L’Abruzzo fa sistema al Vinitaly 2025

Trebbiano 1986

E’ da qualche tempo che notiamo come i vini di Abruzzo si stiano sempre più ritagliando uno spazio di maggior visibilità nell’affollato e competitivo mercato del vino. Non si tratta solamente di qualche exploit di singoli produttori (le punte di diamante non sono mai mancate!), ma di un vero e proprio ecosistema che cresce all’unisono puntando sul territorio, sulle denominazioni di origine e sui grandi vitigni autoctoni della regione.

i vini in degustazione

Queste considerazioni sono state ulteriormente rafforzate e avvalorate a seguito del Vinitaly 2025 grazie ad una notevole masterclass organizzata dal Consorzio Tutela Vini d’Abruzzo a cui abbiamo avuto modo di partecipare e che naturalmente, come da missione del blog, condividiamo! Si noterà come i “produttori faro” della regione, Valentini e Emidio Pepe, abbiano generosamente messo a disposizione del Consorzio (per un evento collettivo dunque e non per un’autocelebrazione) etichette del loro archivio storico di difficilissima reperibilità.

Trebbiano d’Abruzzo 1986 – Valentini, azienda che non ha bisogno di presentazioni e che è da decenni nell’élite del vino mondiale. Il Trebbiano d’Abruzzo di Valentini è un vino iconico e dalla longevità straordinaria. Consideriamo un vero e proprio privilegio aver potuto assaggiare questo 1986 che a quasi 40 anni dalla vendemmia lascia stupefatti. Il colore è un giallo oro integro e luminoso. L’olfatto è valentiniano fino al midollo: caffè verde e cereali, pâté di fegato e fiori di campo, fieno, liquirizia, pepe bianco, ferro… Sorso fresco ed energico, elegante ma non certo domo, un vino che ha dinamica, allungo e stratificazione. Da bere ora e ancora per qualche decennio!

Trebbiano 1986

Pecorino “Giocheremo con i Fiori” 2017 – Torre dei Beati, 100% pecorino in quel di Loreto Aprutino (PE), solo acciaio, per un vino che vuole esaltare le caratteristiche di questo vitigno senza forzature di sorta. Annata non recentissima (attualmente è in commercio il millesimo 2023) ed in ottima forma, si muove su note agrumate e floreali, di olive verdi e fieno con un tocco di piacevole dolcezza che ricorda lo zucchero a velo. Bocca sapidissima e di grande persistenza, schietto ed elegante.

Pecorino Colli Aprutini “Cortalto” 2016 – Cerulli Spinozzi, ci troviamo in provincia di Teramo e anche in questo caso il pecorino che abbiamo nel calice ha qualche anno sulle spalle. Vino integro con un naso intenso di agrumi e oliva verde, un tocco di cera e qualche sbuffo etereo accompagnato da una nota mielata. Il sorso è morbido e carezzevole, piacevolmente risolto ma ancora vivace e sapido in chiusura.

Cerasuolo d’Abruzzo “Cerano” 2024 – Pietrantonj, l’azienda esiste da due secoli e si trova a Vittorito, in provincia dell’Aquila. Il Cerasuolo che abbiamo nel calice si presenta con un bel fruttato di ciliegia e fragoline, lineare e semplice nello sviluppo, fresco e di ottima beva. Chiude dolce di frutto senza alcuna mollezza però. Il prezzo quello sì è dolce, circa 10 € ben spesi!

Cerasuolo d’Abruzzo “Fossimatto” 2023 – Fontefico, l’azienda di Vasto (CH) presenta un cerasuolo paradigmatico fin dal colore fieramente intenso. Olfatto divertente di fragoline ma anche finocchietto, liquirizia e pepe rosa. Sorso di impatto e carattere, il vino è stratificato e ampio, di volume e allungo. Chiude su note di frutta rossa e sale.

Montepulciano d’Abruzzo 2001 – Emidio Pepe, altro produttore che non ha bisogno di presentazioni e che ha sempre pensato che il tempo fosse il miglior alleato del Montepulciano di Abruzzo (e del Trebbiano). L’azienda ha uno storico di oltre 350.000 bottiglie, che immette regolarmente sul mercato anche a diversi lustri dall’imbottigliamento. Il vino che abbiamo assaggiato, un 2001, porta il naso sulle montagne russe: prugna, rose macerate, cuoio, cioccolato fondente, chiodi di garofano… impatto gustativo fruttato (amarena), tannino giustamente croccante, sviluppo denso e dinamico, sapido e lungo in chiusura. Un vino orgogliosamente contadino nella concezione e aristocratico nel risultato.

Montepulciano d'Abruzzo

Montepulciano d’Abruzzo “Docheio” 2021 – La Valentina, ci troviamo in provincia di Pescara per un Montepulciano d’Abruzzo originale, a partire dalla scelta di fermentare parte delle uve con i raspi in orci di terracotta. Ne risulta un vino che sa di cioccolatino all’amarena, ampio e materico, dolce nel sorso e dal tannino carezzevole.

Montepulciano d'Abruzzo La Valentina

Montepulciano d’Abruzzo Riserva “Iskra” 2011 – Masciarelli, anche questo Montepulciano si presenta materico e denso con richiami di cioccolato, prugna, chiodi di garofano su un fondo balsamico. Lungo in chiusura con un tannino ancora ben presente che dona grip e sapore.

Montepulciano Iskra Masciarelli

Diego Mutarelli
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I più premiati fra i premiati

La rivista Civiltà del Bere, che quest’anno festeggia un importante anniversario, cinquanta anni di attività, annualmente estrapola dalle sei guide enologiche italiane (Vitae di AIS, Slow Wine, Doctor Wine, Bibenda, Veronelli e Gambero Rosso) i vini premiati che le accomunano; non stupiamoci se ogni anno ritroviamo vini blasonati, iconici, vini che hanno fatto la storia del vino italiano e ancora non smettono di farla, anche fuori dai confini nazionali.
Come ogni anno Civiltà del Bere ha organizzato a Milano una degustazione dal titolo “Simply the best” in cui erano presenti cantine pluripremiate dalle Guide e, non meno importante, dal cliente finale; parallelamente a questo evento, tenutosi il 25 marzo scorso, presso il Museo della Scienza e della Tecnologia, si sono organizzate due masterclass, condotte dal responsabile della rivista, Alessandro Torcoli, con protagonisti i 10 vini più premiati…fra i premiati.

Noi di Vinocondiviso abbiamo scelto di partecipare alla prima masterclass, ecco i cinque vini che abbiamo assaggiato:

  1. Valentini – Trebbiano d’Abruzzo DOC 2019; quando si parla di vini bianchi italiani destinati all’invecchiamento, il Trebbiano d’Abruzzo non è nei primi della lista, tranne che se affiancato dal cognome Valentini: qui si gioca un campionato a parte e anche fuori confine italico. Il vino assaggiato si presenta con un impatto aromatico intenso e complesso (fiori gialli di campo, cedro, mango, pinoli, cera d’api ) e un finale di bocca salmastro e lunghissimo; un vino che presenta ancora qualche spigolatura dovuta alla gioventù ma già di grande equilibrio e struttura.
  2. Tenuta San Guido – Sassicaia, Bolgheri Sassicaia DOC 2020; anno dopo anno (e ne sono passati più di sessanta, dal primo vino in commercio) le classiche note bordolesi risultano perfettamente integrate nella zona di Bolgheri, regalando balsamicità, eleganza, piacevolezza, finezza. Un vino che resta nell’Olimpo senza alcun indugio.
  3. Col d’Orcia – Poggio al Vento, Brunello di Montalcino Riserva DOCG 2016; da una singola vigna, da cui prende il nome, figlia di una scrupolosissima selezione massale, iniziata cinquanta anni fa Poggio al Vento viene prodotto sin dal 1982. Qui il tannino, rispetto al precedente assaggio, è assai più vigoroso ed energico, mentre le note aromatiche sono così numerose da rendere il vino un piccolo manualetto olfattivo: ribes, viola, foglia di tabacco, radice di zenzero, pepe nero, erbe aromatiche essiccate, olive nere, caramella all’eucalipto.
  4. Bertani – Amarone della Valpolicella Classico DOCG 2013; il terzo vino rosso in degustazione presenta a differenza dei primi due un colore rubino che già vira sul granato, con i suoi 96 mesi di affinamento in legno e una lunghissima sosta in bottiglia. Grande opulenza al naso (pot-pourri, ciliegia sotto spirito, curcuma, cioccolatino after-eight, liquerizia, funghi secchi) e altrettanta, se non maggiore, morbidezza e rotondità in bocca.
  5. Letrari – 976 Riserva del Fondatore, Trento DOC Riserva Brut 2012; si conclude con un metodo classico della cantina Letrari prodotto solo in annate particolarmente favorevoli, in questo caso il millesimo 2012, un anno dalla sboccatura, quindi 120 mesi sui lieviti, da un blend paritario di pinot nero e chardonnay. Lo spumante mantiene una discreta effervescenza alla vista, insieme alle classiche note di pasticceria, frutta gialla, mandorla, burro, erbe aromatiche ma, quello che sicuramente sorprende, è la grandissima freschezza che troviamo in bocca: un finale azzeccato per brindare all’altissima qualità dei vini premiati.

Alessandra Gianelli
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La riscossa del Montepulciano d’Abruzzo

Montepulciano in degustazione

Il Montepulciano è un vitigno di antica fama che confluisce in moltissime denominazioni dell’Italia centro meridionale. Il suo carattere rustico, animalesco, spesso ricco al limite del barocco non lo rende certo un vino attraente per i giovani winelovers, alla ricerca di vini dal profilo più longilineo e con verve acida particolarmente pronunciata.

Nonostante ciò il Montepulciano – soprattutto in Abruzzo, la sua terra d’elezione – ha molti estimatori, in particolare all’estero dove le bottiglie di Valentini, Pepe e Masciarelli hanno quotazioni di tutto rispetto.

E’ quindi con curiosità che ho deciso di partecipare ad una degustazione dedicata al Montepulciano d’Abruzzo organizzata da WineTip.

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Ecco i vini in assaggio alla cieca:

Montepulciano d’Abruzzo “Vinosophia” 2016 – Chiusa Grande

Azienda agricola biologica sita in provincia di Pescara che può contare su un parco vigne di 50 ettari. Al naso il vino si presenta con un bel frutto rosso, seguito da note floreali di viola, creta ed un cenno balsamico. La bocca è sorprendentemente agile per la tipologia ma non certo magra. Alcol ben gestito, tannino soffice e retrolfatto di frutta fresca. Di media lunghezza. All’insegna della facilità di beva senza banalizzazioni.

Montepulciano d’Abruzzo 2014 – Emidio Pepe

Olfatto di grande personalità, senza paura di “graffiare”: animale, frutto nero, spezie (chiodo di garofano), cacao, fiori rossi e carnosi. Il sorso è di ottima freschezza e medio peso, il vino ha una sua dinamica e ottima piacevolezza di beva, grande sapore e sapida profondità. Chiusura piuttosto lunga con un’alcol che veicola ritorni fruttati. Sanguigno e di personalità.

Montepulciano d’Abruzzo Riserva 2012 – Di Sipio

Il vino si presenta meno immediato con le note varietali conciate dal connubio con il legno: confettura di amarena, vernice, cocco, caramella. Le sensazioni dolci percepite al naso si ritrovano coerenti anche in ingresso di bocca che purtroppo, a mio gusto, non ha una dinamica così interessante, arrivando rapidamente ad un finale di cioccolatino all’amarena. Vino che personalmente non mi ha del tutto convinto ma che ha riscosso un certo successo tra gli altri degustatori. Senza vie di mezzo.

Montepulciano d’Abruzzo 2012 – Valentini 

Un vino che si staglia immediatamente rispetto ai suoi compagni: personalità ed eleganza, carattere ed armonia, sole e terra. Olfatto di mineralità scura, prugna, erbe aromatiche (timo), un tocco animale, cerino spento, tabacco, cacao, salamoia, spezie…
La bocca in ingresso presenta una leggerissima carbonica che sparisce dopo pochi minuti disvelando una progressione soave di grande equilibrio con un tannino fitto ma in filigrana alla materia del vino. Sapidissima e lunga la chiusura. Vino da invecchiamento ma ben godibile anche ora. Ammaliante.

Montepulciano d’Abruzzo San Martino Marina Cvetić 1999 – Masciarelli

Vino integro e ben saldo. Al naso parte balsamico, poi note di finocchietto selvatico, vaniglia, tabacco biondo, olive nere…bocca fresca con tannino ancora croccante. Non così stratificato al sorso anche se espressivo e decisamente lungo. Indomito.

In conclusione che dire? Il Montepulciano d’Abruzzo è un vino di muscoli certo, ma anche di personalità. Compagno ideale in tavola, adatto soprattutto alla cucina dei freddi mesi invernali.

Insomma, stappalo subito, prima della fine dell’inverno!

E raccontami nei commenti quale Montepulciano d’Abruzzo avevi in cantina ed hai aperto per l’occasione.

I vini dell’isola che c’è (per fortuna)!

La settimana di Ferragosto a Milano può essere deprimente…ma per fortuna c’è un’isola che mi ha accolto. Ti sto parlando naturalmente di Cantine Isola, la nota enoteca di Milano, che è rimasta aperta in agosto e dove mi sono potuto “dissetare”.

Come sempre quando mi capita di andarci ne approfitto per bere un bicchiere di una zona o produttore meno conosciuti ed un calice di qualcosa di più aderente e confortante per il mio gusto. Insomma cerco di far convivere il piacere della scoperta (ricco però di insidie e delusioni) con l’edonismo del bicchiere che sai già che ti dovrebbe piacere!

Alsace Pinot Gris Cuvée Justin 2015 – Maurice Schoech

Alsace Pinot Gris Cuvée Justin 2015 - Maurice Schoech
Alsace Pinot Gris Cuvée Justin 2015 – Maurice Schoech

Domaine Schoech è un produttore bio alsaziano sito in Ammerschwihr, poco a nord di Colmar. Il vino in questione è un pinot gris proveniente da una parcella del lieu-dit Sonnenberg.

L’uva ben matura viene fatta fermentare in barrique dove vi affina 9 mesi.

Il vino che ne risulta è giallo paglierino con riflessi dorati, un olfatto piuttosto articolato di pesca gialla, rose fresche, scorza di agrumi, cardamomo. L’ingresso in bocca è ampio, di gran volume, con una grassezza piuttosto pronunciata. La dinamica segue comunque uno sviluppo ben articolato, il sorso si distende ed approfondisce grazie ad un’acidità presente che si percepisce però solo in chiusura di bocca dove trova il supporto di una sapidità ben presente che dà sapore e vivacità. La persistenza è notevole in chiusura anche se veicolata da un’alcol che pizzica un po’ in fin di bocca.

84/100

Trebbiano d’Abruzzo 2011 – Valentini

Valentini 2011Colpevolmente non avevo ancora mai bevuto questo millesimo. L’annata 2011 uscì prima della 2010 che abbisognava ancora di affinamento. Delle annate recenti ho bevuto più volte le straordinarie 2010 e 2013 convincendomi – anche leggendo altri pareri più o meno autorevoli – che la 2011 fosse in qualche modo “dimenticabile”. Ed invece…grande sorpresa: sarà che il tempo è galantuomo, sarà che ho un debole per il Trebbiano del Maestro, ma a me questo vino ha emozionato.

Il colore è quello in foto, il naso è unico e ben riconoscibile: fieno, cereali, caffè verde, paté di fegato, scorza di limone, fiori di campo… La bocca è quella di un grandissimo vino che va però ascoltato con attenzione, il sorso si propone sussurrato senza alcun bisogno di mostrare muscoli o effetti speciali: sottile in ingresso, ficcante, acquisisce “peso” e volume solo nella progressione…il corpo complessivo non è in realtà così esile come l’ingresso in bocca suggeriva, l’acidità è integrata in filigrana al vino senza essere sferzante ma il suo lavoro lo fa benissimo innescando un allungo profondissimo. Il retrolfatto è agrumato e costellato da spezie in formazione, per un vino che durerà a lungo. La persistenza è prodigiosa e salatissima.

92

Loreto Aprutino ha un nuovo punto fermo: De Fermo

C’è un nuovo grande produttore in quel terroir straordinario di Loreto Aprutino. Non bastavano Valentini e Torre dei Beati agli appassionati dei vitigni abruzzesi evidentemente!

Approfittando delle vacanze pasquali ho avuto l’occasione di visitare l’azienda agricola De Fermo che si dedica all’agricoltura, e non solo alla viticoltura, dal 1785. Ma, in Contrada Cordano, frazione di Loreto Aprutino dove si trova l’azienda, l’olivicoltura e la viticoltura sono documentante addirittura dal IX secolo.

De Fermo: vigne
De Fermo: vigne

La vigna è tutta a spalliera e occupa poco meno di 17 ettari ad un’altitudine di 280-320 metri slm.

Mi ha accolto in azienda Stefano Papetti Ceroni che, con la moglie Eloisa, conduce brillantemente l’azienda che solo in tempi recenti (dall’annata 2010) ha deciso di imbottigliare i propri vini.

La filosofia De Fermo si basa sull’ascolto dell’ecosistema in cui è  immersa, la scelta biologica e biodinamica è stata quindi naturale ma non ostentata né, tanto meno, riportata in etichetta. La cantina si muove di conseguenza: fermentazioni spontanee e lieviti autoctoni, nessun controllo delle temperature, banditi batteri o enzimi. Nessuna chiarifica, stabilizzazione o filtrazione. In azienda non c’è nessun contenitore di affinamento in acciaio, solo cemento e legno (botti e tonneaux).

Circa 40.000 le bottiglie prodotte da uve montepulciano, pecorino e chardonnay (clone presente in azienda da inizio ‘900).

Ho assaggiato da botte il Cerasuolo d’Abruzzo “Le Cince” 2016 fresco e delicato, profumatissimo di fragoline e rose, di grande eleganza e sapidità in bocca. Vino da merenda o da tavola gourmet, versatile e beverino ma assolutamente da prendere sul serio. Un rosè senza alcun complesso di inferiorità. Il vino è ottenuto – naturalmente – da montepulciano e fermenta in legno e cemento affinando 8-10 mesi in botti grandi.

Secondo assaggio, sempre pre-imbottigliamento, con il Montepulciano d’Abruzzo “Concrete” 2016. Un montepulciano che, a partire dalla rapida fermentazione a grappoli interi (alla maniera di quanto si fa a Morgon e dintorni) vuole essere più agile ed immediato del classico montepulciano dalle “spalle larghe” (che pure è in gamma, si chiama Prologo): il tentativo riesce, il Concrete – così chiamato perché fermenta e affina solo in cemento – è un montepulciano floreale e fruttato senza eccessi tannici né note di surmaturazione.

Rimani in contatto…ho preso qualche bottiglia da degustare e di cui relazionerò a breve su questi schermi!