. Questo Bourgogne 2005 ha un naso appena evoluto ma ancora molto affascinante: spezie, sostanze psicotrope, ribes… La bocca è stupendamente risolta, saporita e sapida.

Plus: vino di grande fascino, perfetto nella sua semplicità. All’apice.

Bonnes Mares Grand Cru 2009 – Domaine Bart

Ed eccolo il grand cru della serata che si esprime con un naso limpido, luminoso e vivace di spezie e fruttini rossi che richiamano immediatamente la Borgogna. La bocca ha un’acidità ben presenta che accompagna lo sviluppo del vino che risulta succoso. Chiusura sapida e molto persistente.

Plus: vino che coniuga alla perfezione eleganza e complessità, facilità di beva e sinuosità.

Gevrey-Chambertin 1er cru “Les Goulots” 2004 – Domaine Fourrier

Annata davvero difficile la 2004 in Borgogna. I pinot noir ne risultano spesso vegetali con note olfattive che in casi non infrequenti arrivano persino a richiamare l’olezzo delle cimici… Domaine Fourrier se la cava invece piuttosto bene e ci regala un naso di frutta chiara, accompagnato da un tocco vegetale appena accennato, poi spezie e rose. Il sorso è “rilassato”, in questa annata l’evoluzione comincia a sentirsi anche se, pur risolta, la bocca è elegante e piacevolmente sapida.

Plus: considerando l’annata in questione non si poteva chiedere di più.

Diego Mutarelli
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ALSAZIA: un prezioso mosaico enologico nel cuore dell’Europa (2/2)

Prosegue il racconto con la seconda puntata del viaggio in Alsazia di Chiara, se non hai ancora letto la prima parte la trovi al seguente link: Alsazia – un prezioso mosaico enologico (1/2).

Passeggiando, al fresco, tra i filari...
Passeggiando, al fresco, tra i filari…

Giusto il tempo di mettere un brezel nello stomaco e si riparte per il prossimo appuntamento: la cantina Cle De Sol. Siamo a Ribeauville. Simon, ci aspetta sulla porta, è un giovane vigneron appassionato ed innamorato di vino e del suo territorio, oltre che di motori. Un’altra piccola realtà in cui la sala degustazione si confonde con il magazzino, ma è proprio questo il fascino: si entra nel cuore della vita di questi produttori. Le pareti della stanza sono ricoperte di argilla, la stessa argilla presente nei suoi vigneti.
I vini di Cle de Sol sono un elogio alla natura ed al suo tocco, la filosofia di Simon è quella di intervenire il meno possibile sui processi di vinificazione, motivo per il quale le annate si susseguono in un racconto storico. In alcuni anni abbiamo Gewurztraminer dai profumi dolci al naso ma secchissimi alla bevuta, in altre annate il residuo zuccherino è piacevolmente presente, questo dipende anche dal comportamento dei lieviti indigeni. Non parlo certo di processi di vinificazione lasciati al caso, ma sicuro di una gran bella interpretazione di terroir e variabilità delle annate.

Cle De Sol
Cle De Sol

Oltre ai vitigni classici alsaziani, presso Cle de Sol, comincio il mio percorso di “innamoramento” dei Pinot Noir alsaziani. Nelle annate più recenti troviamo Pinot Noir scattanti, esili, di vibrante acidità; andando indietro nelle annate guadagnano in complessità, corpo e tannino che si fa più presente ma, al tempo stesso, più accattivante. Cle De Sol è una realtà giovane che vale la pena tenere sott’occhio. Producono anche degli ottimi succhi, veri e propri nettare di mele.

Il giorno seguente ci affidiamo ad una solida realtà alsaziana conosciuta in tutto il mondo, Domaine Marcel Deiss a Bergheim, una delle cantine che ha fatto la storia dell’Alsazia vitivinicola nel mondo.

Chez Marcel Deiss
Chez Marcel Deiss

Qui la sala degustazione è un elegante salotto con poltroncine e tanto di schermi su cui poter visualizzare la mappa dei territori e dei terreni. In un’ora di degustazione si viene trasportati in una full immersion sul territorio alsaziano. La scelta di questa maison è quella di non utilizzare vitigni in purezza ma blend già in vigna, infatti, lo scopo ultimo (ed a mio parere molto nobile) è quello di far capire come i medesimi vitigni possano dare risultati straordinariamente diversi a seconda del cru nel quale vengono coltivati (N.d.R.: per approfondimenti leggi cosa scrive Deiss sulla
complantation). Quindi passiamo da vini di grande aromaticità: fiori, frutti e morbidezze a vini di mineralità quasi graffiante e straordinaria complessità. Vengo folgorata da due etichette in particolare: Gruenspiel 2013, nasce sul deposito di un torrente e regala sentori di polvere da sparo, cipria ed una grande potenza alcolica che si integra perfettamente nel corpo solido di questo vino. Altenberg, Gran Cru 2011; un racconto di aromaticità, freschezza e lieve sapidità; un vino da dimenticare in cantina (se si riesce) per farsi sorprendere dall’invecchiamento.

Concludiamo con la cantina di Paul Ginglinger, al centro del villaggio di Eguisheim. Le sue vigne sorgono sui Grand Cru Eichberg e Pfersigberg. Degustiamo Riesling secchi e minerali, che ancora una volta preferisco alla versione abboccata. Mi emoziona il suo Gerwurztraminer in cui il residuo zuccherino è perfettamente bilanciato da un lievissimo tannino che solletica le gengive. Con Michel Ginglinger degusto i Pinot Nero che più mi sono piaciuti in questo viaggio; vengono affinati in vecchie barrique ereditate dai cugini di Borgogna. Sono vini scattanti nella freschezza, ma ricchi sia al naso che nella rotondità del corpo, sentori ematici e di frutto rosso tipici del Pinot Noir ed una sorprendente nota di castagna, che confesso di aver ritrovato in diversi Pinot Noir di questa regione.

Non sarebbe stata un’esperienza così coinvolgente se non avessimo accompagnato tutti questi vini alle specialità alsaziane: doveroso citare il foie gras (canard ed oie) in perfetto abbinamento con un Gewurztraminer abboccato, le deliziose terrine di carne ben supportate da Riesling d’annata, il tipico Choucroute (crauti aromatizzati al ginepro con salsiccia, stinco di maiale e prosciutto) che esige un bel Pinot Nero. La notte di capodanno non potevamo non brindare invece con un crémant d’Alsace: le morbide e sensuali bollicine alsaziane che abbiamo deciso di abbinare ad una grandiosa assiette di formaggi francesi.

Suolo alsaziano
Suolo alsaziano

Difficile riassumere e cercare di mettere ordine in tutte queste esperienze di degustazione, l’Alsazia è un mosaico di straordinaria varietà per vitigni e terroir; sicuramente non dimenticherò i sentori stuzzicanti di frutti tropicali, i profumi pastosi di cipria e roccia, le acidità custodi del futuro di questi vini, e il residuo zuccherino di misura e grande eleganza, quindi…au revoir Alsace!

Chiara EM Barlassina
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