Toscana IGT: vini d’avanguardia o in cerca di identità?

La Masterclass Toscana IGT – evento organizzato da Doctor Wine, ovvero Daniele Cernilli, in collaborazione con il Consorzio Vino Toscana – è stata l’occasione per fare il punto su un distretto produttivo del vino toscano che muove numeri significativi. Ogni anno oltre 4.000 aziende toscane rivendicano l’appellazione Toscana IGT per un controvalore di circa 495 milioni di euro con una fortissima vocazione all’export (il 70% della produzione varca i confini nazionali).

Abbiamo partecipato alla manifestazione con il nostro solito spirito di cronisti curiosi, cercando di mettere da parte lo scetticismo che molti appassionati nutrono nei confronti di una denominazione così disomogenea e ampia in termini geografici e produttivi. Etichettati come Toscana IGT possiamo infatti trovare vini bianchi, rossi, frizzanti, da vendemmia tardiva e passiti…insomma un calderone così ampio di offerta che rischia di togliere identità e coerenza alla proposta enoica.

Il Consorzio Vino Toscana, di recente costituzione, non potendo dunque puntare su un’inesistente identità territoriale, ecco che si pone obiettivi molto più concreti:

  • difendere da contraffazioni e abusi di vario genere il maschio Toscana
  • promuovere e sostenere i suoi soci in attività di promozione in Italia e all’Estero

Abbiamo potuto assaggiare 24 vini, 6 bianchi e 18 rossi, il cui elenco riportiamo nella foto sottostante.

La curiosità che ci ha spinto ad assaggiare con attenzione i vini proposti è stata quella di indagare quanto Toscana IGT possa porsi come “denominazione di ricaduta” dei vini innovativi, sperimentali, non ortodossi rispetto alle storiche denominazioni toscane come Brunello di Montalcino, Chianti Classico, Nobile di Montepulciano, Vernaccia di San Gimignano… Anticipiamo che la qualità media degli assaggi è stata molto buona, soprattutto in termini di correttezza enologia, più chiaroscuri invece abbiamo trovato proprio sul fronte dell’emozione, della sperimentazione e della personalità. Insomma, per il momento di avanguardia e sperimentazione non ne abbiamo visti a sufficienza, ma il cammino del Consorzio è appena iniziato…

Come nostro costume condividiamo le note dei vini degustati limitandoci, in questo caso, ai soli assaggi più convincenti.

Toscana Rosso IGT 2021 – Vallepicciola: azienda sita a Castelnuovo Berardenga propone questo vino da uve sangiovese del vigneto Fontanelle, piante di oltre 40 anni poste a 450 metri sul livello del mare. Fermentazione in cemento e affinamento di 20 mesi in barrique (50% di legno nuovo). Il vino è godibilissimo nei suoi sentori di amarena, fiori rossi, terra e un tocco di spezie balsamiche, sorso potente ma la beva non ne risente, la freschezza alleggerisce e allunga il sorso ed il tannino cesellato accompagna il vino verso una chiusura pulita di ottima lunghezza.

Estatura Toscana Rosso IGT 2019 – Barone Pizzini Tenuta Ghiaccioforte: siamo nei poderi Ghiaccioforte, le vigne a conduzione biologica di Barone Pizzini in Maremma. Il vino che abbiamo nel calice è frutto di un riuscito blend di sangiovese (50%) e carignano nero (50%), fermentazione in acciaio e 12 mesi di barrique. Il vino è di un rosso rubino compatto, al naso frutta rossa, macchia mediterranea, balsamico, spezie e tostature (senza eccessi), insomma l’affinamento in legno si sente ma è gestito alla perfezione senza inopportune dolcezze, il sorso è caratterizzato da una certa morbidezza, i 15% di titolo alcolometrico sono però ben mitigati da tannino fitto e fuso, sapidità in filigrana e acidità rinfrescante.

Camboi Toscana Rosso IGT 2019 – Castello di Meleto: azienda storica di Gaiole in Chianti che non ha bisogno di presentazioni, presenta questo vino ottenuto da malvasia nera, che affina 18 mesi in botti da 25 hl. Colore rubino chiaro luminoso, si propone all’olfatto con fruttini rossi aciduli (ribes) ma anche arancia, un elegante tocco floreale e di ginepro. La bocca è dinamica, snella e succosa, precisa ed equilibrata, con l’acidità a fare da filo conduttore ed un tannino in secondo piano. Vino finto semplice di grande piacevolezza e bevibilità.

Il Blu Toscana Rosso IGT 2021 – Brancaia: nota azienda di Radda in Chianti che etichetta come Toscana IGT Il Blu, un blend di merlot (80%), sangiovese e cabernet sauvignon. Ogni singola varietà viene affinata separatamente in barrique (per due terzi nuove), per 18 mesi. In seguito, una volta assemblato, il blend finale matura in vasche di cemento non vetrificato per 3 mesi. Rosso rubino con riflessi bluastri, naso molto ampio di lampone, prugna, caffè, cassetto della nonna, spezie dolci…il sorso è una carezza, avvolge il cavo orale e lo accompagna senza soluzione di continuità in un finale in cui l’acidità fa capolino e sostiene la chiusura rintuzzandone il calore.

Campo all’Albero Toscana Rosso IGT 2020 – La Sala del Torriano: azienda nota anche per i suoi Chianti Classico, presenta in degustazione il Campo all’Albero, merlot (70%) e cabernet sauvignon (30%), 18 mesi di affinamento in barrique. Confettura di ciliegie, mirtillo, caffè, note balsamiche al naso, morbido in ingresso in bocca con un tannino fitto e saporito che fornisce grip e dinamica, la chiusura è sapida e lunga. Un vino che potrà evolvere e migliorare ancora.

Cabernet Franc di Vignamaggio Toscana Rosso IGT 2020 – Vignamaggio: ottenuto da piante di oltre 40 anni di cabernet franc site in Greve in Chianti, il vino fermenta in acciaio e affina 18-24 mesi in barrique. Colore rubino impenetrabile, all’olfatto è intenso nei richiami di ribes nero, cacao, prugna, caffè e una caratterizzante nota vegetale (peperone grigliato). L’acidità rende il sorso succoso, il tannino è ben presente ma affusolato. Bella progressione per una chiusura saporita e di personalità.

Diego Mutarelli
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Le 4 cose che ho capito alla presentazione della Guida di Doctor Wine

Guida Essenziale ai Vini d'Italia
Guida Essenziale ai Vini d’Italia

Doctor Wine è l’iniziativa web-editorale che Daniele Cernilli ha intrapreso subito dopo aver abbandonato la direzione de Il Gambero Rosso.

Sono stato alla presentazione della relativa guida – Guida Essenziale ai Vini d’Italia – che si è tenuta a Milano presso l’Hotel Principe di Savoia e ho scoperto alcune cose da condividere (come da missione “aziendale”).

#1 Cernilli non è un uomo ma un brand

Daniele Cernilli ha capito benissimo che in quest’epoca social le persone sono la forza delle aziende, non viceversa. Insomma, il consumatore è abituato ad identificarsi con una persona fisica prima che con un’azienda. Chiara Ferragni ha aperto il suo primo negozio a Milano ed i suoi followers si fidano della selezione che fa per loro, non sono particolarmente interessati al nome dei marchi con cui collabora. Per tornare invece in ambito enoico basti ricordare che tutti sanno chi è Robert Parker ma molti meno conoscono il nome della rivista che dirigeva (The Wine Advocate). Insomma, Cernilli ha capito di essere un brand e ci mette la faccia. Non solo sulla copertina della Guida, anche sullo shopper consegnato all’ingresso, sul portabicchiere e persino sui drop stop salvagoccia. Nella Guida inoltre i vini con i punteggi più alti sono identificati proprio con il faccione stilizzato dell’ex Direttore de Il Gambero Rosso.

#2 E se fosse Jo il miglior vino di Gianfranco Fino?

L’Es è probabilmente il vino più premiato e discusso d’Italia. Un primitivo di Manduria imponente, molto fitto e morbido. Spezie, cacao, frutta sotto spirito…la bocca, molto ricca, è dolce ma vellutata. Un vino che non lascia indifferenti ma che è anche, in qualche modo, estremo, sbilanciato verso le dolcezze di frutto e le morbidezze alcoliche. Non di certo la tipologia di vino che preferisco insomma.
Jo è il negroamaro di Gianfranco Fino. Vino molto vivace e sfaccettato, con delle note di erbe mediterranee ad accompagnare la frutta matura, il sorso è saporito e saldo con una buona dinamica ed una grande lunghezza. La potenza è decisamente sotto controllo insomma.
Due vini che non passano inosservati ma, avendoli assaggiati fianco a fianco, non ho dubbi: è il negroamaro Jo il vino che preferisco di Gianfranco Fino.

# 3 Non tutti i vini valgono quel che costano

Non è certo una grande scoperta affermare che non tutti i vini costosi sono anche indimenticabili. 🙂 L’evento è stata però l’occasione per assaggiare molti di questi inavvicinabili vini e registrare conferme e delusioni.
Tra le conferme Harlequin 2009 – Zymè, un vino che costa più di 300 €, dalla struttura ed intensità fuori scala ma che riesce miracolosamente a trovare un suo equilibrio e a risultare sfaccettato e dinamico. Della stessa azienda meno convincente, per il mio gusto, l’Amarone della Valpolicella Riserva “La Mattonara” 2006. Qui il gioco di prestigio non riesce ed il vino risulta meno armonico di quanto è lecito pretendere da vini di questo tipo. Tra i vini “costosi” che risultano convincenti ti segnalo anche Sassicaia 2014 che, pur in un’annata così difficile, risulta fine ed elegante. Restando a Bolgheri delude invece Grattamacco 2014, lattico e poco a fuoco. Elegante e delicato come sempre il Brunello di Montalcino Poggio di Sotto 2012 mentre delude il Brunello di Montalcino “Tenuta Nuova” 2012 – Casanova di Neri poco espressivo e piuttosto amaro in chiusura. Altra relativa delusione il Barolo Sperss 2013 – Gaja con una chiusura legnosa ed amara che mi ha lasciato perplesso.

# 4 I vini buoni al giusto prezzo

Anche in eventi di questo tipo è – fortunatamente – possibile assaggiare vini molto interessanti e dal rapporto qualità prezzo centrato. Di seguito ti parlo di quei vini che mi hanno colpito particolarmente e che valgono più di quel che costano:

  • Ograde 2015 – Skerk: vino macerato del Carso saporito, gustoso e dinamico. Il naso è un caleidoscopio di sfumature ma la beva è “semplice”. Di Ograde, 2014 però, ti avevo già parlato qui
  • Vitovska “Kamen” 2015 – Zidarich: vino minerale fino al midollo, non per nulla fermenta addirittura in contenitori di pietra del Carso. Grandissimo vino da ascoltare con calma…
  • Fiorano Rosso 2012 – Tenuta di Fiorano: taglio bordolese elegante e soave
  • Barolo Ravera Riserva “Vigna Elena” 2011 – Cogno: un Barolo decisamente appagante con un naso particolarmente riconoscibile grazie ad un netto floreale di viola e geranio
  • Barolo Bricco delle Viole 2013 – Vajra: ottenuto da una vigna sita nella parte più alta del comune di Barolo il vino è elegantissimo ma con grande allungo in bocca
  • Etna Rosso “Vigna Vico” 2014 – Piano dei Daini (Tenute Bosco): un Etna giovane e austero, tannino ancora “croccante” ma promette molto bene