Presentazione guida Slow Wine 2026: tra colpi di fulmine e conferme

Tauma e Brunello Riserva Le Potazzine

Sabato 18 ottobre a Milano è andato in scena l’evento dedicato alla guida Slow Wine 2026 che, insieme alla presentazione della pubblicazione edita da Slow Food Editore e alla premiazione delle aziende, è stata affiancata come di consueto da un evento di degustazione che ha coinvolto centinaia di aziende e migliaia di degustatori e appassionati.

È estremamente arduo effettuare un vero e proprio resoconto di un’evento così ampio e che ci ha permesso di effettuare diverse decine di assaggi (indispensabile l’uso della sputacchiera naturalmente!). Però non rinunciamo alla nostra missione che è quella di condividere, limitandoci, visto il contesto, alle impressioni e agli assaggi che hanno lasciato il segno più di altri.

I colpi di fulmine

Molti sono stati gli ottimi vini, d’altronde in degustazione erano presente solo vini di aziende premiate in guida, ma due vini ci hanno colpito particolarmente.

Tauma e Brunello Riserva Le Potazzine

Brunello di Montalcino Riserva 2019 – Le Potazzine, un vino che coniuga eleganza e potenza, il tutto accompagnato da un ventaglio aromatico complesso di viola, canniccio, mineralità e frutta rossa, di grande dinamica e dalla chiusura lunghissima e sapida. Altro vino ipnotico è stato il Cerasuolo d’Abruzzo “Tauma” 2024 – Pettinella, ottenuto da uve di montepulciano d’Abruzzo allevate in parte ad alberello in parte a spalliera. Il vino è un rosato, o meglio un color cerasuolo che richiama le “cerase”, quindi di un rosa non troppo scarico, che colpisce per personalità e originalità: al naso fragola, melograno, roselline, ciliegia, erbe aromatiche, un tocco affumicato…il sorso è di grande dinamica e pure di un certo grip, il vino resta scorrevole e dalla beva “facile”. Un grande vino che abbiamo voglia di assaggiare in un contesto più intimo, per dargli il giusto spazio e ascoltarlo in tutti i suoi dettagli che, pur in un “assaggio da fiera”, ci sono sembrati fuori dal comune.

Le conferme

Molti i vini assaggiati che hanno confermato le alte aspettative, si tratta di vini che abbiamo già degustato in molte occasioni ma di cui veniva presentata l’ultima annata. E si sa che l’annata ha un peso sempre più rilevante.

Slow Wine 2026 - le conferme

In Langa molti vini notevoli quali il Barolo Villero 2021 – Brovia, austero, fitto e profondo, il Barbaresco Albesani 2021 – Cantina del Pino, delicato e goloso, il Verduno 2024 Gian Luca Colombo, pelaverga speziatissima e salata, il Barolo Bricco delle Viole 2021 – G.D. Vajra, elegante e armonico, il Pelaverga Verduno 2024 – G.B. Burlotto, sapido e di grande dinamica.

La bandiera della Liguria è stata difesa con convinzione dell’ottimo Dolceacqua “Terrabianca” 2023 – Terre Bianche, da segnalare anche il Colli di Luni Vermentino Superiore “I Pini di Corsano” 2023 – Terenzuola, con vigne che si affacciano sul mare tra Liguria e Toscana.

Nel nord est grandi conferme quali il Soave Classico La Froscà 2023 – Gini, sapido e di grande mineralità, il Carso Vitovska Kamen 2022 – Zidarich marino, delicato ma presente, l’Ograde 2022- Skerk dall’intrigante aromaticità con una scorzetta d’arancia all’olfatto di grande impatto, il Morus Nigra 2022 – Vignai da Duline, un refosco fresco e profondo.

In Toscana si mantengono al top il Brunello di Montalcino 2020 – Gianni Brunelli di grandissima finezza, lo Scrio 2022 – Le Macchiole, syrah gustoso, speziato e fitto, il Brunello di Montalcino Riserva 2019 – Poggio di Sotto, austero e di ottima persistenza.

Per il centro sud citiamo l’Olevano Romano Cesanese Riserva 2021 – Damiano Ciolli, di ottima stratificazione, il Castelli di Jesi Verdicchio Riserva “Il Cantico della Figura” 2021 – Andrea Felici, di grande classe, l’Etna Bianco Montalto 2023 – Terre Nere, carricante sapido e ficcante.

Da attendere (con fiducia)

Non sempre è facile leggere vini messi da poco in commercio, soprattutto per tipologie o produttori che notoriamente danno il meglio di sé con il passare del tempo. Alcuni assaggi ci hanno mostrato vini di grande prospettiva che vale la pena acquistare e mettere in cantina almeno un lustro, prima di poterli godere appieno.

Slow Wine 2026

Si tratta ad esempio del Barolo Serra 2021 – Giovanni Rosso dal tannino fitto ma dalla materia sontuosa, lo stesso dicasi per il Taurasi Riserva 2013 – Perillo, un vino che sfiderà i decenni a venire, ma già intrigante nella sua speziatura che fa capolino in un corpo robusto e tannico. Il Brunello di Montalcino “Passo del Lume Spento” 2020 – Le Ragnaie è un altro vino che ha bisogno di tempo per distendersi, ma ci sembra avere tutte le carte in regola per offrire soddisfazioni. Il Barolo Monvigliero 2021 – G.B. Burlotto ha senz’altro bisogno di tempo, in questa fase appare piuttosto compresso e su note di radici e vegetali che devono ancora trovare la giusta armonia. Diamo credito e fiducia anche al Barolo “Sperss” 2021 – Gaja, che ora alterna una bella dolcezza al naso a cui fa da contraltare una bocca severa e tannica.

Le piacevoli sorprese

Eventi di questo tipo consentono di assaggiare vini che non capitano spesso nel nostro bicchiere o addirittura che ancora non abbiamo mai bevuto. A volte dunque si fanno “scoperte” piacevoli e sorprendenti.

Slow Wine 2026, le sorprese

È il caso per esempio del Dolceacqua Superiore Peverelli 2022 – Mauro Zino, vino che avevamo assaggiato tre anni fa (si trattava dell’annata 2019) e che conferma le ottime impressioni di allora con un frutto maturo rintuzzato da ottima verve di macchia mediterranea, marino e sapido. Interessante scoperta anche il sangiovese Altoreggi 2022 – Casanuova, Thilo Besançon, vino ed azienda che non avevamo ancora mai assaggiato. A chiudere le soprese dell’evento citiamo il Lambrusco di Sorbara Rosé – Silvia Zucchi, grintoso, di grande acidità e con una fragolina che in chiusura arrotonda il sorso.

Le delusioni

C’è stata anche qualche delusione, tra i molti assaggi, in particolare per quei vini sui quali riponevamo una grande aspettativa che non è stata soddisfatta.

Slow Wine 2026, delusioni

Purtroppo al momento dobbiamo citare tra i vini deludenti uno dei più importanti vini italiani, quali il Brunello di Montalcino 2019 – Biondi Santi, un vino che in questa fase appare svuotato del frutto, di grande acidità ma poco stratificato e con un apparente deficit di polpa. Kurni 2023 – Oasi degli Angeli è un altro celebre vino che ha deluso le nostre aspettative, appare con un residuo zuccherino veramente evidente, la morbidezza al sorso non è compensata a sufficienza da un tannino pur prorompente, ma il vino risulta a nostro gusto molle e poco gastronomico.

Diego Mutarelli
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Pianeta Sangiovese

Lo sapevate che il sangiovese è l’uva più diffusa in Italia e una delle uve più coltivate al mondo? Dal momento che esistono diversi tipi di sangiovese, stiamo parlando di tanti vitigni o di uno solo? Che cosa accomuna il sangiovese e il nerello mascalese (oltre al fatto che fanno rima, si intende)?

Oggi vi racconterò le origini misteriose di questo vitigno, che nel suo diffondersi si insediò in gran parte dello Stivale per poi approdare finalmente in Toscana, terrà in cui trovò la sua massima espressione.

Ho forse lasciato intendere che il sangiovese non abbia origini toscane? Beh, con ogni probabilità è così: numerose ricerche sostengono infatti che ebbe origine nell’Italia meridionale, grazie alla scoperta dell’eccezionale somiglianza genetica tra il sangiovese e certi vitigni del sud, come il gaglioppo in Calabria, o il frappato e il nerello mascalese in Sicilia.

La verità è che la storia del sangiovese è antichissima, addirittura millenaria e la sua dote più straordinaria  sta proprio della sua predisposizione a mutare, ad adattarsi e a trasmettere al suo corredo genetico le varianti fenotipiche che ha acquisito (epigenetica). Inoltre, non va sottovalutato il lavoro dell’uomo, che ha coltivato e preservato queste differenze. L’epilogo di questo racconto darwiniano? Un patrimonio genetico che consente di parlare di un unico vitigno, e tantissime varianti, per l’esattezza 125 cloni che si esprimono diversamente a seconda del territorio di appartenenza, col quale hanno stabilito un rapporto così profondo da risultare inscindibile. Perciò, quando parliamo di sangiovese di Romagna, di prugnolo gentile o di morellino, pur avendo proprietà organolettiche ben distinte, ci riferiamo ad un’unica grande famiglia che possiede precise caratteristiche appartenenti a tutte le sue varianti.

Di seguito alcuni esempi fotografici di diversi cloni di sangiovese:

Un’uva dall’ottima vigoria, dotata di buone capacità di adattamento, tuttavia richiede condizioni pedoclimatiche precise per esprimersi al meglio, vale a dire terreni poveri e ben drenanti, una ventilazione costante e temperature elevate per la sua maturazione ottimale, essendo piuttosto tardiva. Ecco una delle ragioni per cui il sangiovese spesso viene tagliato con altre varietà, per comodità o tradizione: perché semplicemente non cresce bene proprio ovunque. Un altro motivo per il quale si fa ricorso a vitigni complementari è per ammorbidirlo, colorarlo, addolcirlo. Il sangiovese non è di certo un vino piacione, al contrario è dotato di un’ottima acidità e tannini fitti; gode di gradazioni zuccherine alte ed è povero di antociani, per questo non sarà mai particolarmente colorato, se vinificato in purezza.

masterclass sulle diverse espressioni di sangiovese – Collisioni a Barolo, luglio 2019

Ecco le peculiarità generali di quest’uva straordinaria, in grado nelle sue espressioni migliori di sfidare i decenni all’interno della sua bottiglia. Il compito dell’uomo ora è quella di proteggere questo preziosissimo bagaglio culturale attraverso una viticultura che non accetta compromessi e il rispetto per la tradizione, con il supporto di disciplinari chiari e severi e tramite una giusta comunicazione. Il primo passo per compiere questa missione gloriosa è comprendere che sussiste un patto tra il sangiovese e la terra che lo ha accolto. Non esiste il Brunello senza Montalcino, non esiste il Vino Nobile senza Montepulciano, non esiste il vino Chianti Classico senza il territorio del Chianti Classico. È la diversità la vera bellezza, la scintilla che ha scatenato infinite sfumature, portando alla luce l’estrema eterogeneità del territorio italiano: il nostro patrimonio, la nostra unicità.

Elena Zanasi
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Biondi Santi cede una quota ai francesi Piper-Heidsieck

Non è un fulmine a ciel sereno, ma fa comunque scalpore il comunicato con il quale la Tenuta del Greppo Biondi Santi ha comunicato la partnership con il Gruppo Epi, della famiglia Descours (già proprietaria Piper-Heidsieck e Charles Heidsieck in Champagne e di Chateau La Verriere a Bordeaux).

Brunello di Montalcino Biondi Santi
Brunello di Montalcino Biondi Santi

Per il momento non sono stati dichiarati i dettagli dell’operazione ma pare che, dietro la generica indicazione di “partnership strategica”, vi sia la cessione della quota di maggioranza dell’azienda padre del Brunello di Montalcino.

L’azienda, mito enologico globale e con difficoltà nel far fronte agli impegni bancari (si è a conoscenza anche di un contenzioso con MPS), era da tempo nel mirino di diversi investitori (tra i quali anche Prada e il solito Lvmh).

Lo shopping straniero tra le migliori cantine d’Italia continua insomma; e i soliti ben informati parlano di un altro prossimo e clamoroso acquisto, sempre dalla Francia: nel mirino sarebbe una celebre azienda della Langhe, di La Morra per l’esattezza.

Staremo a vedere… ti terrò informato!