Visita presso Château-Figeac, al vertice del nuovo classement di Saint-Émilion

Durante le vacanze estive appena trascorse, di passaggio nei pressi di Bordeaux, abbiamo avuto modo di trascorrere qualche ora a Saint-Émilion, celebre terroir della rive droite. Eravamo molto curiosi di conoscere Château-Figeac, recentemente issatosi al vertice del classement di Saint-Émilion. Infatti a Saint-Émilion – diversamente da quanto succede nella rive gauche con un classement sostanzialmente immutabile dal 1855 – il classement viene rivisto ogni 10 anni. E l’ultima revisione del 2022 ha portato non poche sorprese:

  • l’uscita dal ranking, per propria decisione di non sottostare alla valutazione della commissione, di tre aziende celeberrime: Angélus, Ausone e Cheval Blanc
  • l’ottenimento del massimo riconoscimento tra i Premiers grands crus classés (A) di sole due aziende, ovvero Château Pavie (conferma del classement precedente) e, appunto, Château-Figeac (promossa al vertice della piramide qualitativa di Saint-Émilion).
Château Figeac

Il nuovo classement ha attribuito un riconoscimento a solo 85 aziende che sono state così suddividise:

2 Premiers Grands Crus Classés A

12 Premiers Grands Crus Classés

71 Grands Crus Classés

Se vuoi dare uno sguardo complessivo agli 85 Châteaux classificati visita pure il link ufficiale accessibile cliccando qui.

Château Figeac è un’azienda storica di Saint-Émilion, addirittura la sua presenza è attestata in epoca gallo-romana, quando era di proprietà della famiglia Figeacus. É posseduta dalla famiglia Manoncourt dal 1892, che con l’annata 2023, ha festeggiato infatti la 130sima vendemmia!

L’azienda possiede 54 ettari, di cui 41 a vigneto: cabernet franc, cabernet sauvignon e merlot in parti uguali; una presenza così bassa di merlot nella rive droite è piuttosto anomala e deriva dal terroir peculiare delle vigne di Figeac, che in buona parte è composto da graves (ghiaia e ciottoli), suolo ideale per il cabernet. Peraltro lo Château grazie alla presenza di 2/3 di cabernet nel proprio blend si avvantaggia di freschezza ed eleganza proprio in un periodo di riscaldamento climatico dove molte aziende si trovano in difficoltà a gestire un vitigno precoce come il merlot.

Abbiamo visitato la cantina e la sala di degustazione rinnovate nel 2021 e incastonate negli originari ambienti dello Château grazie ad una sorprendente opera di recupero architettonico. La nuova cantina si sviluppa verticalmente su tre livelli ed è amplissima e moderna; ricorda, per l’uso abbondante di vetro, acciaio e legno, una strana creatura metà piroscafo, metà astronave. Molto eleganti e luminosi gli spazi dedicati alle degustazioni con i clienti in cui siamo stati ospitati. Oltre alle foto che sotto riportiamo suggeriamo di visionare questo video per provare a camminare, seppur virtualmente, nella cantina.

L’azienda produce due bottiglie di vino rosso: il second-vin chiamato Petit Figeac (circa 40.000 bottiglie) ed il grand-vin Château Figeac (circa 120.000 bottiglie). Dopo una selezione molto accurata delle bacche la fermentazione avviene prevalentemente in vasche di acciaio inox (solo 8 sono di legno) e quindi il vino sosta in barriques (nuove al 100% per il grand-vin, mediamente 16 mesi), dove si svolge la malolattica. La cosa interessante da sottolineare è che solo in questo momento, dopo l’assaggio delle barriques e le prove di assemblaggio, si decide cosa ha la qualità per andare nel vino principale e cosa resta nel vino di ricaduta Petit Figeac. Non è dunque una selezione delle uve o delle vigne (ad esempio vigne più giovani nel second vin come accade in altri casi), ma proprio una selezione dei vini che decide anno per anno come sarà ottenuto il grand-vin.

I vini assaggiati:

Saint-Émilion Grand Cru Petit-Figeac 2021: una percentuale più alta di merlot (50%) rispetto al fratello maggiore ed un uso meno preponderante del legno nuovo. Si tratta di un second vin approcciabile anche in gioventù (ma durerà qualche lustro) che ora si presenta con un olfatto espressivo e caratterizzato da un certa dolcezza di frutto (ribes), ma anche fiori rossi, scatola di sigari ed un tocco erbaceo. Sorso ampio e voluttuoso ma l’acidità non manca, il vino è scorrevole dal tannino vellutato. Sapido in chiusura. Un vino che coniuga eleganza e dolcezza, la confezione è perfetta e di grande equilibrio senza alcun eccesso di morbidezza. Non è solo un vino di ricaduta insomma.

Saint-Émilion Premier Grand Cru Classé Château-Figeac 2018: prugna, marasca, la dolcezza dello zucchero filato, ma anche spezie e frutta secca… il naso è piuttosto leggibile nonostante la relativa giovinezza. Il sorso è sorprendente nella sua intensità e volume, materico e denso eppure per nulla statico. Vi è infatti un’ottima progressione, l’acidità è l’architrave della costruzione enologica, il vino è largo sì, ma anche profondo e dal tannino ben integrato che solo in chiusura fornisce il giusto appiglio. Lunghissimo su note saline e di frutta rossa. Vino di impatto ma non dimostrativo, la materia possente non è fine a sé stessa ma funzionale ad un vino che vuole essere di grande prospettiva ma godibile anche in gioventù.

Saint-Émilion Premier Grand Cru Classé Château-Figeac 2009: questo assaggio inizia a mostrare le potenzialità che l’evoluzione in vetro apporta ad un grande Bordeaux, il vino risulta più disteso e complesso del precedente, con sfumature affascinanti: baccello di vaniglia, confettura di more, scatola di sigari, sottobosco, ma anche cuoio, grafite, sangue e un tocco vegetale….Sorso sorprendentemente fresco, dal tannino fitto ma fine. Se il millesimo 2018 era avvolgente e potente, questo 2009, non certo esile, gioca maggiormente sull’eleganza ed il ricamo aromatico. La persistenza è notevolissima.

Diego Mutarelli
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Château Valandraud: l’epopea del “vin de garage” divenuto Premier Grand Cru Classé

Una recente visita nel territorio bordolese ci ha permesso di conoscere da vicino una vera e propria leggenda del vino. Infatti, l’incredibile storia di Château Valandraud non può lasciare indifferente nessun wine addicted…

L’epopea è nota e qui la riassumiamo per sommi capi: ad inizio anni ’90 un bancario appassionato di vino, di nome Jean-Luc Thunevin, insieme alla moglie Murielle Andraud, decide di produrre un grande vino a Saint-Émilion. Parte da una parcella di poco più di mezzo ettaro e inizia a vinificare nel proprio garage. Qualche anno di esperienza in annate piuttosto difficili e poi, non appena arriva l’annata buona, la 1995, il vino viene spedito a Robert Parker che gli affibbia uno score superiore a quello di Pétrus.

Da quel momento in poi il mondo si accorse Jean-Luc Thunevin, che ispirò in tutto il globo altri viticoltori con poca vigna e molte idee: era nato il concetto di garage wine.

Da allora ad oggi di strada ne è stata percorsa molta e, nonostante il garage sia ancora ben presente e in parte utilizzato, Château Valandraud è divenuto Premier Grand Cru Classé B nel competitivo e irrequieto classement di Saint-Émilion. Questa graduatoria, a differenza dell’immutabile classement del 1855 della riva sinistra, è messa in discussione ogni 10 anni e a settembre di quest’anno sapremo se la saga di Thunevin riuscirà a completarsi, raggiungendo il vertice della gerarchia, ovvero il gradino di Premier Grand Cru Classé A.

Oggi Thunevin è un Gruppo composto da una società dedicata alla commercializzazione di vini della Rive Droite, 5 shop nell’incantevole borgo di Saint-Émilion, un hotel e differenti aziende vitivinicole oltre a Château Valandraud.

Visitare dunque questa realtà è stato un grande privilegio, non solo per farsi raccontare e in parte rivivere questa storia irripetibile e recarsi presso l’innovativa cantina appena aperta al pubblico, ma anche per assaggiare vini che nel tempo hanno subito un’evoluzione interessante pur non rinnegando lo stile e il protocollo Thunevin. Questo “bad boy” (cit. Robert Parker) fu infatti il primo ad applicare una ricetta fatta di vendemmia verde, bassi rendimenti, defogliazione, raccolta di uva perfettamente matura e cernita in vendemmia dei soli grappoli assolutamente sani. La cura maniacale in vigna è accompagnata da abbondante utilizzo di barrique nuove in affinamento.

I primi Valandraud furono vini scioccanti, estremi, ma anche innovativi, caratterizzati dal frutto denso e dolce e dalle note boisé che tanto piacevano Oltreoceano.

Ci chiedevamo: “come saranno i vini oggi?”. Non sono cambiati infatti solo i consumatori, che privilegiano vini equilibrati ed eleganti, ma anche il clima (ahinoi). La maturità del frutto non è più un problema, neppure a Bordeaux, ed oggi molti produttori proteggono le uve dal troppo irraggiamento (altro che defogliazione!).

Anticipiamo la risposta, che verrà poi meglio avvalorata dalle sintetiche note di degustazione che seguono, perché siamo stati piacevolmente sorpresi. I vini Valandraud – non solo il Grand Vin ma anche gli altri vini dello Château e delle aziende del Gruppo – sono infatti sì vini ricchi di frutto dolce, ma con dinamica ed estrema eleganza. Come i migliori vini di Saint-Émilion sono liquidi carezzevoli, morbidi, potenti ma delicati nello sviluppo. Pugno di ferro in guanto di velluto, anzi di seta.

I vini degustati

Saint-Émilion Grand Cru “Virginie de Valandraud” 2016 – Château Valandraud

Ottenuto da merlot, cabernet franc, cabernet sauvignon, malbec e carmenère si presenta rosso rubino compatto e molto sul frutto maturo (prugna, lamponi), seguono interessanti note balsamiche, di legna arsa, sottobosco e cacao. Bocca soave, ampia e morbida, dal tannino sottile. Ritorni di cioccolato fondente e frutta. 20 mesi di barrique nuove.

Si tratta di un vino sensuale e accattivante, non entusiasmerà gli amanti delle sferzate acide ma risulta, nel complesso, equilibrato, elegante e gustoso. (30-40 €)

Saint-Émilion Grand Cru Clos Badon 2016 – Thunevin

Merlot e cabernet franc in parti uguali. Clos Badon è vinificato ancora nel garage da cui tutto ebbe inizio. Parte sul frutto (cassis), ma anche note più intriganti di camino spento. Bocca di ottima fusione e ampiezza, tannino ben presente ma dolce, nessuna sfacciata nota da legno. Vino di grande interesse che vale quello che costa e che promette un’interessante evoluzione in bottiglia. (40 € circa)

Pomerol 2015 – Le Clos du Beau-Père

Ci spostiamo a Pomerol, qui il merlot sale al 90%. Naso in cui si avverte di più l’affinamento in legno nuovo, con la vaniglia e il cioccolato ad accompagnare la prugna della California. La bocca è meno setosa dei due assaggi precedenti, con acidità e tannini più presenti a sostenere una materia ricca e densa. Sapido in chiusura. (40-50 €)

Saint-Émilion Grand Cru 2017 – Château Soutard-Cadet

Da una vecchia vigna di merlot di poco più di 2 ettari, al cui interno si trova anche qualche vite di cabernet franc. Naso voluttuoso di lamponi maturi, cioccolato, cuoio…intenso e concentrato al sorso, ma di grande eleganza. Ritorni di liquirizia dolce. (40 € circa)

Saint-Émilion Premier Grand Cru Classé 2016 – Château Valandraud

Eccolo qui il vino che ha reso famoso Valandraud. Maggioranza di merlot (90%) con cabernet franc e cabernet sauvignon a saldo. Sa di ciliegie, lamponi, chicco di caffè, liquirizia, mineralità scura (grafite)…sorso morbido e succoso, rotondo e ricco, con legno gestito molto bene. In chiusura un tannino fitto ma fine fornisce grip ed allungo. Persistenza infinita ma carezzevole. (oltre 200 €)

Saint-Émilion Grand Cru 2006 – Château Valandraud

100% merlot in questa annata, colore rubino che schiarisce sull’unghia a tradire una certa evoluzione, naso meno bombastico del precedente e più aristocratico: prugna disidratata, sottobosco, corteccia, spezie (cardamomo)…bocca scorrevole ma dal tannino più presente nonostante l’evoluzione maggiore in vetro (la 2006 non è stata un’annata semplice). Sapida e lunga la chiusura.

Bordeaux Blanc “Virginie de Valandraud” 2019 – Château Valandraud

L’appellation Saint-Émilion è rossista, ecco dunque che Thunevin, il bad boy, deciso a produrre un grande bianco, è costretto ad abbracciare la “semplice”  denominazione Bordeaux blanc. Ottenuto da sauvignon blanc, sémillon e sauvignon gris il vino parte su vegetali accompagnate da frutta tropicale, bocca semplice e di buona scorrevolezza. Un vino ben fatto ma non emozionante. (40 €)

Bordeaux Blanc “Virginie de Valandraud” 2014 – Château Valandraud

Più interessante questo millesimo invece, con il sauvignon a marcare meno il quadro aromatico, fatto in prevalenza da albicocca fresca e qualche fine nota vegetale. Fresco e profondo, sapido e terso.

Bordeaux Blanc 2017 – Château Valandraud

Il Grand Vin bianco ha una marcia in più in termini di eleganza e allungo. Intrigante mix di sentori vegetali, agrumati e affumicati il tutto accompagnato da spezie orientali. Ad un naso complesso e cangiante fa da contraltare una bocca acida e mobile, che si sviluppa in profondità lasciando in chiusura richiami di frutta tropicale. (60 € circa)

Diego Mutarelli
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I profumi del vino: la fragola

Tra i profumi del vino più piacevoli e riconoscibili vi sono senz’altro i piccoli frutti rossi. Dopo averti parlato del profumo di lampone tocca al profumo di fragola.

Naturalmente sono costretto a semplificare: un conto è il fresco e goloso aroma del frutto fresco, tutt’altra cosa le fragole in confettura, ottenuta dai frutti più maturi e che sviluppano delle leggere note di caramello dovute alla cottura dello zucchero. Una cosa la fragola che vedi in foto, altra cosa le fragoline di bosco.  Eviterei inoltre di addentrarmi nelle diverse varietà del frutto…

I profumi del vino: la fragola
I profumi del vino: la fragola

Il profumo di fragola è considerato un aroma secondario e si forma, generalmente, dopo la fermentazione malolattica. E’ un aroma apprezzato dal degustatore che lo percepisce goloso ed elegante insieme; inoltre è facilmente riconoscibile.

In che vini puoi trovare l’aroma di fragola?

L’aroma di fragola si riscontra principalmente nei vini rossi o rosati provenienti da varie zone e vitigni: Bordeaux, Borgogna, molte vini italiani e anche del Nuovo Mondo.

Azzardo una mappa dei vitigni in cui si trova con più frequenza questo aroma. In Francia sicuramente non possiamo non citare il gamay, il merlot ed il pinot nero (quando questi vini non sono più giovanissimi possiamo trovare anche la confettura di fragola). Un vino in particolare che ricordo “marchiato” da una fragola netta è lo Château Rayas (grenache) oltre che i vini rosé della Provenza.

In Italia ci si può imbattere in questo sentore nei vini da uve nebbiolo (la fragola dei vini di Giacosa!), grignolino, bonarda, sangiovese, nero d’Avola…

E tu? Raccontami di qualche vino in cui ricordi di aver sentito una succosa fragola fresca!

La Lagune: un bordeaux elegantemente femminile

Gli appassionati italiani sono piuttosto restii a bere Bordeaux. I motivi sono essenzialmente “ideologici”. Dopo i film Mondovino e Sideways – In viaggio con Jack infatti il mondo enoico è, nell’immaginario collettivo, diviso in due fazioni contrapposte:

  • i produttori di Bordeaux: dall’approccio imprenditoriale e non tipicamente contadino, dediti all’assemblaggio di più vitigni, spesso affiancati da enologi di fama e con vini in cui il cosiddetto manico, la tecnica, prenderebbe il sopravvento rispetto al terroir.
  • i produttori della Borgogna: aziende agricole familiari dall’approccio contadino, che privilegiano le vinificazioni per singole parcelle, re incontrastato è sua maestà, Pinot Noir.

Devo direi che questi preconcetti appartengono anche al sottoscritto. Se si tratta di spendere parecchie decine di euro per una bottiglia – visto che parliamo delle due più importanti denominazioni “rossiste” di Francia ed i prezzi sono decisamente alti per i vini più blasonati – normalmente mi dirigo con più facilità verso la Borgogna che verso l’Aquitania.

Ma, complice una cena francese a cui ho partecipato, stavolta ti parlo di un Bordeaux piuttosto noto: si tratta di Château La Lagune, 3e Grand Cru Classé della zona dell’Haut-Médoc.

Bordeaux: la Riva Sinistra
Bordeaux: la Riva Sinistra

Il vino è ottenuto dall’assemblaggio dei tipici vitigni del Médoc ovvero Cabernet Sauvignon, Merlot e Petit Verdot. A capo degli 80 ettari dello Château vi è una donna, l’affascinante Caroline Frey, che ha deciso di convertire il domaine al biologico (per proteggere non solo l’ambiente ma anche il viticoltore, che spesso è la prima vittima dell’utilizzo della chimica in vigna).

Haut-Médoc Château La Lagune 2012
Haut-Médoc Château La Lagune 2012

Haut-Médoc Château La Lagune 2012

Il colore è quello tipico del vino bordolese ancora giovane, nessun cedimento neppure sull’unghia.

L’olfatto è decisamente leggiadro e femminile, giocato sull’eleganza e la compostezza delle sensazioni: frutti  maturi a bacca rossa, cacao, tabacco, humus, un accenno di nota balsamica (eucalipto).

La bocca è di buon volume, l’alcol gestito molto bene con progressione soave: tannino setoso e dolce, acidità presenta ma senza spigoli. La chiusura è succosa e delicatamente sapida.

90

Plus: taglio bordolese che, anche in gioventù, può essere apprezzato per l’equilibrio ed il tannino già ben fuso. L’uso del legno si indovina ma è solo una delle componenti del vino che mantiene una grande eleganza.

Minus: è un vino molto compito ma che forse, nello sforzo di trovare eleganza ed equilibrio senza rischiare alcuna sbavatura, perde qualcosa in personalità, energia ed imprevedibilità.

I profumi del vino: il peperone verde

Nella rubrica “I profumi del vino” ti sto sommariamente raccontando i principali descrittori riconoscibili quando degustiamo, anzi annusiamo, un vino.

I profumi del vino: il peperone verde
I profumi del vino: il peperone verde

Il sentore di peperone verde è proprio un profumo famigerato, infatti insieme a pochi altri aromi – come ad esempio la pipì di gatto o la foglia di pomodoro – si imprime nella memoria olfattiva in modo pressoché indelebile fin dalle prime esperienze.

Il sentore di peperone verde – e l’aggettivo “verde” serve soprattutto ad evidenziare la sensazione “acerba” che se ne ricava – è infatti un sentore che se diventa predominante è poco piacevole e spesso associato ad un difetto di maturità nella raccolta delle uve. La realtà è più complessa: se è infatti vero che una raccolta precoce delle uve incide sulla predominanza di questo sentore, è anche vero la sensazione di peperone verde è dovuta alle pirazine presenti in alcuni specifici vitigni: ad esempio il cabernet franc, il cabernet sauvignon e il sauvignon blac, non certo vitigni secondari!

La realtà è che questo sentore, se non è dominante, ma accompagnato da altri sentori più “maturi e profondi”, può dare un tocco di vivacità e interesse al bouquet di un vino.

In che vini puoi trovare il peperone verde?

Un cabernet franc friulano o altoatesino, magari di quello venduto in caraffa o sfuso in osteria, ha un’altissima probabilità di avere questo marchio di fabbrica. Naturalmente tutti i tagli bordolesi italiani (Veneto, Friuli e Trentino-Alto Adige in testa) sono accompagnati da questo aroma. Ma anche la Loira (appellazioni di Saumur, Saumur-Champagny, Bourgueil…) e il Bordelais (Listrac, Margaux, Pauillac…) sono caratterizzati da questo descrittore ben accompagnato da altre note di più nobili di frutti, spezie, etc.

Nei vini bianchi questo aroma è riscontrabile soprattutto nei vini a base di Sauvignon blanc.

E tu? Qual è l’ultimo vino in cui hai riconosciuto il peperone verde?

Diego Mutarelli
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