Manifesto, l’orange da johanniter di Tenuta Cocci Grifoni

C’è un vino che non si limita a raccontare una storia: la incarna. Si chiama Manifesto, ed è l’ultima creazione delle Tenuta Cocci Grifoni, una famiglia che da 90 vendemmie, nelle Marche, non smette di sperimentare e innovare.

Oggi più che mai, il cambiamento climatico ci costringe a fare scelte coraggiose. E Marilena Cocci Grifoni, insieme alle figlie Marta e Camilla, ha deciso di puntare su qualcosa di attuale: i vitigni PIWI, varietà resistenti alle malattie fungine e al freddo, che permettono di ridurre drasticamente i trattamenti in vigna e l’impatto ambientale.

Tra queste la scelta è ricaduta sul johanniter, un’uva bianca nata in Germania nel 1968 dall’incrocio tra riesling e un ibrido chiamato Freiburg 589-54. Quando nel 2021 la Regione Marche ha autorizzato la coltivazione di alcune varietà PIWI, la cantina ha deciso di sostenere un agricoltore locale che già coltivava johanniter. Da lì è iniziato un percorso fatto di microvinificazioni, osservazioni sul campo e tanta curiosità.

Nel 2024, dopo due anni di prove, è arrivata la prima vera vendemmia: da quei grappoli è nato Manifesto, un vino che di grande personalità.

Manifesto

La buccia dell’uva, spessa e ricca di sostanze aromatiche, ha suggerito una vinificazione con macerazione sulle bucce, tecnica che ha dato vita a un orange wine moderno, vinificato in acciaio con le bucce a contatto con il mosto per un periodo di due settimane a temperatura controllata, segue una fase di affinamento sempre in acciaio per 5 mesi.

Il risultato? Un vino dal colore ambrato, con riflessi ramati, profumi intensi di sambuco, mandarino, mela, pera e un tocco speziato di zenzero e pepe bianco. Al palato, il sorso è teso, diretto e con una vibrante acidità sostenuta da una notevole parte sapida e un tannino levigato.

Il packaging è un altro punto forte: bottiglia in vetro riciclato al 100%, etichetta ridotta al minimo, tappo in plastica riciclata recuperata dagli oceani. Tutto parla di sostenibilità e attenzione al futuro.

E anche se la normativa italiana non permette ancora di inserire i PIWI nelle denominazioni di origine, Manifesto va avanti per la sua strada. Perché, come dice Camilla Cocci Grifoni, “è un progetto totale, una risposta concreta al cambiamento climatico”. Perfetto con piatti orientali, sushi, crudi di pesce o ricette speziate, Manifesto è un vino che invita a superare i pregiudizi e ad aprirsi a una nuova idea di viticoltura.

Walter Gaetani

PIWI live: la vendemmia a 1000 metri di johanniter, il vitigno resistente

Da un po’ noi di Vinocondiviso non parlavamo di vitigni PIWI, ma il nostro interesse per loro resta sempre alto, tanto da seguire – purtroppo stavolta non “sul campo” – la vendemmia della varietà resistente johanniter, presso l’azienda VindelaNeu di Nicola Biasi.

Sabato 19 ottobre, a 1.000 metri, nella Val di Non, in una zona in cui si alternano boschi e meleti, Nicola ha vendemmiato il suo vigneto di circa 1.000 metri quadrati, piantato nel 2002. Come in molte parti d’Italia quest’anno la vendemmia è stata posticipata di una settimana rispetto al 2018, con rese leggermente inferiori, spiccata acidità e una qualità che si preannuncia molto buona.

Due particolarità: è stato effettuato un solo trattamento in vigna contro la peronospora e i grappoli hanno passato, come sempre, parecchie notti ad una temperatura vicina allo zero prima di essere raccolti.
Ora il mosto sta fermentando, poi passerà un anno in botti da 225 litri di rovere francese (50% nuove e 50% usate) e un ulteriore anno di affinamento in bottiglia.

Per adesso godiamoci il 2017 🙂

Alessandra Gianelli
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PIWI: eleganti, piacevoli, sostenibili

All’Ombra del Borgo, evento organizzato da Vinoway e Pro Loco Zumellese lo scorso weekend a Mel, nel cuore delle colline bellunesi, è stata dedicata una masterclass sui vitigni PIWI e una degustazione di vini ottenuti da queste varietà.

Noi di Vinocondiviso abbiamo parlato spesso di questi vitigni resistenti alle principali malattie fungine (PIWI è l’acronimo in tedesco) e continueremo a farlo. Speriamo soprattutto di poter proseguire a sottolinearne la versatilità e i costanti miglioramenti in termini di piacevolezza, eleganza e capacità di invecchiamento.

Già, perché prima di tutto quello che ci ha colpito di questi vitigni è il fantastico binomio: sostenibilità e qualità.

Nati in Germania, ben si adattano ai climi più freschi dell’alta collina e non a caso li troviamo principalmente in Alto Adige. Ma da alcuni anni i Vivai Rauscedo stanno dedicandosi alla selezione di vitigni resistenti che possano essere coltivati anche in zone più calde.

I vini in assaggio

Durante la masterclass abbiamo iniziato da due metodi charmat da Solaris (aziende Croda Rossa e Dorgnan) per arrivare al passito di Bronner di Werner Morandell di Lieselehof, passando per l’orange wine di Alessandro Sala di Nove Lune e assaggiando i due rossi di Terre di Ger.

Julian Morandell con il suo passito Sweet Claire

La grande sorpresa è stato Filippo de Martin, un ettaro di vigna tra Solaris e Bronner, 3.000 bottiglie, due etichette. Alla domanda, qualche giorno dopo, su Messenger: “PIWI, perché?” la risposta è stata quasi ovvia: “Perché mi permettono di esser super biologico e di produrre vino buono”. Vinificazione il meno invasiva possibile, macerazioni a freddo, uso di lieviti neutri in modo da preservare il più possibile le caratteristiche organolettiche del vitigno, utilizzo di solfiti limitato alla pressatura e al pre imbottigliamento in dosi minime.

Stiamo degustando le sue prime bottiglie, ma c’è grande “stoffa”, sia nel suo Bronner (con un saldo di Solaris… “perché dovevo riempire la vasca”) che nel suo Solaris in purezza, che a noi di Vinocondiviso ha ricordato il Vino del Passo di Lieselehof, il primo PIWI mai assaggiato, quello che non scorderai mai, ottenuto da una vigna a 1.250 m sul passo della Mendola, in Alto Adige.

Last but not least, non possiamo non citare il Vin de la Neu, di Nicola Biasi, 1.000 metri di vigna a 1.000 metri di altezza, 100% Johanniter, un anno di affinamento in barrique e un ulteriore anno in bottiglia. C’è eleganza in tutto: nei profumi, nel grande equilibrio tra acidità e morbidezza, nella sua persistenza in bocca, nell’etichetta (che riprende le vette di montagna trentine) fino al tappo, dov’è riprodotto un fiocco di neve. Vi ritroviamo il fascino dei vini di montagna e l’abbagliante luce della neve.

Vin de la Neu

P.S.: vale sempre la pena sottolineare come i vitigni PIWI non sono OGM! Sono incroci, come Kerner, il Muller Thurgau, Incrocio Manzoni… Per ulteriori approfondimenti consigliamo di partire da questo link.

Alessandra Gianelli
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