Chavignol rosé, l’opera d’arte di Pascal Cotat

Pur amando i vini rosé – soprattutto in questa stagione – è molto raro che in una degustazione tra appassionati un vino rosa si imponga come il miglior vino della serata svettando tra le altre bottiglie presenti. È d’obbligo dunque condividere questo evento più unico che raro capitato ad una recente degustazione tra amici grazie allo splendido Chavignol Rosé Lot 2013 di Pascal Cotat.

Abbiamo già parlato in passato di Pascal Cotat, soprattutto dei suoi ottimi Sancerre (ad esempio in questo post, non censurandoci peraltro quando non ci è piaciuto).
Ti raccontiamo dunque di questo grande pinot nero vinificato in rosa da un piccolo appezzamento piuttosto datato (l’età media delle vigne è di 50 anni). Ci troviamo a Chavignol, villaggio non distante da Sancerre, dove ha sede il garage di Pascal Cotat. Parliamo di garage non solo per le dimensioni mignon dell’azienda e l’ultra artigianalità di approccio, ma anche perché il domaine condivide gli spazi con l’autofficina di famiglia!

La ricetta è tutto sommato semplice: cura maniacale delle vigne, conduzione non certificata ma di fatto biologica, in cantina fermentazioni spontanee e affinamento in vecchie botti da 600 litri. Vini che richiedono qualche anno di invecchiamento per essere apprezzati appieno e che anzi dopo paziente attesa, come in questo caso, possono letteralmente sbocciare.

Chavignol Rosé Lot 2013 – Pascal Cotat

Si presenta con un bel rosa chiaro luminoso e vivace. Il primo naso è di grande impatto, tra i fruttini rossi è il ribes a farla da padrone, ma poi anche note più complesse splendidamente evolute di liquirizia, spezie, mineralità bianca. Con il passare dei minuti il vino tende sempre più ad assomigliare, dal punto di vista olfattivo, ad un bianco di Sancerre, con “dissetanti” note agrumate di mandarino e pompelmo rosa.

Al sorso vi è un’evoluzione del tutto coerente con quanto sentito al naso, ovvero un primo ingresso dolcemente fruttato che poi va a rinfrescarsi grazie ad una acidità ficcante e pulente. La progressione è soave ed elegante, eppure continua ed inesorabile, fino ad una chiusura su note di pompelmo (ma senza l’amaro di quest’ultimo!), soffice e lunghissima su ritorni salini.

Plus: quando i vini rosé, come in questo caso, hanno capacità di evoluzione nel tempo uniscono complessità, eleganza e stratificazione senza alcun complesso di inferiorità verso altre tipologie di vino.

Diego Mutarelli
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Sancerre Les Monts Damnès: non chiamatelo sauvignon

Qualche tempo fa avevo assaggiato un Sancerre di Pascal Cotat che non mi era proprio piaciuto e, come mia abitudine, non mi ero certo autocensurato…te ne avevo parlato piuttosto dettagliatamente. Con piacere dunque oggi ti racconto di un altro Sancerre di Pascal Cotat che mi ha fatto fare pace con il produttore!

Sancerre "Les Monts Damnès" 2012 - Pascal Cotat
Sancerre “Les Monts Damnès” 2012 – Pascal Cotat

Sancerre “Les Monts Damnès” 2012 – Pascal Cotat

Il colore è giallo paglierino con riflessi verdolini di una bellissima luminosità.

Ti invita ad annusarlo per carpirne i profumi: cedro, pompelmo, clorofilla e felce…poi una mineralità chiara netta ma fine, un tocco di canfora.

La bocca è coerente, l’acidità sollecita la lingua e riempie il cavo orale con carattere ma equilibrio. La materia del vino supporta l’acidità grazie ad un sorso stratificato e saporito: l’agrume giallo è netto e richiama quanto pregustato al naso. La sapidità in chiusura tende persino al piccante.

Vino di ottima lunghezza e personalità che però si snoda con eleganza e rigore.

91

Plus: stupefacente cosa è riuscito ad ottenere Cotat in quest’annata piuttosto calda. Grande vino da assaggiare e riassaggiare per capire la differenza tra un qualsiasi sauvignon blanc ed un Sancerre! 🙂

Diego Mutarelli
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Borgogna, Loira e qualche outsider. Resoconto di una degustazione tra amici

Sempre istruttive le degustazioni alla cieca tra amici. Di seguito ti racconto le impressioni sulle bottiglie degustate, anzi no, direi bevute!

D.O. Manzanilla Sanlúcar de Barrameda “La Bota 55 de Manzanilla” – Equipo Navazos 

Ci troviamo in Andalusia ed il vino è ottenuto dal vitigno Palomino fino. Tutti i dettagli e la storia di questa mitica azienda li trovi sul sito di Equipo Navazos. Il vino al naso è di un’intensità fuori scala: mandorla, mallo di noce, mare e sale. La bocca è salatissima e minerale insieme, ritorni di frutta secca e l’alcol, pur generoso, ad ammorbidire appena il sorso che resta molto secco. Deve piacere il genere, diciamo così, ma il vino è affascinante e si accompagna bene al nostro aperitivo fatto di olive greche, formaggio di capra fresco e acciughe.

Champagne Brut v.v. de chardonnay 1998 – Pierre Gimonnet

Lo Champagne non mi ha entusiasmato. L’ho trovato leggermente stanco e un po’ in deficit di energia come se l’evoluzione del vino invece che dargli complessità lo avesse svuotato.

Sancerre “Clos La Néore”  2008 – Edmond Vatan

Agrumi, vegetale elegante (piselli), lamponi, leggero zucchero a velo. Bocca di grande acidità e sapidità a dettare il sorso che però non risulta armonico: rapido nello sviluppo e con alcol poco integrato. Mi rendo conto che forse la mia descrizione, molto severa, non rende giustizia al vino che aveva una sua piacevolezza, ma onestamente mi aspettavo di più da questo produttore che in passato mi ha abituato molto bene…

Meursault “Meix Chavaux” 2010 – Domaine Roulot

Le aspettative in questo caso sono confermate: il vino parte sulla polvere da sparo elegante ma molto intensa, poi però arrivano gli agrumi e la nocciola, il tutto avvolto da una mineralità di roccia spaccata molto intrigante. La bocca è, in ingresso, citrina. L’acidità è ficcante ed il sorso, pur decisamente verticale, lascia il cavo orale soddisfatto da sapore e “piccantezza”. Vogliamo trovare il pelo nell’uovo? Una tipologia di vini forse un po’ prevedibili nella loro perfezione. Ma è un “happy problem”.

COF Friulano “Galea” 2010 – i Clivi

Alla cieca siamo andati in giro per l’Europa senza localizzare il vino nei Colli Orientali del Friuli. Il tocai friulano, quando è fatto con maestria, disorienta non poco: bella mineralità, vegetale appena accennato, un tocco di miele, naso non così ampio ma posato. Bocca dritta, alcol gestito molto bene, manca forse un po’ di articolazione nel sorso che ha un profilo piuttosto “algido”. Interessante.

Gevrey-Chambertin v.v. 2010 – Rossignol-Trapet

Naso molto riconoscibile, siamo in Borgogna nella patria del pinot nero: cassis, incenso, agrumi, un tocco di boisé. Bocca molto salata e ficcante, il tocco dolce del legno per questo non risulta stucchevole, bella progressione. Buono.

Chambertin grand cru 2006 – Jean-Claude Belland

Probabilmente il vino della serata. Olfatto piuttosto “scuro” in un primo momento con un tocco di evoluzione a fornire un quid di fascino in più: corteccia, arancia amara, lamponi stramaturi, note ematiche, sale, una nota speziata che mi ricorda il pepe verde…bocca succosa, di grande equilibrio, persistenza molto buona. Grande personalità per un vino che non esiste più; Belland ha infatti smesso di vinificare.

Coteaux Champenois Vertus Rouge 2012 – Larmandier-Bernier

Spesso i pinot noir vinificati in rosso in Champagne sorprendono in positivo. Non così in questo caso, probabilmente a causa di un’annata non facile. Naso marino, di cola, agrumi e fragola ma la bocca è completamente squilibrata sull’acidità che tronca il sorso. Da riprovare in altra annata.

Nuits-Saints-Georges “Les Pruliers” 1er cru 2010 – Robert Chevillon

Vino intrigante con note selvatiche e agrumi, una bella affumicatura e sotto bosco, bocca essenziale e giocata su un’acidità ben presente, la chiusura è sapida. Avrei preferito un po’ di materia in più ma vino complessivamente piacevole.

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