Cornas a Cortona (parte 1)

L’edizione 2024 del festival Chianina e Syrah si è tenuta a Cortona dal 9 all’11 marzo. Ogni anno avviene in concomitanza con la fiera Prowein a Düsseldorf, per questo non ho mai potuto partecipare. Tuttavia quest’anno ho saltato l’evento fieristico, così non mi sono fatta sfuggire l’occasione di visitare il festival che celebra le eccellenze enogastronomiche della Valdichiana.

Ancora una volta Cortona si dimostra un faro di creatività e maestria, e la sua comunità dovrebbe ispirare i borghi circostanti, che purtroppo non sono ancora in grado di suscitare lo stesso interesse con iniziative originali, nonostante il loro ricco patrimonio storico, architettonico e paesaggistico (ogni riferimento a Montepulciano è puramente casuale).

Tra le varie giornate della manifestazione, ho scelto domenica 10, per poter assistere ad una masterclass sulla regione vitivinicola di Cornas: ultimo avamposto per la syrah scendendo lungo il fiume nella valle del Rodano settentrionale.

Al timone della lezione, veri maestri del settore, come Lionel Fraisse, del domaine Alain Voge, Giampaolo Gravina (tra i colpevoli della mia ossessione per la Borgogna), il talentuoso sommelier e fotografo Marcello Brunetti, e infine Stefano Amerighi, un amico così eclettico che nessun aggettivo sarebbe mai sufficiente a descriverlo pienamente.

Ma perché proprio Cornas? Cos’ha spinto Stefano e tutti questi professionisti a voler mettere in luce una piccola appellation che comprende appena 164 ettari e una cinquantina di imbottigliatori, i quali hanno iniziato a valorizzare queste terre granitiche solo dopo gli anni Sessanta del secolo scorso?

Ammetto che quando visitai la regione due anni fa, lasciai in secondo piano Cornas, dedicandole sì e no una mezza giornata. Logisticamente non era un punto di appoggio comodo, ed ero più attratta dalle espressioni di syrah più popolari, come Hermitage oppure Côte-Rôtie, due regioni più settentrionali, dalle quali Cornas dista mezz’ora e un’ora di macchina.

Avevo sentito parlare del tipico sentore di oliva in questa regione calda, e temevo di ritrovare una certa opulenza rispetto all’eleganza. Questo è un pregiudizio sbagliato, e l’ho intuito raggiungendo la sommità della collina: nonostante la terra sia calda e siccitosa, l’altitudine raggiunge i 400 metri di altezza, con un dislivello di 300 metri (Hermitage, anch’essa molto ventosa, si sviluppa su circa 300 metri di altezza, mentre le viti sulla Côte-Rôtie crescono dai 180 ai 325 m.s.l.m.).

Quali potrebbero essere dunque le ragioni che hanno suscitato il fascino di questo promontorio? Di certo l’altitudine, oppure l’omogeneità delle condizioni pedoclimatiche, o ancora la circoscrizione limitata dell’area vinicola. Non solo: così come la syrah è l’unico vitigno ammesso per produrre l’AOC Cornas, allo stesso modo il granito è la sola matrice geologica del territorio. Tutto ciò comporta una chiave di lettura del vino coerente, garantendo agli appassionati una certa riconoscibilità.

Ma non è tutto. Ciò che rende speciale Cornas è la sua comunità, composta da produttori che hanno assecondato una delle esigenze umane più distintive: interpretare. Si sono armati di raspi, carrucole, barrique per essere tradizionalisti e cemento per essere progressisti. Teloni di plastica sulla vigna come se fosse un orto per contenere l’umidità, e vasche a forma di diamante. Hanno unito diverse parcelle in un unico vino, oppure le hanno lasciate distinte, non perché un’annata fosse peggiore di un’altra, ma perché l’identità del territorio in un vino si rifà banalmente a chi quel luogo lo custodisce.

Il post prosegue con il racconto dei 7 Cornas che ho assaggiato. Verrà pubblicato tra qualche giorno, non perdertelo! Leggi qui la seconda parte.

Elena Zanasi
Instagram: @ele_zanasi