Les Suchots di Confuron-Cotetidot alla prova del tempo

I vini della Côte de Nuits sono senza ombra di dubbio i più desiderati dagli appassionati di tutto il mondo. E purtroppo, soprattutto da una decina di anni, le quotazioni stellari che i più ricercati pinot noir di Borgogna hanno raggiunto li hanno relegati al ruolo di chimere irraggiungibili, piuttosto che di vini di prestigio certo, ma che con qualche sacrificio anche appassionati bevitori non milionari possono saltuariamente degustare. E le cose peggiorano ulteriormente se malauguratamente si decide di assaggiare vini del comune di Vosne-Romanée, terroir baciato dal dio Bacco in cui si annoverano i grand cru più prestigiosi del mondo.

Vosne-Romanée
Vosne-Romanée (photocredit: Vins De Bourgogne)

Ma la passione, si sa, porta a far dei sacrifici e trovare qualche compromesso e così, con alcuni amici degustatori, ci siamo organizzati per una verticale di un premier cru di ottima reputazione e dalla quotazione meno esorbitante dei grand cru di Vosne-Romanée: Les Suchots.

Condividiamo di seguito dunque la degustazione di cinque annate del Vosne-Romanée 1er cru Les Suchots del domaine Confuron-Cotetidot. Les Suchots è un premier cru di poco più di 13 ettari rivendicato da ben 25 aziende. L’interpretazione che ne dà il domaine Confuron-Cotetidot, come vedremo, è piuttosto lontana dall’idea di pinot noir tutto fruttini e spezie orientali, il produttore persegue infatti uno stile di vinificazione più austero fatto di uva raccolta a piena maturazione, fermentazione con raspo, macerazione prolungata, utilizzo solo di legno di secondo o terzo passaggio (quindi non legno nuovo), per vini che hanno bisogno di tempo per esprimere tutto il loro potenziale.

Di seguito il resoconto dei vini assaggiati!

2015

Fin dal colore lo stile di Confuron-Cotetidot si differenzia da molti pinot noir di queste latitudini, non il solito rubino chiaro e luminoso, ma piuttosto un rubino compatto e profondo, colore che accompagnerà con piccole differenze tutti i millesimi assaggiati. Al naso un bel frutto rosso maturo (fragola, lampone) che cambia molto nel corso della serata, si susseguono altre note più chiare (arancia bionda) e boschive (aghi di pino), il tutto avvolto da un intrigante ricordo di foglia di menta. La bocca è compressa e fitta, il tannino è ben presente e sopra la media borgognona (ricordiamo la fermentazione con i raspi), la chiusura dolce-amara. Un bellissimo vino che va atteso ancora per esprimere tutto il suo potenziale. L’evoluzione nel bicchiere fa ben sperare in tal senso. La scommessa del futuro (se ti piace vincere facile).

2014

Vino più rassicurante e aperto del precedente, si muove su sentori di frutti di rovo (more), fiori e tocchi vegetali. Le spezie dolci qui fanno capolino ed introducono ad un sorso setoso e fresco, dal tannino fine e dalla chiusura lunga e sapida. Il vino dunque è più aperto e immediato rispetto all’annata 2015, ma anche più semplice e meno dinamico. Carpe Diem.

2012

Vino purtroppo rovinato da un tappo non perfetto, che porta ad un naso poco nitido ed un sorso piuttosto astringente. Non giudicabile.

2010

Colore più chiaro dei precedenti e olfatto delicato, elegante e complesso: ribes ed agrumi, spezie, floreale di viola. Dei vini assaggiati quello con il sorso più terso ed fresco, l’acidità lo rende ficcante e gustoso, ma al contempo il vino si sviluppa soffice ed aggraziato. Una bottiglia di grande eleganza e compostezza, che manca forse, ad essere severi, di un quid di intensità in più per renderlo indimenticabile. Signorile.

2009

In questo generoso millesimo il vino si presenta con note mature di frutta (pesca, lampone), ma anche viola, tamarindo, spezie (chiodi di garofano), erbe macerate, liquirizia. Sorso sferico, di buon volume e impatto, dalla progressione entusiasmante, la bocca è saporita, vellutata e sapide e chiude lunga e soffice su ritorni di liquirizia, spezie e lamponi. La quadratura del cerchio.

La degustazione si è tenuta presso il Ristorante Novanta di Bressana Bottarone (PV), che oltre a sopportare una gang di agguerriti bevitori ci ha deliziato con piatti ottimamente eseguiti. Da segnalare una carte dei vini di assoluto rilievo.

Diego Mutarelli
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Morus Alba 2017 Vignai da Duline: ritorno a casa

Aprire una bottiglia di Vignai da Duline, anche se non l’assaggi da tempo, ti riporta alle stesse sensazioni che si provano a rivedere un vecchio amico: ne conosci la personalità, ti senti subito a casa, ma ogni volta ti sorprende quanto ti faccia stare bene. E ti chiedi come hai fatto a farne a meno così a lungo, promettendoti di non aspettare tanto la prossima volta.

Queste riflessioni mi hanno accompagnato mentre sorseggiavo Morus Alba 2017 di Vignai da Duline, un vino molto rappresentativo dell’azienda condotta da Lorenzo Mocchiutti e Federica Magrini. Se vuoi saperne di più sull’azienda ti invito a leggere il resoconto di una visita effettuata ormai quasi 10 anni fa, ecco il link: Vignai da Duline la coerenza senza compromessi e senza proclami.

Vignai da Duline, 2017 Morus Alba

Il vino che sto degustando è un blend di malvasia istriana (60%) e sauvignon (40%) di due vigne piuttosto vecchie, rispettivamente La Duline e Ronco Pitotti. La fermentazione avviene senza utilizzo di lieviti selezionati e l’affinamento di 11 mesi è in barrique e tonneaux usati.

Friuli Venezia Giulia IGT “Morus Alba” 2017 di Vignai da Duline

Colore giallo dai bei riflessi oro antico.

Olfatto complesso e articolato che mescola sapientemente note fruttate mature a note più fresche, il tutto accompagnato da una bella terziarizzazione. Ecco dunque che si riconoscono note di nespola e mela renetta, ma anche cedro e ricordi di frutta esotica (mango). Quindi note di affinamento e evoluzione che richiamano il pepe bianco, il burro, la polvere pirica.

Il sorso è pieno, di ottima dinamica e allungo, lo sviluppo è elegantemente aristocratico. Le morbidezze sono ben equilibrate da supporto acido e (furiosamente) salino.

Chiusura lunga ed elegante su ritorni di spezie e sale.

Plus: vino ancora di grande energia, il tempo che avanza non lo sta scalfendo ma anzi gli sta conferendo una compiuta armonia. Raffinato ed energico.

Diego Mutarelli
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L’Abruzzo fa sistema al Vinitaly 2025

Trebbiano 1986

E’ da qualche tempo che notiamo come i vini di Abruzzo si stiano sempre più ritagliando uno spazio di maggior visibilità nell’affollato e competitivo mercato del vino. Non si tratta solamente di qualche exploit di singoli produttori (le punte di diamante non sono mai mancate!), ma di un vero e proprio ecosistema che cresce all’unisono puntando sul territorio, sulle denominazioni di origine e sui grandi vitigni autoctoni della regione.

i vini in degustazione

Queste considerazioni sono state ulteriormente rafforzate e avvalorate a seguito del Vinitaly 2025 grazie ad una notevole masterclass organizzata dal Consorzio Tutela Vini d’Abruzzo a cui abbiamo avuto modo di partecipare e che naturalmente, come da missione del blog, condividiamo! Si noterà come i “produttori faro” della regione, Valentini e Emidio Pepe, abbiano generosamente messo a disposizione del Consorzio (per un evento collettivo dunque e non per un’autocelebrazione) etichette del loro archivio storico di difficilissima reperibilità.

Trebbiano d’Abruzzo 1986 – Valentini, azienda che non ha bisogno di presentazioni e che è da decenni nell’élite del vino mondiale. Il Trebbiano d’Abruzzo di Valentini è un vino iconico e dalla longevità straordinaria. Consideriamo un vero e proprio privilegio aver potuto assaggiare questo 1986 che a quasi 40 anni dalla vendemmia lascia stupefatti. Il colore è un giallo oro integro e luminoso. L’olfatto è valentiniano fino al midollo: caffè verde e cereali, pâté di fegato e fiori di campo, fieno, liquirizia, pepe bianco, ferro… Sorso fresco ed energico, elegante ma non certo domo, un vino che ha dinamica, allungo e stratificazione. Da bere ora e ancora per qualche decennio!

Trebbiano 1986

Pecorino “Giocheremo con i Fiori” 2017 – Torre dei Beati, 100% pecorino in quel di Loreto Aprutino (PE), solo acciaio, per un vino che vuole esaltare le caratteristiche di questo vitigno senza forzature di sorta. Annata non recentissima (attualmente è in commercio il millesimo 2023) ed in ottima forma, si muove su note agrumate e floreali, di olive verdi e fieno con un tocco di piacevole dolcezza che ricorda lo zucchero a velo. Bocca sapidissima e di grande persistenza, schietto ed elegante.

Pecorino Colli Aprutini “Cortalto” 2016 – Cerulli Spinozzi, ci troviamo in provincia di Teramo e anche in questo caso il pecorino che abbiamo nel calice ha qualche anno sulle spalle. Vino integro con un naso intenso di agrumi e oliva verde, un tocco di cera e qualche sbuffo etereo accompagnato da una nota mielata. Il sorso è morbido e carezzevole, piacevolmente risolto ma ancora vivace e sapido in chiusura.

Cerasuolo d’Abruzzo “Cerano” 2024 – Pietrantonj, l’azienda esiste da due secoli e si trova a Vittorito, in provincia dell’Aquila. Il Cerasuolo che abbiamo nel calice si presenta con un bel fruttato di ciliegia e fragoline, lineare e semplice nello sviluppo, fresco e di ottima beva. Chiude dolce di frutto senza alcuna mollezza però. Il prezzo quello sì è dolce, circa 10 € ben spesi!

Cerasuolo d’Abruzzo “Fossimatto” 2023 – Fontefico, l’azienda di Vasto (CH) presenta un cerasuolo paradigmatico fin dal colore fieramente intenso. Olfatto divertente di fragoline ma anche finocchietto, liquirizia e pepe rosa. Sorso di impatto e carattere, il vino è stratificato e ampio, di volume e allungo. Chiude su note di frutta rossa e sale.

Montepulciano d’Abruzzo 2001 – Emidio Pepe, altro produttore che non ha bisogno di presentazioni e che ha sempre pensato che il tempo fosse il miglior alleato del Montepulciano di Abruzzo (e del Trebbiano). L’azienda ha uno storico di oltre 350.000 bottiglie, che immette regolarmente sul mercato anche a diversi lustri dall’imbottigliamento. Il vino che abbiamo assaggiato, un 2001, porta il naso sulle montagne russe: prugna, rose macerate, cuoio, cioccolato fondente, chiodi di garofano… impatto gustativo fruttato (amarena), tannino giustamente croccante, sviluppo denso e dinamico, sapido e lungo in chiusura. Un vino orgogliosamente contadino nella concezione e aristocratico nel risultato.

Montepulciano d'Abruzzo

Montepulciano d’Abruzzo “Docheio” 2021 – La Valentina, ci troviamo in provincia di Pescara per un Montepulciano d’Abruzzo originale, a partire dalla scelta di fermentare parte delle uve con i raspi in orci di terracotta. Ne risulta un vino che sa di cioccolatino all’amarena, ampio e materico, dolce nel sorso e dal tannino carezzevole.

Montepulciano d'Abruzzo La Valentina

Montepulciano d’Abruzzo Riserva “Iskra” 2011 – Masciarelli, anche questo Montepulciano si presenta materico e denso con richiami di cioccolato, prugna, chiodi di garofano su un fondo balsamico. Lungo in chiusura con un tannino ancora ben presente che dona grip e sapore.

Montepulciano Iskra Masciarelli

Diego Mutarelli
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Le Carignan 2019 – Catherine Bernard

Le Carignan 2019

La storia del vino è ricca di professionisti di altri settori che, folgorati sulla via di Bacco, mollano tutto per dedicarsi alla vigna. Lo stesso accade a Catherine Bernard, giornalista di Libération, che nel 2005 cambia vita per dedicarsi al vino.

Si installa a Saint-Drézéry, non distante da Montpellier (siamo in Languedoc), dedicandosi a poco meno di 5 ettari (carignan, cinsault, grenache noir, marselan, mourvèdre e terret blanc). Azienda che possiamo senz’altro annoverare nel filo dei vini naturali, è certificata biologica e segue le pratiche della biodinamica. Nonostante l’azienda proponga vini estremamente territoriali, l’azienda sceglie di etichettare la sua produzione come semplice Vin de France.

Il vino che abbiamo assaggiato è ottenuto da due vigneti di carignan (uno di questi è ricco di viti centenarie), fermentazione spontanea e macerazione di 7 giorni, affinamento in barriques dai 6 ai 9 mesi a seconda dell’annata.

Le Carignan 2019 – Catherine Bernard

Rosso rubino chiaro e luminoso. Olfatto accattivante che si apre su note di fruttini rossi (lamponi in confettura), ma anche rosa, macchia mediterranea, un nota balsamica e spezie come cannella e liquirizia. Bocca di ottima freschezza e dinamica, scorrevole e dolce di frutto. Il basso tenore alcolico (12,5%) agevola la beva senza svuotare il sorso e ridimensionarne il gusto, anzi la materia è saporitissima nonostante un tannino affusolato e risolto. In chiusura persiste a lungo su ritorni fruttati e di spezie.

Plus: vino naturale di grande pulizia e mirabile equilibrio.

Diego Mutarelli
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Come evolve il sangiovese? 7 bottiglie alla prova del tempo

Brunello di Montalcino Cerbaiona

Un piccolo drappello di degustatori si è riunito intorno ad un tavolo per una degustazione alla cieca a tema sangiovese. Ne è venuto fuori un viaggio nel tempo, con bottiglie che hanno coperto svariati decenni e che hanno dimostrato – una volta di più – quanto il sangiovese, nelle sue varie declinazioni territoriali, possa essere goduto sì giovane, ma mostri tutto il suo potenziale solo dopo decenni di invecchiamento.

Non poteva mancare una bollicina per iniziare, il Metodo Classico “Grosso” 2015 di Paltrinieri da uve Lambrusco di Sorbara si è comportato molto bene. La sboccatura piuttosto datata (03/208) ha fornito complessità e fascino per un vino dal color buccia di cipolla che sa di scorza di agrumi, erbe amare, resina, ma anche note più dolci come crema al limone; il sorso è freschissimo, leggero, perde qualche colpo a centro bocca ma chiude saporito. Intrigante.

Lambrusco Paltrinieri

Le Viti di Livio 2015 – Fattoria di Lamole: interessante vino chiantigiano, anche se etichettato come Toscana IGT, proveniente da vigne vecchie a piede franco in quel di Lamole. Si esprime sul frutto rosso, ma anche con note di sottobosco, spezie ed un tocco balsamico. Sorso di ottima freschezza, tannino ben presente e ancora da smussarsi, molto saporito in chiusura. Buono oggi, sarà ottimo tra un lustro almeno.

Brunello di Montalcino 2016 – Le Potazzine: naso abbastanza timido ma pian piano emergono note di frutta rossa (ciliegie), affumicatura, rose rosse, terra smossa, un tocco di spezie dolci (vaniglia).
Fresco, sapido e lungo con un tannino in chiusura leggermente rigido ed in rilievo, vino da attendere, sembra attraversare una fase di evoluzione. Scorbutico.

Brunello di Montalcino “La Cerbaiola” 2012 – Salvioni: il naso appare ancora giovanissimo e sa di frutto rosso e fiori freschi, e il sorso conferma, si tratta di un vino energico e saporito, di ottima dinamica e dal tannino fitto ma di grana fine. Chiusura dolce di frutto rosso e lunghissima persistenza. L’annata calda è stata gestita al meglio. Solare.

Brunello di Montalcino 2006 – Le Ragnaie: vino ancora di un’integrità irreale: ciliegia, viola, canniccio, spezie…Sorso gustoso e molto sul frutto, di grande equilibrio e dinamica. Fresco e sapido in chiusura. Un vino di grande armonia ed esuberanza “giovanile”, il che diventa paradossalmente un (piccolo) difetto a quasi 20 anni dalla vendemmia. La maturità è ancora lontana, da tenere in cantina con fiducia. Highlander.

Brunello di Montalcino 2003 – Cerbaiona: gran bella riuscita anche (ma non solo) considerando l’annata torrida. Caramella all’amarena, corteccia, terra, peonia, sorso risolto, fresco e delicato a dispetto del calore alcolico che sarebbe stato lecito aspettarsi dall’annata 2003. Ritorni di agrumi amari e frutta rossa. Vino di grande integrità ed armonia, persino delicato nelle sue sfumature e nella progressione soave. Sorprendente.

Cetinaia 1985 – Castello di San Polo in Rosso: partiamo dalla fine, strepitoso! In generale e non solo considerando l’età. Humus, tartufo, confettura di lamponi, eucalipto, sorso dolce, succoso, delicatamente risolto e “cremoso”. Sapido e lungo. Grande vino (che non esiste più purtroppo).

Vino Nobile di Montepulciano Riserva 1958 – Tenuta Sant’Agnese: naso evoluto ed affascinante, ancora dinamico che richiama il sottobosco, poi tartufo, corteccia, tamarindo…bocca risolta, leggera e saporita.
Vive e lotta insieme a noi.

Chiusura in (relativa) dolcezza con un Friuli Colli Orientali Picolit 2017 di Sara&Sara, una vendemmia tardiva elegante e assolutamente non stucchevole, ma che manca, ad essere severi, un po’ di grinta e personalità. Si può osare di più.

Picolit

Diego Mutarelli
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Friulano 2018 – Vignai da Duline

Friulano 2018

Nel post di oggi parliamo di un interessante vino bianco prodotto da Vignai da Duline, il progetto ormai ampiamente consolidato di Lorenzo Mocchiutti e Federica Magrini in quel di Villanova del Judrio, in provincia di Udine. Per avere una panoramica sull’azienda suggeriamo di leggere questo post, comparso su Vinocondiviso qualche anno fa, ma sempre di attualità.

Friuli Venezia Giulia IGT “La Duline” Friulano 2018 – Vignai da Duline

La Duline è una vigna con piante molto vecchie di friulano, biotipo verde e giallo. Il vino che abbiamo nel calice, e che abbiamo custodito in cantina per qualche anno (attualmente si trova in commercio l’annata 2023), è ottenuto tramite pressatura a grappolo intero, la malolattica è svolta e l’affinamento sui propri lieviti dura 11 mesi e viene svolto in parte in botti grandi in parte in barrique.

Il vino si presente di un vivace giallo oro, per nulla stanco, anzi screziato ancora di riflessi verdi. Il primo naso apre su note delicatamente vegetali, quindi si susseguono scorza d’agrumi, mela renetta, erbe aromatiche (basilico, foglia di menta), pepe bianco…il tutto in un quadro di grande armonia e compostezza, come se il vino richiedesse attenzione senza però pretenderla. Ricorda un po’ quelle persone carismatiche che non hanno bisogno di parlare a voce alta per farsi ascoltare, ma pur sussurrando richiamano intorno concentrazione ed ascolto.

Al primo sorso il vino si presenta energico, di impatto e volume, la morbidezza glicerica è ben bilanciata da freschezza linfatica e da una nettissima sapidità che in chiusura diventa quasi feroce. Il vino chiude lunghissimo, elegante e ricco di sapore, su ritorni di mandorla fresca.

Vino che ha una vita ancora lunghissima davanti a sé, ci piacerebbe poterlo riassaggiare tra un paio di lustri, l’evoluzione potrebbe riservare belle sorprese.

Diego Mutarelli
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Un sorprendente pinot noir d’Auvergne

Ormai lo sappiamo, tra il riscaldamento climatico e le ambizioni di giovani e talentuosi viticoltori alla ricerca di terreni a prezzi umani, la viticoltura francese sta riscoprendo territori “minori”, fuori dal gotha del vino. Tra questi senz’altro merita un posto di rilievo l’Auvergne (o Alvernia in italiano), una regione ricca di vulcani spenti e dunque geologicamente molto interessante, non è certo un caso che fino alla fine del XIX secolo l’Alvernia fosse una delle zone più vitate di Francia. A seguito dell’arrivo della fillossera la coltivazione della vite subì un forte declino ed oggi gli ettari vitati sono poco più di 400.

Abbiamo già parlato di un gamay di questa zona (leggi il post), ed oggi tocca ad un pinot noir, che ci ha particolarmente sorpreso.

Lapilli Garden 2023

Puy-de-Dôme IGP Pinot Noir “Lapilli Garden” 2023 – Domaine Lapilli

Domaine Lapilli, è un’azienda agricola che si trova a sud di Clermont Ferrand, nel villaggio di Les Martres-de-Veyre. Sono 5 gli ettari di vigna – chardonnay, gamay e pinot noir – situati su 3 parcelle su suoli di origine vulcanica (da cui l’evocativo nome dell’azienda). L’impostazione è non interventista sia in vigna che in cantina. Il pinot noir che abbiamo nel calice è stato ottenuto da una macerazione a grappolo intero di nove giorni, fermentazione spontanea e affinamento in legno, con pochi solfiti aggiunti solo in fase di imbottigliamento.

Il vino si presenta in veste rubino chiaro, il primo naso è dominato dai frutti di rovo (lampone, more), quindi note minerali di ardesia e zolfo, poi scorza d’arancia e un tocco di cannella. In ingresso il vino ha una bella dolcezza, con frutto in evidenza, lo sviluppo è sì goloso ma anche profondo e fresco, l’acidità agevola la progressione che porta il vino ad una chiusura saporita caratterizzata da un tannino croccante derivante certamente dalla macerazione con i raspi. Tannino che però fornisce grip senza cedere ostiche note vegetali, insomma un pinot noir dal naso elegante ma dal sorso stratificato. La chiusura è lunga su ritorni di frutta rossa e agrumi amari.

Plus: vino naturale gustoso e preciso, espressivo e semplice alla beva, ma per nulla banale, anzi un’interpretazione di pinot noir che esalta la mineralità del territorio vulcanico di provenienza. Vino da attendere con fiducia, migliorerà ancora.

Diego Mutarelli
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McCalin, vini artigianali e naturali: una questione di terroir!

La naturale tendenza alla scoperta di nuove realtà nel mondo del vino mi ha condotto a Martinsicuro, un paesino dell’Abruzzo in provincia di Teramo, dove troviamo McCalin Vini Artigianali Naturali.
Il fondatore, l’agronomo ed enologo Federico Nardi, si occupa personalmente dei lavori in vigna e delle scelte enologiche in cantina.
Il tutto ha inizio nel 2015 con il primo imbottigliamento da “garagista”, come ama raccontare Federico, poi la nascita dell’azienda agricola nel 2017 e la costruzione della cantina nel 2020, insomma un’attività che da hobby si è trasformata in passione travolgente e totalizzante.
I vini sono ottenuti da fermentazioni con lieviti spontanei, non chiarificati, né filtrati e non subiscono trattamenti correttivi.
Le uve impiegate sono esclusivamente montepulciano d’Abruzzo, trebbiano d’Abruzzo, passerina e malvasia raccolte da cinque piccoli vigneti, con piante di età tra i 40 e i 70 anni, per un’estensione complessiva di poco più di due ettari.

Nel pieno rispetto della vite e del territorio, Federico sottolinea che nei vigneti usa solo zolfo e rame e anche in cantina sposa un approccio artigianale e naturale sempre riservando grandi attenzioni al processo produttivo. La scelta aziendale è quella di imbottigliare etichette derivanti da ogni singola parcella, e ciò restituisce nel bicchiere le peculiarità del terroir di provenienza, tutti i vini infatti, pur provenienti da parcelle curate nello stesso modo, rendono nel bicchiere le proprie caratteristiche distintive.

McCalin

Il primo vino in assaggio è Orange Bop 2022, che nasce da Vigna Bop, un macerato di malvasia che ho degustato direttamente da botte. Alla vista un colore aranciato con sfumature ambrate e al naso tutta la complessità di aromi della macchia mediterranea. Al palato un gusto piacevolmente mielato unito a delle note di burro, con una elegante morbidezza. Un accostamento felice è quello con il pesce, in particolare con quello crudo e con una leggera grassezza, trovo che spesso gli orange wine si abbinino perfettamente alla cucina asiatica, principalmente quella giapponese.

Si prosegue con Rosso Bop 2022, il più classico dei montepulciano di McCalin vinificato in acciaio, un vino da tutto pasto anch’esso da Vigna Bop. Si presenta al calice di un intenso colore rosso rubino. Al naso sensazioni floreali di violetta, note di sottobosco e frutti rossi con lievi cenni speziati. Al palato il sorso è pieno, decisamente tannico e piuttosto acido, dotato di una piacevole e lunga persistenza finale.

E’ quindi il turno di Komandante 2022, un rosso da uve montepulciano affinato in acciaio che nasce da Vignanima e a seguire Komandante 2020, per apprezzare le differenze tra le due annate. Mi ha colpito particolarmente il 2020, che si presenta con una veste di impenetrabile colore rosso rubino. Al naso un sentore ematico quasi ferroso, note di piccoli frutti di bosco, cenni di sottobosco, note speziate di chiodi di garofano e un chiaro timbro iodato. Al palato è sontuoso e morbido con una lunga persistenza. Gli abbinamenti ideali con queste versioni di montepulciano d’Abruzzo sono con carni arrosto soprattutto ovine, agnello e castrato come gli arrosticini. Si esalta anche con primi piatti come le lasagne abruzzesi o chitarrine alla teramana e con i formaggi stagionati tipici abruzzesi.

Chiusura in bellezza con Animae 2022, un trebbiano in purezza (in stile ossidativo del Jura) dall’appezzamento Vignaquiete. L’affinamento in botti di rovere scolme per 16 mesi, per quest’ annata 25 mesi, permette la formazione di un leggero velo superficiale, che isola il vino e permette una lenta evoluzione sous voile, sotto velo appunto.
Nel calice si presenta di un brillante colore ambrato scuro e al naso il bouquet è ampio con immediate e intense note di propoli, rosmarino, caffè, caramello salato, datteri e frutta secca. A seguire nuances di sottobosco, sensazioni di potpourri floreale e un lieve cenno di affumicatura. Al palato è secco, pungente, ricco e suadente con la sua vena acida sostenuta da una grande parte salina. Conquista il palato con una buona morbidezza e una cremosità che conducono ad un finale lunghissimo. Abbinamento ideale con formaggi erborinati italiani come il Gorgonzola o il Blu ’61, affinato con vino Raboso passito e mirtilli rossi, o erborinati stranieri come l’inglese Blue Stilton, il francese Roquefort o lo spagnolo Queso de Cabrales, tipico delle Asturie.

Vignaquiete
Vignaquiete

Una splendida esperienza sensoriale che permette al degustatore di esplorare il mondo dei vini artigianali e naturali attraverso i cinque sensi, portandosi a casa i valori e la storia di una cantina. Sì perché in McCalin Vini Artigianali e Naturali, c’è anche e soprattutto un pezzo di storia della famiglia di Federico Nardi, difatti McCalin è il nome della sua casata, scritta come si pronuncia nel suo dialetto.
Al termine della degustazione mi sono congedato da Federico Nardi con la promessa di tornare perché in ogni vino degustato c’è la sua firma, ogni vino ha una sua personalità, frutto dell’audacia e delle scelte enologiche del vigneron che porta avanti le sue idee sempre e senza paura, nel pieno rispetto della materia prima a sua disposizione ogni annata.

Walter Gaetani

6 bottiglie in compagnia: Champagne e nebbiolo sugli scudi

Barolo Brunate Nebbiolo Canale

Condividiamo il resoconto di una degustazione alla cieca in compagnia di amici appassionati.

Champagne Cuvée 736 – Jacquesson (magnum)

Champagne ottenuto prevalentemente con basi dell’eccezionale annata 2008, 53% chardonnay, 29% pinot noir, 18% pinot meunier. Il dégorgement piuttosto datato (febbraio 2013) ha fatto bene al vino che si mostra ancora con una prorompente vitalità: mineralità netta, poi zenzero, fruttini rossi, scorza d’arancia, mandorla…Il sorso è freschissimo ma stratificato, lo sviluppo è sostenuto da un’acidità agrumata che sa di cedro e accompagna il vino in una chiusura tersa e profonda. Il grande formato e la giusta evoluzione in vetro hanno dato a questa cuvée spesso molto buona una marcia in più. Un grande Champagne.

Champagne Blanc de Blancs “Inattendue” – Huré Frères

100% chardonnay per questo Champagne che risulta più lineare del precedente, siamo in un territorio aromatico che richiama gli agrumi amari, i fiori bianchi, la mela verde, una nota vegetale. La bocca è sferzata da un’acidità elettrica, il vino ha bisogno di un po’ di tempo per integrarsi e distendersi ma la chiusura gustosa ed equilibrata fanno ben sperare. Gioventù scalpitante.

Onda d’urto 2022 – Filarole

Ci troviamo in Val Tidone, Onda d’urto è un rosé ottenuto da una vinificazione “in bianco” di uve croatina, ma la croatina, si sa, non è un vitigno timido né nel colore né nell’impatto, e difatti il vino è di un rosa intenso ed il naso è un’onda d’urto (nomen omen) di frutta scura matura, ma anche arancia rossa e melograno, erbe amare, spezie dolci. Sorso saporito, la materia è ricca ma per nulla stucchevole, anzi i 15,5% di titolo alcolometrico riportati in etichetta sembrano un errore per come il vino riesce a non farli percepire. Il tannino della croatina è ben presente ed accompagnato da un’intrigante retrolfatto di chinotto. Coinvolgente.

Inferno Valtellina Superiore Riserva “Sesto Canto” 2013 – ArPePe

Il primo di un trittico di vini rossi a base nebbiolo ci porta all’Inferno, ovvero in Valtellina. Il Sesto Canto di ArPePe si presenta con un bel frutto rosso dolce, quindi rose fresche, un tocco speziato (pepe verde), sottobosco… L’ingresso in bocca è di gran volume e articolazione, si dipana su note di frutta rossa e spezie. Il finale è lunghissimo e sapido. Solida certezza.

Barolo Brunate 2020 – Giuseppe Rinaldi

Barolo giovanissimo eppure il naso è fin da ora estremamente godibile ed espressivo, su note di anguria, rose rosse e spezie. Il vino ha un incedere signorile, l’acidità è perfettamente integrata in un sorso che, ad essere severi (e per un vino così ambito è giusto esserlo!), in questa fase appare appena scarno a centro bocca. La chiusura è raffinata e di grande armonia, persistente con dolcezza e senza spigolosità alcuna. Raffinato.

Langhe Nebbiolo Ester Canale 2021 – Giovanni Rosso

Una naso così non si trova tutti i giorni! Un mix senza fine di ribes, fragoline di bosco, liquirizia, potpourri, spezie e si potrebbe continuare, il vino cambia di continuo e staresti a seguirlo per ore. Al sorso è complesso e stratificato, scorrevole e delizioso, termina su note di fruttini rossi, sale e cola. Non ha la potenza di un Barolo ma ha tutto il fascino del nebbiolo che sa essere, in queste interpretazioni, moderno e antico, semplice e passionale. Emozionante.

Diego Mutarelli
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Cantina SeSí: vini territoriali al giusto prezzo, l’equazione è possibile!

In questi ultimi anni il mondo della comunicazione del vino si è focalizzato sulle eccellenze, sui prodotti di nicchia, sulle bottiglie costose e quasi mitologiche… e non facciamo eccezione neppure noi di Vinocondiviso che però cerchiamo, nel nostro piccolo, di portare a galla in questo mondo anche realtà più accessibili, purché rispettose del territorio e autentiche. Il vino in fondo nasce per unire intorno ad un tavolo le persone ed accompagnare un pasto in convivialità.

Oggi ti parliamo dunque di una realtà che si iscrive perfettamente in questo contesto, si tratta della Cantina SeSí, una piccola azienda a conduzione familiare nata nel 2014 dall’amore e dall’unione della famiglia Ballatori. L’azienda è situata tra le ridenti colline di Appignano del Tronto, in provincia di Ascoli Piceno, tra la riviera delle Palme e i Monti Sibillini e fa parte della Comunità Montana del Tronto.

vigna SeSì

Il suolo argilloso tipico del territorio dei calanchi regala vendemmie non particolarmente copiose ma ricche di qualità, che portano ad un vino elegante e complesso.
Il fenomeno dei calanchi è il risultato dello scivolamento a valle di parte del terreno fangoso che compone le colline argillose per effetto della pioggia.

Fin dall’esordio l’azienda ha intrapreso un percorso di conversione al biologico nel pieno rispetto dell’ambiente e nella convinzione di fornire un vino sempre più naturale e genuino che rispecchi le caratteristiche del territorio Piceno.
Ci ha accompagnato alla degustazione Elisa Ballatori, laureata in scienze agrarie con specializzazione viticoltura ed enologia ad Ancona e laureanda in agricoltura sostenibile a Perugia.

In apertura assaggiamo la Passerina Marche IGP Luigina Maria 2024 prodotta con uve passerina 85%, trebbiano 10% e vermentino 5%, affinato in serbatoi di acciaio inox.
Un bel colore giallo paglierino e al naso è un’esplosione di profumi floreali di gelsomino e acacia, note fruttate di mela golden e banana con cenni di erbe aromatiche. Una bella vena acida supportata da una parte salina, con una media persistenza e di grande bevibilità.
A seguire l’Offida Pecorino DOCG Colle Guardia 2023 prodotto con uve pecorino in purezza, anche in questo caso l’affinamento avviene in serbatoi di acciaio inox.
Nel calice un vivace colore giallo paglierino con riflessi verdolini. Al naso è elegante e intenso con nette sensazioni floreali di acacia e biancospino, spiccate note fruttate di mela, pera e pesca con un cenno agrumato.
Un sorso fresco con una decisa vena acida che sostiene una traccia sapida e una morbidezza che, unita al tenore alcolico elevato, crea un equilibrio invidiabile. Il finale è incentrato sul frutto con una buona corrispondenza gusto-olfattiva e una lunga persistenza.

Tocca poi al Rosso Piceno DOP Calanchi 2023 che nasce da uve montepulciano 60%, sangiovese 35% e merlot 5%, con fermentazione e maturazione in cemento.
Un bel colore rosso rubino con riflessi porpora e al naso sensazioni floreali di rosa e viola, note fruttate di amarena e frutti di bosco in confettura, prugne secche, cenni balsamici di eucalipto e rimandi speziati di cannella e pepe. Grande equilibrio frutto di una buona acidità sostenuta da una traccia sapida, di una trama tannica scolpita e levigata e di una morbidezza che avvolge il palato.
In chiusura il Rosso Piceno Superiore DOP Castellaro 2020 frutto di un blend di montepulciano 80%, sangiovese 15% e merlot per la restante parte con fermentazione e affinamento in botti di cemento. È stato recentemente premiato con il riconoscimento dell’Eccellenza dalla guida “Le Marche nel Bicchiere 2024”, curata dall’Associazione Italiana Sommelier Marche.
Nel calice un luminoso rosso rubino molto intenso con riflessi violacei. Al naso esprime intensità e complessità di sensazioni con profumi floreali di rosa rossa e viola, note fruttate di more e mirtilli, marasche mature, buccia di arance rosse.
Al palato il sorso è pieno e voluminoso con un tannino levigato, una spalla acida che dona freschezza e una traccia sapida che dona eleganza. Una morbidezza percettibile e un tenore alcolico elevato contribuiscono all’equilibrio del vino. La chiusura è lenta con un rimando al frutto e una lunghissima persistenza.

Un plauso alla Cantina Sesì che riesce ad esprimere nel calice tutto il potenziale del territorio Piceno con vini espressivi e dall’insuperabile rapporto qualità-prezzo.

Walter Gaetani