Quando una denominazione è giovane, per guadagnare notorietà può sperare di essere notata un giorno da qualche personaggio influente che la metta in luce. Se invece una denominazione possiede già una lunga storia alle spalle, potrebbe risultare scontato che questa goda dei riconoscimenti e del prestigio che si merita.
In realtà basta poco per essere messi in secondo piano, ad esempio scendendo a compromessi, lasciandosi sedurre dalle mode o piegandosi alle spietate leggi del mercato e del giornalismo. Se un vino ha goduto un passato glorioso, a maggior ragione la sua comunità di appartenenza deve impegnarsi da un lato a restare al passo coi tempi, dall’altro è necessario che rimanga fortemente fedele alla propria identità.
I produttori di Montepulciano lo sanno bene, specialmente quando ricordano con nostalgia la loro età dell’oro, ovvero i tempi in cui il Vino Nobile veniva acclamato da personaggi come Voltaire, Thomas Jefferson, William III d’Inghilterra o Francesco Redi.


Come ha fatto uno dei luoghi più vocati per il sangiovese ad aver perso quel lustro che nel Rinascimento era tanto invidiato? Le risposte sono tante, ma fino a questo momento le soluzioni non sono mai state abbastanza efficaci. Si può dire addirittura che l’ultima soluzione convincente sia stata presa nel 1980, quando venne creata la prima DOCG italiana e al Vino Nobile venne assegnata la primissima fascetta.
Tuttavia oggi a Montepulciano soffia un vento nuovo, di cambiamento. Dopo un anno di lavoro da parte dei produttori assieme al loro Consorzio, finalmente oggi si parla di un nuovo vino, che porterà la menzione “Pieve” in etichetta e che sarà disponibile per i consumatori probabilmente a partire da gennaio 2024 con l’annata 2020.
Si tratta di una novità importantissima perché per la prima volta una denominazione toscana viene suddivisa in Pievi, ovvero 12 aree geografiche definite Unità Geografiche Aggiuntive, che fanno riferimento alle ripartizioni già presenti nel Catasto Leopoldino del 1800.
È stata infatti necessaria una profonda analisi introspettiva per giungere alla definizione dei parametri storici, culturali, ma anche pedoclimatici e paesaggistici per delimitare e caratterizzare i seguenti toponimi, già citati in epoca tardo romana e longobarda: Cervognano, Cerliana, Caggiole, San Biagio, Sant’Albino, Valiano, Ascianello, Le Grazie, Gracciano, Badia, Argiano, Valardegna.

In occasione dell’ultima edizione dell’Anteprima del Vino Nobile è stata convocata la conferenza che ha presentato il progetto, durante la quale è stato specificato che questa suddivisione non è una “zonazione”, non ha infatti lo scopo di elevare terreni e vigne qualitativamente migliori rispetto ad altri, al contrario l’obiettivo è quello di sottolineare la bellezza e le peculiarità di ogni Pieve, per portare ad una riscoperta e a una condivisione dell’identità del vino di Montepulciano.
La vera forza del progetto sta dunque nel suo spirito fortemente inclusivo, e altrettanto importante è l’esplicita volontà di puntare alla qualità assoluta: per ottenere un vino che abbia in etichetta la menzione “Pieve”, i vignaioli devono ricorrere solo a vitigni autoctoni, finalmente, con un quantitativo minimo di sangiovese dell’85%, contro il 70% del Vino Nobile attualmente in commercio. Inoltre le uve devono essere prodotte dall’azienda imbottigliatrice e provenire da vigne di almeno quindici anni di età. Per quanto riguarda le fasi di maturazione del vino, è previsto un affinamento di almeno 36 mesi, di cui minimo 12 mesi di legno e almeno altri 12 di bottiglia.
Infine, elemento da non sottovalutare, i vini saranno sottoposti a verifica ben due volte, prima da una commissione interna al Consorzio, poi da una commissione di controllo.
Dal momento che ormai mi sento di far parte di questo territorio, è per me inevitabile dare importanza al progetto ed elaborare le mie considerazioni a riguardo. Non credo che questo passo stravolgerà la situazione presente, ma ritengo che ogni segnale di svolta possa essere decisivo per il futuro di Montepulciano. Non si tratta di uno stratagemma per far parlare i giornalisti, come qualcuno sostiene, ma di una possibile soluzione che permetta ad un territorio di comunicare in maniera migliore la sua identità, che esiste da sempre, ma che aveva bisogno di essere riscoperta e rinnovata. Se questo piano avrà successo, non sarà più necessario sgomitare con le altre denominazioni limitrofe e più grandi, oppure appellarsi a Voltaire, al Redi, o a Thomas Jefferson per convincere gli appassionati che a Montepulciano si produce un grande vino. O meglio, potremo anche citarli, ma giusto per completare qualcosa che è già stato comunicato attraverso l’elemento più importante di tutti, quello che non mente mai: il nostro vino.
Elena Zanasi
Instagram: @ele_zanasi