Il “Faccia a Faccia” di oggi è dedicato ad una denominazione-vitigno. Parliamo infatti di due vini Dogliani DOCG, 100% dolcetto, vitigno che con Dogliani ha stretto un legame molto antico: la presenza della varietà su queste colline sembra essere stata accertata già nell’anno Mille, mentre risale al 1593 il primo documento conservato negli archivi di Dogliani in cui viene nominato il vitigno dolcetto.
Il dolcetto è uno dei vitigni più diffusi del Piemonte meridionale. Il suo nome trae in inganno: se l’uva è dolce il vino non lo è per nulla, anzi essendo molto ricco di tannini nei vinaccioli spesso tende a chiudere con un sentore piuttosto amaricante. Inoltre, il vezzeggiativo fa pensare ad un vino piccolo e scorrevole, tutt’altro che di impatto. Non è invece così: la carica polifenolica del vitigno, la tendenza a maturare precocemente e anche la difficoltà agronomica nell’allevarlo fanno sì che la varietà sia tutt’altro che semplice da gestire in vigna e in cantina e dia a origine a vini spesso ricchi di materia fruttata, calore e tannini.
Dogliani Superiore DOCG “Bricco Botti” 2019 – Pecchenino
L’azienda Pecchenino è una realtà storica di Dogliani, oggi conta 35 ettari di vigneto tra Dogliani, Monforte d’Alba, dove produce Barolo, e Bossolasco, dove invece si dedica ai vini bianchi e all’Alta Langa.
Il vino che abbiamo nel calice proviene da un’unica vigna di 30 anni d’età ed affina 24 mesi in legno grande. Il colore è un classico rubino con riflessi porpora. Il naso è di grande impatto e intensità: inchiostro, frutta matura (ciliegie sotto spirito, prugne), rose rosse, un’eco balsamica. Se l’olfatto preannuncia un vino potente e compresso, il sorso sorprende positivamente per misura ed equilibrio: l’alcol (14%) pur presente è ben bilanciato da buona acidità, allungo sapido e fine tannino. Il vino è comunque di volume, di una certa muscolarità ma la bevibilità non ne risente, soprattutto se degustato in accompagnamento a carni con sughi ed intingoli (stufati o brasati).
Chiude di ottima lunghezza su ritorni di frutta sotto spirito e rose.
Dogliani DOCG “San Luigi vigna la Costa” 2019 – Chionetti
Di Chionetti abbiamo parlato diffusamente a seguito di una visita in azienda (il post lo puoi leggere qui). Il dolcetto che abbiamo nel bicchiere ha un colore pressoché identico al vino di Pecchenino, l’olfatto è invece più delicato, si apre su un bel floreale, poi arriva la dolcezza della frutta rossa (lampone), quindi erbe officinali, pepe e liquirizia.
In bocca il vino ha ottima ampiezza e volume, si muove con ragguardevole dinamica e stratificazione aromatica. L’acidità accompagna il sorso, che si sviluppa in progressione, il tannino è a coste larghe ma saporito, il frutto in chiusura lascia spazio ad una scia amaricante che ricorda il bastoncino di liquirizia.
Riflessioni conclusive
Due ottimi dolcetto, anzi, pardon, due ottimi Dogliani! I due vini che abbiamo assaggiato non ci hanno fatto rimpiangere il nostro amato nebbiolo, a Dogliani il dolcetto si esprime infatti con una complessità e un’intensità che non lo relegano di certo al ruolo di comprimario, ma che anzi ritagliano uno spazio di tutto rispetto in un’immaginaria carta dei vini langarola, soprattutto per una maggior versatilità e facilità di abbinamento gastronomico. Detto che entrambi i campioni assaggiati sono prodotti di grande qualità e sicuro interesse organolettico, non mi tiro indietro nell’esprimere la mia personale preferenza per la versione più elegantemente austera di dolcetto interpretata da Chionetti rispetto alla versione, pur molto buona, più materica e potente di Pecchenino.
Diego Mutarelli
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