Non ci siamo proprio! Da un artigiano del vino, mito di Francia, o meglio di Loira, ti aspetti un sauvignon blanc che ti faccia dimenticare le versioni italiche quasi sempre vegetali e accompagnate da sentori di pipì di gatto o bosso che dir si voglia. D’altra parte assaggiato innumerevoli volte, soprattutto il Monts Damnés (anche di altri produttori), il vino lo ricordo minerale ed agrumato (mandarino e pompelmo rosa!) di un’eleganza esemplare. Ed invece oggi devo stroncare il Sancerre Grande Côte 2011 – Pascal Cotat, ottenuto in questa vendemmia non facile da 1 ettaro di un ripido vigneto di 60 anni esposto a nord.
L’olfatto è invaso da sentori poco aggraziati di mou, burro e altre grassezze e dolcezze assortite. Cerco invano l’agrume, i fiori e frutti bianchi che ricordavo e che sono, evidentemente, completamente sovrastati. Neppure una nota linfatica ad alleggerire il quadro.
La bocca è decisamente poco coerente con quanto sentito al naso e si presenta prepotentemente acida e limonosa ma senza grazia né profondità. In chiusura torna, a sorpresa, la dolcezza.
78/100
In conclusione, se vuoi provare un grande Sancerre, cerca pure Pascal Cotat ma non in questa annata e, di preferenza, scegli il Monts Damnés.
2 pensieri su “Stroncatura: Pascal Cotat, tu quoque?”