Giuliana Vicini, la rinascita di una donna… dal vino!

Vi porterò indietro nel tempo ad inizio secolo scorso e vi racconterò la storia di una donna e del suo legame con il vino.

Giuliana Vicini è nata nel 1925 ad Ortona – una ridente cittadina lungo la costa adriatica abruzzese in provincia di Chieti – da Giustino Ciavolich e Geppina Berardi.

Photocredit: Giuliana Vicini, site web

I Ciavolich erano una famiglia di mercanti bulgari di lana, giunti in Abruzzo nel Cinquecento e divenuti nei secoli proprietari terrieri con la fondazione nel 1853 della prima cantina sita a Miglianico, nel Chietino, di fronte al palazzo signorile di proprietà.
All’epoca la condizione della donna era tale da rappresentare un peso per le famiglie patriarcali che organizzavano matrimoni combinati per i quali era necessaria la dote.
Alla morte del padre Giustino la gestione della proprietà terriera dei Ciavolich passò a Giuseppe, fratello di Giuliana, come imponevano le regole dell’epoca.
Di fatto Giuliana non riuscì a gestire la sua parte di proprietà ma intanto coltivava un’idea e un pensiero di riscatto che avrebbe rivelato prima della sua scomparsa.
Alla veneranda età di 95 anni Giuliana lasciò alla nipote Chiara Ciavolich, figlia di suo fratello Giuseppe, la sua tenuta di Miglianico (Chieti), con l’intento di riscattare il suo nome e la sua storia.
Giuliana chiese espressamente alla sua cara nipote Chiara che il vino prodotto a suo nome non si chiamasse Ciavolich ma Vicini, in virtù del suo legame con la sua amata nonna Donna Ernestina Vicini.
Inoltre il vino con il suo nome “Giuliana Vicini” doveva avere un preciso scopo: sostenere tutte le donne nel loro processo di emancipazione.
La rinascita di Giuliana Vicini è la rinascita di una donna del secolo scorso attraverso la lungimiranza e lo stile di una donna del nostro secolo: la nipote Chiara Ciavolich.
Oggi abbiamo aperto un vino dotato di un buon profilo olfattivo supportato da acidità che dona freschezza al palato e ideale da degustare nel tardo pomeriggio di una bella serata estiva magari di fronte al mare.
Il vino in questione è prodotto con uve cococciola, un antico vitigno a bacca bianca autoctono abruzzese coltivato prevalentemente nella provincia di Chieti.
La buona resa in vigna lo avevano rilegato, nel passato, a vino da taglio che contribuiva a salvare le annate caratterizzate da basse rese del più famoso trebbiano d’Abruzzo.
Oggi la cococciola, grazie alla recente riscoperta da parte di alcuni produttori, viene vinificata in purezza e per la sua spiccata acidità si presta anche alla spumantizzazione.

Cococciola Colline Pescaresi IGP 2022 Giuliana Vicini – Cantina Ciavolich

Il vino si presenta di un giallo verdolino scarico ma luminoso e si muove leggiadro nel calice.
Al naso si apprezzano profumi di fiori bianchi ed eleganti note agrumate accompagnate da sentori di frutta fresca appena raccolta. Il sorso è ampio e avvolgente con una buona spalla acida che dona freschezza e pulisce il palato.
Una leggera ma percepibile nota erbacea arricchisce il profilo del vino.
Il finale è mediamente lungo con un ritorno delle note fruttate di frutta fresca già avvertite al naso e con una evidente nota amarognola che non disturba la degustazione.
Consigliato un abbinamento con del sushi.

Walter Gaetani

Launegild, lo chardonnay di Loreto Aprutino

Ti ho già raccontato della mia visita presso l’azienda agricola De Fermo a Loreto Aprutino. In quell’occasione non mi era stato possibile assaggiare il Launegild, il vino ottenuto da un clone di chardonnay presente in azienda da inizio ‘900. Ero quindi curioso di degustare la bottiglia acquistata in azienda:

Chardonnay Colline Pescaresi IGT
Chardonnay Colline Pescaresi IGT “Launegild” 2015 – De Fermo

Chardonnay Colline Pescaresi IGT “Launegild” 2015 – De Fermo

Il vino si presenta in una veste giallo paglierino con riflessi dorati.

Olfatto di pesca gialla, fiori ed erbe di campo, nocciole e, dopo qualche minuto, melone bianco.

L’ingresso in bocca è ampio con un alcol appena troppo sostenuto rispetto alla materia anche se la dinamica in bocca è ottima ed il vino si sviluppa con buona progressione ed una certa stratificazione. La sapidità compensa un certo deficit di acidità  e la chiusura è piacevolmente amaricante.

Plus: chardonnay non caricaturale come troppo spesso capita in Italia e non solo…le note morbide sono ben compensate dalla sapidità e l’articolazione del sorso assicura una beva non banale.
Minus: manca un po’ di acidità a rinfrescare il quadro e a dare ancora più energia al sorso.

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