Cinque amici a cena con cinque bottiglie

Monvigliero Burlotto

Metti cinque amici a cena con altrettanti vini bevuti alla cieca. Chiacchiere, divertimento e qualche interessante confronto sui vini degustati che di seguito proviamo a condividere.

Champagne Ambonnay Grand Cru Rosé – André Beaufort, uno Champagne rosé che abbiamo la fortuna di bere con una certa regolarità (e ne abbiamo parlato più volte anche su queste pagine, ad esempio in questo post) e che ogni volta ci ammalia. Il colore è un rosa aranciato di grande fascino, l’olfatto un tripudio di spezie, radici, agrumi amari, ma anche fiori dolci e lamponi maturi. Bollicina fitta ma sottilissima e delicata, il sorso è dolce e salato allo stesso tempo, grande freschezza, trascinante nella beva e lungo in chiusura su ritorni di agrumi e spezie. Si parte con il botto!

Fiano 2018 – Pietracupa, ottima riuscita per questo fiano di Pietracupa che alla cieca ha giocato a nascondino con i degustatori, che non lo hanno identificato così facilmente. Colore giallo dorato, naso di frutta gialla e cera d’api, scorza d’agrumi, nocciola. Asciutto e fitto nel sapore, profondo e articolato nello sviluppo, chiusura molto elegante e di ottima mineralità. Ancora una volta i bianchi irpini lasciano il segno.

Arbois Chardonnay “Les Follasses” 2022 – Michel Gahier, vino che appena versato non è perfetto, un tocco di volatile al naso copre i profumi tra i quali emergono ricordi di pompelmo, cerino spento, orzo. Il sorso è esuberante con una freschezza in primo piano e ancora da integrarsi nel corpo del vino. Chiude su ritorni di frutta bianca e sale. Vino scorbutico, forse si assesterà, ma era di certo lecito attendersi di più da un grande interprete del Jura.

Barbaresco Montestefano 2020 – Serafino Rivella, eleganza senza pari per il Barbaresco Montestefano di Rivella. Note di anguria, frutti rossi, rosa canina, spezie, menta…sorso saporito, l’acidità dona slancio e profondità, leggero nell’incedere, l’alcol è gestito alla perfezione, il tannino è pura seta. Snello, dissetante e persistente.

Barolo Monvigliero 2017 – Comm. G.B. Burlotto, olfatto di grande personalità, dapprima su radici e salamoia, poi si apre su note più espressive di sangue, cetriolo, susina…ma è in bocca che questo vino dimostra la classe che ormai gli è universalmente riconosciuta, il sorso è infatti dolce e tannico insieme, l’acidità è ben presente e perfettamente integrata nella materia, lo sviluppo è fitto nel sapore e innervato da un tannino a coste larghe. Sapidissimo.

Diego Mutarelli
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Grandi Langhe 2025: un resoconto dei nostri assaggi

Abbiamo avuto l’opportunità di partecipare a Grandi Langhe 2025, l’evento di presentazione delle nuove annate organizzato dal Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani con il Consorzio di Tutela Roero e in collaborazione con Piemonte Land of Wine. Da quest’anno vi era dunque l’opportunità di degustare i vini di tutto il Piemonte, anche grazie alla predisposizione di un’efficiente area stampa dove giornalisti e comunicatori provenienti da tutta Europa potevano degustare più di 700 etichette.

Grandi Langhe 2025, location OGR

Vi è stata la possibilità di degustare parte dei vini con una certa tranquillità, prima di farci prendere dalla frenesia degli assaggi ai banchetti. Di seguito condividiamo sia gli assaggi un po’ più strutturati dell’area stampa sia qualche suggestione che abbiamo avuto nello spazio espositivo alla presenza dei produttori.

Barolo Monvigliero

5 sfumature di Monvigliero
5 sfumature di Monvigliero

Abbiamo iniziato assaggiando 5 diversi Barolo provenienti dalla menzione geografica Monvigliero.

Barolo Monvigliero 2021 – Fratelli Alessandria

Aromaticamente il più dolce del lotto, un frutto rosso che tende quasi alla fragola di bosco, lampone schiacciato, floreale, grafite, sorso piuttosto agile, ficcante, ottima freschezza, tannini ben fitti e fini, chiusura appena calda. Lungo su ritorni di frutto rosso sotto spirito e liquirizia.

Barolo Monvigliero Riserva 2019 – Castello di Verduno

Anche qui il naso è piuttosto dolce persino con qualche nota di caramella mou, non il Barolo (né il Monvigliero) che ti aspetti, rose appassiti, balsamicità, sorso saporito, tannino disteso, alcol sotto controllo, chiude amaro con legno un po’ troppo in evidenza.

Barolo Monvigliero 2021 – Diego Morra

Olfatto di fiori appassiti, terra e radici, fruttini rossi, ferro. Sorso molto equilibrato, succoso, saporito, dolce di frutta matura. Chiusura lunga ed elegante, sapidissima eppur lieve. Gran bel vino.

Barolo Monvigliero 2019 – I Brè

Fiori macerati, sangue,  asfalto, sorso scorrevole e gustoso, tannini affusolati che in chiusura danno però il giusto grip, lungo su ritorni di frutta matura.

Barolo Monvigliero 2021 – Ramello Gianni e Matteo

Naso dolce di frutta matura (fragole ma anche pesca), un tocco di volatile, bocca di volume, piuttosto rapido nello sviluppo e caldo in chiusura. Un vino non del tutto riuscito o, più ottimisticamente, che sta passando una fase infelice.

Monvigliero

Barbaresco

6 Barbaresco in assaggio

Siamo passati quindi a testare sei Barbaresco, curiosi di verificarne la maggior apertura ed espressività rispetto ai Barolo che al momento sembrano in fase giovanile di assestamento.

Barbaresco Asili 2021 – Carlo Giacosa

Naso goloso di fragoline, melograno, fiori freschi, sorso di buon volume, caldo, sapido e lungo. Un bel Barbaresco con un pizzico di alcol in chiusura che non lo fa essere eccezionale, ma vino molto buono.

Barbaresco Asili 2021 – Cascina Luisin

Naso di fragole e violette, una nota ferrosa, sorso pieno, sviluppo guidato dalla freschezza, tannino fitto ed elegante, molto bello in chiusura su ritorni di sale e frutta rossa. Un Barbaresco eccellente.

Barbaresco Serraboella 2021 – F.lli Cigliuti

Anguria, fiori rossi, goudron, bocca molto gustosa di frutta matura, sorso un po’ rigido forse, il tannino è particolarmente graffiante, ma saporito e non amaro. Un Barbaresco vecchio stampo che siamo certi potrà dare il meglio tra almeno un lustro. Da attendere con fiducia.

Barbaresco Bricco di Neive Vie Erte 2021 – F.lli Cigliuti

Fin dalla prima “snasata” siamo di fronte ad un vino fuoriclasse, l’olfatto è delicato, mutevole, stratificato di fruttini rossi, rose appassite, un tocco terroso, spezie in formazione. Bocca saporitissima, fitta eppur scorrevole, l’armonia delle sue componenti di frutta, acidità e tannino lo rendono setoso e lungo. Elegantissimo. Un grande vino. 

Barbaresco Gallina 2021 – Ugo Lequio

Naso di fragole ed una certa balsamicità, sorso di ottima dolcezza e allungo, elegante e sapido. Un Barbaresco riuscito se vogliamo piuttosto minimalista ma non è certo un difetto. Piacerà particolarmente a chi ama dettaglio aromatico e cesellatura del sorso. Molto interessante.

Barbaresco Rio Sordo 2021 – Musso

Naso che non parte pulitissimo (straccio bagnato), frutta scura, corteccia, asfalto, sorso molto più rassicurante, sapido e di ottima dinamica. Altro vino da attendere con fiducia, deve sistemarsi ma il tempo lo aiuterà. La chiusura sapida e lunga fa ben sperare.

I sei Barbaresco in assaggio

Altre bottiglie degne di nota

altri assaggi Grandi Langhe

Barolo Vigna Rionda 2021 – ArnaldoRivera

Sembra quasi un ossimoro, ma questo è un Barolo rarefatto, senza ostentare potenza si presenta con note soffuse di fragoline di bosco, arancia, asfalto, rose appassite…elegantissimo anche al sorso, dal tannino gentile e dalla sapidità quasi marina. Vino eccellente.

Barolo Bussia Riserva 2019 – Livia Fontana

Note minerali in apertura che ricordano il calcare, seguite poi dal varietale elegante che ti aspetti dal nebbiolo, ovvero fiori appassiti, fruttino rosso, un cenno di tartufo. Sorso delicato eppur persistente, saporito e lungo, su ritorni di frutta rossa e sale.

Dogliani 2017 – San Fereolo

Frutta rossa, grafite, viole, frutta secca, sorso dal tannino fitto, saporito, sapido, vino che si distende con un’ottima progressione e persistenza. Ritorni di fiori e frutta rossa.

Monferace 2019 – Alemat

Potpourri, frutta secca (noci), corteccia, scorza d’arancia, bocca sapida e dal tannino croccante, l’acidità allunga il sorso che è comunque scorrevole. Ottima persistenza per un grignolino (Monferace) che prova a nebbioleggiare.

Grignolino del Monferrato Casalese “Altromondo” 2023 – Hic et Nunc

Fragoline e ribes, erbe di montagna, pepe, sorso agile e gustoso, vino divertente ma ben fatto e con una chiusura minerale molto intrigante.

Conversazioni stimolanti con i produttori e vini di ottimo livello nel prosieguo della giornata, ci limitiamo qui a qualche flash dei vini che ci sono rimasti più in mente.

Partiamo dal Barolo Massara 2019 del Castello di Verduno, austero e di impostazione molto classica, passando dal sempre elegantissimo Moscato d’Asti Vecchia Vigna di Ca’ d’ Gal che anche nel millesimo 2018 non delude.

Il Barbaresco Albesani Riserva Santo Stefano 2020 del Castello di Neive è goloso e stratificato al tempo stesso; ottima la linea dell’azienda (troppo poco conosciuta a nostro modo di vedere) San Biagio (andate a caccia del Barolo Bricco San Biagio 2019!).

Che dire invece di Palladino? Ci ha colpito particolarmente il Barolo Ornato 2021. Bella scoperta anche l’azienda, invero storica, Lodali che si è impressa nella nostra memoria grazie al Barolo Bricco Ambrogio Lorens 2021 di grande complessità e articolazione. Last but not least il Barolo Rocche Rivera “Scarrone” 2021 dei Figli Luigi Oddero, dal tannino fitto e gustoso.

Diego Mutarelli
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Alle radici del Barolo (o quasi)

Il tema scelto per la cena prenatalizia del team (allargato) di Vinocondiviso è stato un super classico: il Barolo. E siccome troppo vasta poteva essere la scelta – fra gli undici comuni e le 170 MGA (escluse le menzioni comunali) – abbiamo scelto come linea guida il libro a firma di Armando Castagno, edito da Slow Wine, uscito a fine dello scorso anno, dal titolo “Alle radici del Barolo”.

Il volume, corredato dalle foto di Clay McLachlan e da una dettagliata parte storica introduttiva a cura di Lorenzo Tablino, consta di dieci interviste ad aziende della “prima generazione” del Barolo, ovvero antecedenti l’Unità d’Italia del 1861, in cui fondamentale fu il ruolo dello statista Camillo Benso Conte di Cavour; lo stesso Conte giocò una parte da indiscusso protagonista anche nella valorizzazione e affermazione del Barolo così come lo conosciamo (o quasi).

Avendo avuto l’opportunità di partecipare alla presentazione ufficiale del libro, ad Alba, ci piace ricordare quanto l’autore abbia sottolineato l’importanza dell’etimologia “radice” e quanto azzeccata ne fosse la scelta per il titolo. Radice deriva dal latino “radix”, ovvero ciò che è flessibile, pieghevole; effettivamente, osservando le radici, notiamo come esse siano in grado di piegarsi, di adattarsi alla terra più ostica con flessibilità. Radici profonde e solide anche per il Barolo, ma allo stesso tempo radici nuove, che traggono linfa dalle nuove generazioni, capaci di adattarsi ai tempi nel rigoroso rispetto dell’eredità ricevuta.

Partiamo quindi con i vini assaggiati, Barolo rigorosamente di produttori oggi ancora in attività le cui cantine sono state fondate prima del 1861 e quindi presenti nel libro di Castagno, non dimenticando di menzionare l’ottimo brasato con polenta a corredo e a seguire formaggi di stagionature diverse armoniosamente abbinati coi vari calici.

Barolo del Comune di Verduno 2018 – Fratelli Alessandria

Fratelli Alessandria, attiva già da metà 1800, si trova a Verduno e vinifica esclusivamente uve di proprietà da circa 15 ettari di vigne. Il vino che abbiamo nel calice ha un naso molto elegante, un bouquet di rose accompagnato da un bel frutto rosso fresco e un tocco di pepe bianco. Il sorso è caratterizzato in ingresso da un’ottima dolcezza di frutto, si dipana bene grazie ad una ragguardevole freschezza, il tannino è poco presente, alcol sotto controllo. Scorrevole e semplice (forse troppo? O forse è un vino che va aspettato almeno un lustro affinché possa farsi) ma molto godibile.

Barolo Acclivi 2017 – Comm. G.B. Burlotto

Restiamo a Verduno con Burlotto, altro nome storico di Langa. L’Acclivi è un Barolo ottenute dalle uve provenienti da vigne collocate a Verduno (Monvigliero, Neirane, Rocche dell’Olmo e Boscatto). Olfatto molto affascinante e complesso: roselline e radici, foglie secche e china, lampone e polvere di liquirizia. Il sorso è fitto, fresco e profondo, tannino giustamente in evidenza ma di grande finezza. Chiusura sapidissima e lunga ma soffice. Goloso.

Barolo 2017 – Oddero

Poderi e Cantine Oddero hanno una storia plurisecolare in quel di La Morra e attualmente vinificano dai 35 gli ettari di proprietà sia in zona Barolo sia in zona Barbaresco. Il naso di questo Barolo parte su note fresche di lampone e rose, poi una nota più austera di mineralità scura accompagnata da una curiosa nota di castagna/noce. Bocca serrata in una morsa acido-tannica ancora da amalgamarsi, chiude lungo e salato. Da attendere.

Barolo Paiagallo “Vigna la Villa” 1989 – Fontanafredda / Barolo “Vigna Gattinera” 1989 – Fontanafredda

Commentiamo insieme questi due vini, vecchietti per così dire, non solo perché sono entrambi di Fontanafredda e della splendida annata 1989, ma anche perché rappresentano plasticamente due delle traiettorie possibili di evoluzione del Barolo. Il Vigna la Villa è un vino autunnale a partire dalle note di sottobosco, funghi, tartufo, torrefazione e note affumicate, con un tannino che è diventato cremoso, splendidamente risolto in dolcezza, dalla texture raffinata e carezzevole. Il Vigna Gattinera invece evolve su note più chiare e speziate e ha una materia più asciutta e meno carezzevole, è l’acidità a risultare in primo piano per un sorso che rimane succoso e sapido. Due indomiti vecchietti che hanno ancora molto da dire.

Barolo Riserva 1971 – Borgogno

Borgogno è una realtà che non ha bisogno di presentazioni, cantina dalla storia antica, che oggi vanta di un parco vigne di oltre 30 ettari. Il Barolo Riserva che abbiamo degustato è di un’annata, la 1971, considerata eccezionale. Un vino di oltre 50 anni che ancora scalpita e maturo si concede su note di buccia di arancia e mandarino, eucalipto, lamponi in confettura, tartufo bianco, terra smossa…la bocca è di grande dinamica e allungo, energica benché risolta, in chiusura ci lascia su ritorni di sottobosco e frutta rossa. Un vino di grande fascino.

Alessandra Gianelli
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Uscite prima dall’ufficio, giovedì 26: Barolo e Derthona vi aspettano!

Noi ce lo siamo già segnato e saremo presenti: giovedì 26 Maggio, Palazzo delle Stelline, tanti assaggi di Barolo e Derthona.

Saremo di fronte al “vino dei Re”, sua Maestà Barolo e Derthona, un vino bianco a base timorasso, dalle sorprendenti capacità di invecchiamento, fra musica dal vivo ed eccellenze agroalimentari delle due zone, Langhe e Colli Tortonesi.

Perché un evento congiunto? Cosa hanno in comune questi vini? Certamente la loro straordinaria attitudine ad evolvere, ma non solo.

Santa’Agata Fossili, panorama

Vi dice qualcosa “marne di Sant’Agata Fossili”? Lo sapevate che questa particolare formazione geologica tipica di alcune zone delle Langhe prende il nome da un piccolo paesino dei Colli Tortonesi, Sant’Agata Fossili, appunto?

Ebbene sì, i suoli langhetti con quelli del tortonese hanno molte caratteristiche in comune e anche quel “famoso” periodo tortoniano che gli studiosi fanno risalire fra gli 11 e i 7 milioni di anni fa, in cui entrambe le zone subirono radicali cambiamenti geologici.

Ma torniamo di colpo ai nostri giorni e a Milano, corso Magenta, Palazzo delle Stelline, proprio di fronte a quel capolavoro dell’immaginifico Leonardo da Vinci, L’Ultima Cena, e a giovedì 26 maggio.

Le informazioni potete trovarle ai link sottostanti:

www.stradadelbarolo.it

www.terrederthona.it

www.gowinet.it

Redazione

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I vini di Luigi Oddero, passato e futuro di Langa

Oddero mi indica, in mezzo ai filari, sul punto più alto, una torretta svelta e strana. Di lassù il Parà sorvegliava la vendemmia, seguiva attentamente il lavoro dei braccianti, e se vedeva qualcuno che batteva la fiacca, lo redarguiva.”

(Mario Soldati, Vino al Vino)

Parte proprio da qui la nostra visita presso Figli Luigi Oddero, dalla vigna situata nel cru Rive a pochi passi dalla cantina e caratterizzata dalla presenza della torre Specola di cui parla anche Mario Soldati e che è diventata simbolo dell’azienda. Sono 32 gli ettari vitati a disposizione dell’azienda, con vigne da Barolo, site a Santa Maria di La Morra (Rive), Castiglione Falletto (Rocche Rivera), Serralunga d’Alba (Vigna Rionda) e da Barbaresco, a Treiso (Rombone). Arricchiscono la gamma vigne di dolcetto, freisa, barbera, moscato oltre a chardonnay e viognier.

Dopo la scomparsa di Luigi Oddero, la moglie Lena ha saputo gestire con grande impegno l’importante eredità di vigne e di storia vitivinicola. Ci accompagna il direttore Alberto Zaccarelli che insieme ad un team affiatato – che conta tra gli altri l’enologo Francesco Versio (anche produttore in zona Barbaresco) e l’agronomo Luciano Botto oltre alla consulenza enologica di Dante Scaglione – segue l’azienda nel rispetto della storia degli Oddero ma anche con molti progetti per il futuro.

Dopo aver camminato le vigne e visitato le cantine, ci spostiamo nell’ampia, elegante e luminosa sala da degustazione. Assaggiamo una rappresentativa panoramica dei vini aziendali che, lo diciamo subito, si caratterizzano per un fil rouge (rosso nebbiolo!) fatto di compostezza, linearità, stratificazione ed eleganza. Sintetizzando potremmo dire che i vini hanno uno stile tradizionale ma non passatista, meglio ancora, di moderna classicità.

Qualche nota di alcune caratteristiche dei vini che ci sono rimasti impressi e che approfondiremo su queste pagine con più calma, quando avremo modo di assaggiare con attenzione i vini acquistati in azienda. Il Dolcetto d’Alba 2021, in anteprima, è goloso e sa di fragola e viole, la beva è supportata da un’acidità vivace e da un tannino croccante; la Barbera d’Alba 2019 è succosa con un bel naso di rosa e lamponi ed una chiusura di freschezza e sapidità; il Langhe Nebbiolo 2019 in questa fase è piuttosto estroverso con ribes, rose, un tocco di catrame, bocca asciutta e ficcante, chiude su ritorni di liquirizia; il Barbaresco Rombone 2018 è un vino di grande livello con un naso mutevole e variegato di lampone, anguria, peonia, spezie in formazione, sottobosco…sorso piacevolissimo, carezzevole grazie ad un tannino finissimo ed un frutto che si integra in una chiusura gustosa e “dolce”. Tocca ora a Sua Maestà il Barolo. Il Barolo 2018 è centratissimo, tra fiori macerati, lamponi schiacciati, qualche spezia e asfalto, bocca energica e giustamente tannica; il Barolo Rocche Rivera 2017 alza ancora – se possibile – il livello, grazie ad un olfatto di grande classicità, estremamente elegante e con un incedere di volume e profondità; con il Barolo Vigna Rionda 2013 si toccano vette inarrivabili ai più, si tratta di un vino ampio e cangiante, che si muove tra fragole e viola, erbe aromatiche e sottobosco, roselline rosse e un tocco speziato, con una bocca ancora lontana dall’essere doma ma godibilissima sul suo essere ampia e succosa, con una trama tannica fitta e saporita e uno sviluppo in profondità che lascia una lunga scia sapida su ritorni di liquirizia; per finire un sorprendente, anche per l’annata, Barolo Specola 2009 che ha un timbro quasi rodanesco fatto di iodio, frutta rossa in confettura, erbe aromatiche, fiori appassiti e un tocco di pepe; l’annata calda si indovina dal sorso ampio, maturo e sanguigno, con un tannino però vivace che fornisce grip e allungo.

Diego Mutarelli
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Barolo Brunate di Giuseppe Rinaldi e…i suoi fratelli

Per onorare per il meglio la riapertura dei ristoranti e, soprattutto, per soddisfare la voglia arretrata di degustazioni in compagnia, un gruppo di volonterosi degustatori si è riunito approfittando della consueta ospitalità dell’Osteria Brunello di Milano.

Di seguito una rapida carrellata degli ottimi vini bevuti con però un vino in particolare, diciamolo subito, il Barolo Brunate 2017 di Giuseppe Rinaldi, che ha letteralmente offuscato le altre bottiglie e calamitato l’attenzione dei presenti.

Ma procediamo con ordine.

le bollicine e i vini bianchi

Champagne Révolution Blanc de Blancs – Doyard

Champagne Subtile Brut Nature – Vincent Renoir

Due validi champagne hanno aperto le danze. Grande eleganza, pur su un profilo essenziale, lo champagne di Doyard, produttore di cui abbiamo già parlato anche in altra occasione. Agrumi e calcare si inseguono al naso, sorso verticale e sapido in chiusura, perlage non così fine ma senza pregiudicare la piacevolezza complessiva del vino. La bollicina di Vincent Renoir al confronto appare un po’ troppo monolitica, con frutta gialla e una nota vinosa che appesantisce la beva.

Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Classico “Villa Bucci” 2013 – Bucci

Sancerre Clos La Néore 2017 – Vatan

Vitovska Kamen 2017 – Zidarich

Tra i vini bianchi ottima performance della vitovska vinificata in tini di pietra del Carso di Zidarich. La macerazione sulle bucce caratterizza il vino senza però stravolgerne il varietale. Giallo dorato nel calice, sprigiona fini sentori di calcare e mare, frutta gialla e macchia mediterranea, uva passa e tocco fumé. Bocca secca e saporita, di ottima dinamica, con acidità non arrembante ma di ottima sapidità. Il verdicchio Villa Bucci ha diviso abbastanza i bevitori, a conferma – ma non ce ne sarebbe bisogno –  che la soggettività è una componente fondamentale nella valutazione del vino. Chi scrive ha trovato il vino poco mobile e piuttosto caldo, non così agile al sorso, altri ne hanno apprezzato l’impostazione austera e rigorosa. Il Sancerre di Vatan ha invece raccolto consensi piuttosto unanimi, soprattutto grazie ad un naso stratificato ed elegante che alterna pompelmo rosa e mandarino, salvia e clorofilla. Bocca non così leggera come il naso potrebbe suggerire, il calore alcolico è però ben sorretto dalla materia che in questa fase non si distende ancora del tutto ma il finale profondo suggerisce di attenderlo con fiducia ancora qualche anno…

i vini rossi: tutti nebbiolo!

Barolo 2016 – Brovia

Barolo Brunate 2017 – Giuseppe Rinaldi

Barbaresco Rabajà 2013 – Giuseppe Cortese

Gattinara Osso San Grato 2010 – Antoniolo

Barbaresco Montestefano 2010 – Serafino Rivella

Barolo Monvigliero 2010 – Fratelli Alessandria

Della serie: quando ad una degustazione alla cieca senza tema predefinito i vini rossi sono tutti a base nebbiolo…questo la dice lunga sulle preferenze dei degustatori. Dicevamo in incipit che il Barolo Brunate 2017 di Giuseppe Rinaldi l’ha fatta da padrone. Naso che si muove tra una deliziosa fragola e le rose rosse, il tutto avvolto da una mineralità scura che non offusca mai la luminosità del vino. La bocca lascia senza parole per dolcezza della trama e soavità nello sviluppo, torna la succosità della fragola che si accompagna ad un tannino fitto ma finissimo, che in filigrana al vino lo accompagna in un finale di frutta dolce e sale. Vino fuoriclasse e Barolo che, benché giovanissimo e di annata tutt’altro che semplice da interpretare, risulta sorprendentemente goloso. Gran stoffa anche per il Barolo 2016 di Brovia, leggermente più austero e “trattenuto”, meno aperto e solare, ma con un radioso futuro davanti a sé. Delizioso il Barbaresco Rabajà 2013 di Giuseppe Cortese, spontaneo e immediato ma non banale tra la fragola e le spezie, i fiori rossi e la corteccia; pur essendo in bella fase di beva potrà migliorare ancora. Osso San Grato, il Gattinara di Antoniolo, è un altro fuoriclasse che, nonostante un tappo non perfetto, si muove molto bene su un profilo però piuttosto severo. Da riassaggiare perché il tappo potrebbe averne pregiudicato la prova. Il Barbaresco di Rivella si muove tra note frutto rosso maturo, corteccia, sangue, oliva e balsamico, con un profilo quasi rodanesco. Bocca non ancora del tutto distesa con un tannino un po’ scoperto; da riassaggiare tra qualche anno. Il Monvigliero dei Fratelli Alessandria invece stecca, ha un profilo piuttosto moderno con note di cognac e vaniglia poco eleganti e beva ostica.

Diego Mutarelli
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Istantanee dalle Langhe

Il successo dei vini delle Langhe, trainato da Barolo e Barbaresco, richiede all’appassionato di vino che voglia visitarne il territorio alcune accortezze. In questo post abbiamo pensato – freschi della nostra ultima ricognizione a Barolo e dintorni – di dare qualche suggerimento e suggestione utili ad organizzare al meglio la propria visita. Nessuna ambizione di esaustività, solo delle istantanee dalle Langhe che, come da nostra missione, vogliamo condividere.

Comm. G.B. Burlotto

Pianificazione delle visite

Lo sappiamo, è sempre una buona abitudine pianificare per tempo le visite. Nelle Langhe, visto il costante flusso di enoturisti, è ormai una necessità; se poi consideriamo che il Covid ha portato alcune aziende a sospendere temporaneamente l’accesso in cantina… diventa evidente che è bene organizzare il proprio percorso con buon anticipo.

Acquisti

Acquistare direttamente dal produttore non è solo conveniente ma spesso consente di “ancorare” il ricordo della visita al momento in cui stapperemo la bottiglia. Nelle Langhe però, così come nei più importanti territori vinicoli del mondo, è ormai difficile acquistare direttamente. Ha preso orami piede il cosiddetto fenomeno delle assegnazioni che riguarda anche l’acquisto da parte dei privati. Di cosa si tratta? Per gestire l’enorme richiesta di vino cercando di accontentare più appassionati possibile, le aziende pre-assegnano del vino – con limiti di quantità – alla propria clientela. In tal modo ogni anno le aziende vendono tutto il vino dell’annata prima ancora che le bottiglie siano in commercio.  Se i vantaggi commerciali sono evidenti, per gli appassionati fuori da assegnazione non resta che mettersi in lista di attesa, sperando che gli anni successivi qualche cliente non confermi gli acquisti e liberi il posto a chi è in coda.

Il fenomeno non è certo nuovo ma fino a pochi anni fa era limitato alle aziende più prestigiose. Ora si sta allargando anche ad aziende meno note ma che sono salite alla ribalta per la qualità dei propri vini.

Mangiare

Una sosta con le gambe sotto il tavolo per gustare la cucina piemontese è sempre gradita. Le nostre soluzioni preferite sono quelle che coniugano qualità della cucina, carta vini dai giusti ricarichi e rapidità di servizio (che dopo il pranzo altre visite ci attendono!). Un luogo che risponde perfettamente a queste caratteristiche è il ristorante Repubblica di Perno che ci ha accolto con l’immancabile assaggio di insalata russa e ci ha poi coccolato con il golosissimo uovo in camicia alle spugnole e la rolata e frise di agnello con piselli. A chiudere un assaggio di formaggi. Dalla carta dei vini la scelta è caduta sul Langhe Nebbiolo 2019 di Philine Isabelle, che conferma tutto quello che di buono avevamo sentito dire sul suo conto. Olfatto di grande dolcezza tra note di anguria e melograno il tutto avvolto da un alito quasi marino, la bocca al contrario è fitta, dal tannino denso e saporito che si scioglie però nel sorso per nulla difficile. La bottiglia finisce rapidamente ma la facilità di beva non tragga in inganno, non si tratta di un “nebbiolino”.

Un altro posto che ci sentiamo di consigliare è l’Osteria Casa Ciabotto, a Verduno. Menu semplice ma gustoso e ampia scelta di vini con particolare focus sui produttori di Verduno. Vi è anche la possibilità, a prezzi contenuti, di un’orizzontale di Verduno Doc (vitigno pelaverga), perché non di solo nebbiolo vivono le Langhe (vedi prossimo paragrafo).

Abbiamo bevuto un bicchiere di un Barolo fuori dai nomi più noti e che ci è parso molto centrato. Si tratta del Barolo Bricco San Biagio 2013 – San Biagio (Giovanni Roggero). Un Barolo di La Morra senza eccessi modernisti: naso di grande frutto (lampone e fragola), fiori rossi carnosi, mineralità scura, un tocco di spezie. La bocca è gustosa, se vogliamo un po’ rapida nello sviluppo, con tannini ben distesi e dalla chiusura tersa ed elegante.

Non solo Barolo e Barbaresco

Lo dicevamo poco fa, non di solo nebbiolo vivono le Langhe. Il vitigno pelaverga in particolare ci sembra che possa meritare grande attenzione. Nelle migliori versioni dà infatti vita a vini golosi e dall’intrigante dettaglio aromatico, digesti e di facile abbinamento a tavola.

Un esempio tra tutti è il Verduno Basadone 2019 di Castello di Verduno, già solo il colore rubino chiarissimo e lucente mette di buon umore, l’olfatto è tutto giocato su spezie (pepe, noce moscata), frutta e fiori rossi che si rincorrono, il sorso è agile e sapido, fresco ed elegante con una piacevole nota amaricante in chiusura ed una persistenza delicata e pulita.

Diego Mutarelli
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Vini scelti tra Italia e Francia

Per chi fa della condivisione del vino la propria missione è sempre più complicato (e, forse, perfino fuori luogo) – in questi tempi di Italia confinata – parlare di vini bevuti. E così, in attesa di tempi migliori in cui si potrà di nuovo incrociare i bicchieri tutti intorno ad un tavolo imbandito, abbiamo ripescato gli appunti e la memoria di una interessante degustazione alla cieca di vini scelti, rigorosamente a casaccio, tra Italia e Francia.

Crémant Blanc Brut Nature – Domaine Overnoy

Ci troviamo in Jura e l’azienda è guidata da Jean-Louis (nipote dell’iconico Pierre Overnoy) e da suo figlio Guillaume. Conduzione artigianale e bio per questa cantina familiare di neppure 6 ettari. Il vino, 100% chardonnay, sosta 30 mesi sui lieviti e si presenta piuttosto timido al naso: frutta bianca, scorza di agrumi, frutta secca in secondo piano… Il sorso è sapido con bollicina grossolana, la freschezza è però piacevole. Il vino è giocato sulla semplicità e chiude leggermente amaricante.

Champagne Vertus Cœur de Terroir 2008 – Pascal Doquet

Champagne Fleur de Passion 2010 – Diebolt-Vallois

La sfida tra di due champagne è stata vinta nettamente da Diebolt-Vallois che, pur in una versione, la 2010, meno felice rispetto all’entusiasmante millesimo 2008 (ne ha parlato Gregorio qualche tempo fa), si conferma un vino dall’accecante mineralità, elegante al naso, sapido e lungo in bocca, pur con un deficit di potenza e verve acida delle annate migliori. Per onestà dobbiamo dire che di Doquet ricordiamo bottiglie migliori, questa ci è apparsa sottotono e con un perlage evanescente, sintomo di una bottiglia probabilmente piuttosto sfortunata.

Erbaluce di Caluso Le Chiusure 2019 – Favaro

Di questo vino abbiamo già parlato qualche settimana fa e confermiamo le stesse impressioni, così come la volontà di risentirlo dopo qualche anno di vetro che gli dovrebbe fare senz’altro bene. Vino delicato e di carattere al tempo stesso, con una furiosa sapidità a supporto.

Dolcetto d’Alba 2013 – Bartolo Mascarello

Landoix Clos des Chagnots 2018 – Domaine D’Ardhuy

Il vino di Bartolo Mascarello alla cieca ha destabilizzato i degustatori, anche se la sua classe cristallina non era in discussione. Olfatto che si apre a coda di pavone tra frutto rosso ancora integro, corteccia, note terrose, pepe, macchia mediterranea, olive…. Bocca intensa, saporita, dal tannino piacevolmente fitto, forse appena brusca in chiusura e non così lunga, ma di grande eleganza. Il pinot noir ha sofferto il confronto, vino piacevole ed immediato, tutto sul lampone, le fragoline e l’incenso, piacione ma credibile e senza eccessi boisé.

Champagne Rosé – Michel Marcoult

Barolo Perno 2013 – Sordo

I due bicchieri della staffa finali molto interessanti. Lo champagne è accattivante a partire dal bel colore rosa salmone, il naso è un tripudio di fragoline, rose e pepe bianco. Bocca piacevolmente fruttata ma di grande freschezza e sapidità in chiusura. Il Barolo, giovanissimo, è decisamente austero. Frutta rossa sotto spirito al naso, poi rose appassite e catrame. Bocca di grande potenza, intensa, dalla trama tannica fitta e dal calore alcolico ben integrato nella materia. Da attendere con grande fiducia.

Diego Mutarelli
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Le sfumature del nebbiolo a Fermento Milano

Domenica 11 ottobre 2020 si è tenuta – nell’ambito dell’evento Fermento Milano – un’interessante masterclass sul nebbiolo. Finalità della degustazione era quella di accompagnare i presenti alla scoperta delle sfumature che il nebbiolo assume nei suoi tradizionali terroir di riferimento.

Salone degli Affreschi – Chiostri di S. Barnaba

La cornice della masterclass, come si dice sempre in questi casi, era splendida. Ma stavolta è vero! La degustazione si è svolta nello stupefacente Salone degli Affreschi dei Chiostri di S. Barnaba.

Ecco i vini che abbiamo assaggiato con le nostre personalissime impressioni:

Spanna Runcà 2016 – Valle Roncati

Bellissimo colore granato chiaro, screziato da vivaci lampi rubino. Naso semplice ma ricamato: ribes, fragoline ed una nota ematica di contorno. Bocca magra dalla spiccata acidità, tannini fini ma ben presenti e calore alcolico che scappa un po’ via in chiusura. Migliora molto nel bicchiere.

Valle d’Aosta Nebbiolo Sommet 2017 – Les Crêtes

Rosso rubino chiaro, frutta dolce (confettura di lamponi) e fiori appassiti appena versato, poi si susseguono corteccia, pepe bianco, propoli, mineralità chiara. Sorso agile e goloso, di grande armonia nelle sue componenti con un’acidità perfettamente fusa nel corpo del vino. Chiusura di ottima persistenza su ritorni floreali e di sale.

Valtellina Superiore Sassella Le Tense 2017 – Nino Negri

Granato. Olfatto non immediato che sprigiona con l’ossigenazione ciliegia e liquirizia, oltre ad una nota che ricorda il caffè verde e la salvia. Bocca rapida nello sviluppo, ma tersa e caratterizzata da un tannino giovanile ed esuberante in chiusura.

Vino Rosso 1703 – Togni Rebaioli

Nebbiolo della Val Camonica che si presenta in veste rubino chiaro. Naso estremamente accattivante e mutevole: rose rosse fresche e arancia, anguria e lamponi, un tocco di pepe bianco… Sorso verticale e profondo, governato da un’acidità pronunciata. Saporito e, direi, dissetante. Profilo essenziale e magnetico.

Colli del Limbara Nebbiolo Kabaradis 2016 – Depperu

Nebbiolo che in Sardegna acquisisce un profilo tutto suo. Foglie e fiori appassiti, prugna, carne, macchia mediterranea e spezie caratterizzano l’olfatto del vino, che si offre intrigante ed estroverso. La bocca è di buon volume, il sorso riempie il cavo orale in larghezza con alcol sotto controllo, la progressione è però supportata da ottima acidità e tannini poderosi e saporiti. Lunga la chiusura, su ritorni di fiori appassiti e sapidità marina.

Barolo Castelletto 2015 – Manzone

Rosso rubino con riflessi granati. In partenza il naso è etereo e pungente, poi si dipana tra note di prugna e agrumi, spezie e sangue, fiori rossi ed un tocco balsamico. Bocca potente, ampia e materica, acidità e tannini alleggeriscono il sorso, donano profondità e souplesse. Chiude su ritorni di liquirizia. Da attendere con fiducia.

Un Barolo tira l’altro

In enoteca difficilmente bevo due vini dello stesso produttore.

Generalmente mi piace variare e scegliere denominazioni e produttori diversi per viaggiare lungo lo Stivale e oltre…grazie ad un semplice calice fra le mani.

Qualche giorno fa invece ho deciso di soffermarmi sui vini di un produttore che avevo già bevuto ma che non ho ancora mai visitato e conosciuto di persona. L’assaggio del primo vino, un Barolo, è stato epifanico a tal punto che non ho potuto esimermi dall’assaggiarne anche un secondo!

Si tratta di due splendidi Barolo, annata 2015, di Cascina Fontana.

Il primo vino assaggiato è stato il Barolo 2015 dell’Azienda Agricola Cascina Fontana. Un vino che parte su note piuttosto scure di frutta matura e cenni di catrame ma in pochi minuti si distende svelando note più chiare di rose rosse, melograno e persino frutta bianca. In bocca il vino ha una bella scorrevolezza ma non priva di grip e personalità: il tannino è più velluto che seta, la chiusura è pulita, ma sapida e lunga.

Insomma un’interpretazione dell’annata 2015 a Barolo che mi ha colpito e che mi ha portato ad assaggiare un altro Barolo del medesimo produttore presente in mescita: il Barolo di Castiglione Falletto 2015 – Cascina Fontana.

Il Barolo di Castiglione Falletto è ottenuto dalle migliori uve delle vigne del comune Castiglione Falletto, ovvero Villero e la vigna Valletti, zona Mariondino. Vino dal un fascino irresistibile: seducente il colore rosso rubino scarico attraversato da luminosi lampi granati; sensuale l’incedere in bocca fatto di fiori appassiti, frutti rossi piccoli e croccanti, cenni di liquirizia; raffinato e voluttuoso il finale su ritorni fruttati e minerali, persino marini.

Insomma due Barolo 2015 che mi hanno pienamente convinto.

E tu? Quali i Barolo 2015 che ti sono piaciuti di più fino ad ora?