L’Anteprima del Chianti Classico – Chianti Classico Collection – svolta a Firenze presso la Stazione Leopolda il 15 e 16 febbraio, suggella la fine e l’inizio di un percorso importante, e non solo perché quest’anno il primo consorzio italiano a tutela del vino soffia su ben 100 candeline.
Negli ultimi due anni ho avuto la fortuna e il privilegio di poter vivere la comunità del Chianti Classico in maniera attiva e partecipe, osservando la capacità dei suoi attori principali a mettersi sempre più in gioco per fronteggiare minacce senza precedenti, come il cambiamento climatico, la crisi economica dovuta alla pandemia e alle guerre, oltre ad un mercato che richiede vini sempre più riconducibili al territorio di appartenenza. Non si direbbe, ma anche quest’ultima è una sfida alquanto ardua in Chianti Classico, regione piuttosto vasta, in cui il sangiovese tradizionalmente non è l’unico interprete del terroir, e dove la parola cru è comparsa solo in tempi molto recenti.

Se in Barolo e Barbaresco più produttori raccontano la stessa vigna, in Chianti Classico spesso le migliori etichette aziendali sono frutto della commistione di diversi appezzamenti, e questo è solo uno dei motivi per cui in Toscana è difficile raccontare il territorio seguendo alla lettera il modello langhetto; per ulteriori approfondimenti sulla zonazione ti invito a leggere il seguente articolo ospitato su queste stesse pagine.
Fatta questa doverosa premessa, il Consorzio ha fornito come chiave di lettura del Chianti Classico le UGA (Unità Geografiche Aggiuntive), suddividendo geograficamente le oltre 200 aziende presenti in anteprima. Chi, come me, vive e opera in questa regione vitivinicola, sa che questo non è il punto di arrivo per individuare la territorialità di un vino, ma un importante incentivo per iniziare a orientarsi, assecondare il bisogno di studiare, sperimentare rischiando, ascoltare voci autorevoli, e infine domandarsi se si stia già creando il miglior vino possibile, o se sia plausibile andare oltre.
Le nuove generazioni di vignaioli e vignaiole hanno captato subito questo stimolo, e oggi siamo alle porte di un cambio generazionale in cui i giovani non hanno timore a confrontarsi, a condividere idee e bevute, a fare amicizia, a creare una comunità. Comunità che non è fatta solo da chi possiede una cantina, ma anche dagli addetti ai lavori, perché si sa che le aziende le fanno le persone.

Questi giovani hanno capito che il vicino di casa non solo non è il nemico, ma può essere facilmente il migliore amico. Se le generazioni passate devono il loro successo grazie a un forte senso del dovere e all’intuizione che le ha portate nelle solitarie terre del Chianti, i giovani vignaioli di oggi sono generalmente motivati da un’autentica vocazione, che li spinge a lavorare con entusiasmo e passione, come se il contributo offerto a questo settore sia svolto per puro piacere e quasi senza sforzo.
Ora, senza porre lo sguardo troppo avanti, torniamo al presente e ai vini in assaggio. Con oltre 200 aziende partecipanti, sono state servite le nuove annate di Chianti Classico, Riserva e Gran Selezione, dalla 2020 alla 2023, permettendo un confronto di millesimi tanto diversi, quanto impegnativi, seppur stimolanti. Parlando con i produttori si evince una particolare soddisfazione per la 2021, che al naso appare già pronta, forse fin troppo, mentre in bocca sta ancora cercando di trovare un suo equilibrio, con un’acidità scalpitante e una vitalità intrigante. Mettendo a confronto 2021 e 2020, quest’ultima appare più composta e a tratti banale, seppure la vendemmia 2020 sia stata buona, abbondante rispetto a Montalcino e a Montepulciano, ma non indimenticabile come la 2019. La 2022 con il suo calore ci fa realizzare che il surriscaldamento globale non risparmia nemmeno una delle regioni dove il sangiovese è solito distinguersi per la sua acidità e bevibilità. La 2023, al contrario, ha comportato enormi sacrifici, e tanti produttori si sono dovuti accontentare pur di portare a casa un minimo quantitativo di uva sana.
Per scoprire alcuni tra i vini più performanti, proseguiamo nella seconda parte.
Elena Zanasi
Instagram: @ele_zanasi
