Fino all’arrivo della fillossera l’Isère, dipartimento francese incuneato tra la Valle del Rodano e la Savoia, era un territorio in cui la vigna prosperava; nel XIX secolo risultavano registrati ben 33.000 ettari di vigna. I danni del malefico insetto – la fillossera appunto – portarono ad una drastica riduzione delle aree vitate in tutta Europa e alcune zone, le più impervie e climaticamente svantaggiate, non si rialzarono più dedicandosi a colture più redditizie. Questo è ciò che successe anche in Isére e ad alcuni suoi vitigni estinti o quasi.
Negli ultimi decenni però, in molte zone minori della Francia (e dell’Italia), la passione e la caparbietà di giovani vignaioli, alla ricerca di vigne al giusto prezzo e di climi freschi, hanno contribuito in modo decisivo a recuperare antiche varietà e a rilanciare le aspirazioni vitivinicole di interi terroirs.
Questa è anche la storia di Jérémy Bricka, che ho deciso di raccontarvi dopo aver degustato un suo vino sorprendente e anche perché ancora non ho trovato alcuna fonte web in lingua italiana che ne parla, e mi sembrava doveroso colmare questa lacuna!
Dopo anni di gavetta in Borgogna e Rodano (chez Guigal!) Jérémy, affascinato dai territori alpini, compra 5 ettari in Isère tra i 500 e i 700 metri di altitudine, a Mens (non lontano da Grenoble), e vi pianta verdesse, mondeuse blanche e noir, altesse, persan, douce noire e la pressoché sconosciuta étraire de l’Aduï. Certificazione bio e approccio enologico non interventista, oltre ad una sensibilità fuori dal comune in fase di vinificazione, hanno permesso al domaine di acquisire una buona notorietà in Francia nella nicchia dei vini naturali. Il vino di cui ti parlo oggi è proprio quello ottenuto dal vitigno étraire de l’Aduï.


Étraire de l’Aduï 2020 Pont de Brion IGP Isère – Jérémy Bricka
Il colore è un bellissimo rosso rubino chiaro, luminoso e trasparente. Il naso è un caleidoscopio di fruttini rossi (melograno e ribes), violetta, pepe, bergamotto, ferro e un particolare tocco che ricorda la salsa di soia…
Il sorso è soffice, beverino e leggero (12%), il tannino è cremoso e risolto, l’acidità è ben integrata e fornisce profondità e succo. Chiude delicato su ritorni di fruttini rossi e spezie.
Plus: vino che fa della spontaneità e facilità di beva la sua caratteristica principale, ma che sa coniugare originalità aromatica ed eleganza. Mi ha ricordato per stile e espressività alcuni dei migliori Morgon del Beaujolais.
Diego Mutarelli
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