Vinocondiviso è affezionato al Carso ed ai suoi splendidi vini. Ti ho parlato più volte di vitovska, di malvasia istriana e di Carso più in generale. È dunque con estremo piacere che pochi giorni fa mi sono recato all’enoteca Enoclub Malfassi di Milano per riassaggiare i vini di Zidarich, alla presenza del produttore.
La serata è stata molto piacevole tra conferme (i vini bianchi da vitovska e malvasia istriana) e vere e proprie rivelazioni (il terrano ed il suo potenziale di invecchiamento).
Degustazione Zidarich a Milano
I vini:
Vitovska 2015
Colore giallo paglierino con riflessi dorati, la macerazione della vitovska non fa virare il liquido sui toni orange ed il profumo rimane estremamente elegante: lavanda, fieno, albicocca e pesca fresche, mineralità bianca. La bocca risulta scorrevole e di una certa morbidezza; manca forse un guizzo di acidità a ravvivare il sorso che però è ben bilanciato dai ritorni sapidi in chiusura (decisamente marina). 85
Vitovska “Kamen” 2015 (da magnum)
La fermentazione e macerazione (18 giorni) delle uve di vitovska avviene in tini di pietra del Carso, l’ulteriore affinamento in botti di rovere. Il naso è più ricco del campione precedente, ma resta decisamente equilibrato e fine: roccia, violetta, pesca gialla, cardamomo e… un tocco di alghe.
La bocca ha una materia fitta, sapida e – grazie ad un’acidità vivace – succosa. Molto lunga e profonda la chiusura caratterizzata da retrogusto di sale e uva.
Un vino giocato sull’eleganza e l’armonia ma senza perdere di intensità. 89
Malvasia 2015
Naso molto espressivo di fiori freschi, frutta gialla (nespola, pesca), uva sultanina e scorza di agrumi.
Bocca di buon volume, l’acidità lavora bene a compensare la materia e dare profondità al sorso. L’elegante tannino che si percepisce in chiusura dà grip. Finale leggermente amaricante di media lunghezza. 87
Terrano 2015
Rosso rubino con riflessi porpora che ne svelano la gioventù. Il vino ha un naso molto piacevole di fiori rossi, susina, china, violetta, chicco di caffè ed ancora more, mirtilli, corteccia. L’acidità è poderosa ma ben integrata e lascia il cavo orale succoso. Dopo la deglutizione la bocca resta salata ed il tannino, fine, dà sapore. Un vino se vogliamo semplice ma goloso nella sua immediata piacevolezza. 87+
Terrano 2007
Questo terrano si svela ancora vitale a 11 anni dalla vendemmia. Il tempo gli ha donato un tocco fané molto intrigante. Al naso sottobosco, fiori appassiti, prugna, cioccolato fondente ma senza arrendevolezza. Il vino infatti nel cavo orale si muove con una grande dinamica, ottimo volume ed intensità. L’acidità sostiene ed accompagna il sorso, il tannino dà spessore e sapore. La chiusura è caratterizzata da tannino ancora croccante e sapidità marina elettrizzante. Molto lungo su ritorni elegantemente floreali. 90
Anche quest’anno l’AIS Milano ha organizzato l’anteprima della bella manifestazione “Mare e Vitovska” che si terrà a Duino (TS) il 30 giugno e 1 luglio 2017.
Non potevo mancare, vista la bella esperienza dello scorso anno.
Mare e Vitovska: produttori del Carso all’evento AIS Milano
Per gli approfondimenti sul Carso e la Vitovska ti rimando a quanto scrivevo lo scorso anno. Mi sembra invece più interessante passare in rassegna i numerosi vini assaggiati alla presenza dei produttori italiani e sloveni.
Carso: i vini in degustazione
La degustazione
Vitovska 2015 – Grgic
Vino ottenuto da macerazione a freddo e affinamento in acciaio. Al naso non così espressivo ma si riconoscono aromi di mela, erbe aromatiche, fiori bianchi, albicocca acerba. Il vino in bocca non è così articolato come era lecito aspettarsi, un po’ bloccato con solo la sapidità a contrastare un alcol che in chiusura alza un po’ la testa lasciando l’impressione di un vino non del tutto equilibrato.
Non mi ha convinto pienamente.
Vitovska “Majnik” 2016 – Bajta
Vinificato in bianco con piccola parte della massa che affina in legno. Naso molto complesso: fiori gialli, albicocca, fiori di campo, mandarino, clorofilla, leggero tocco di erbe aromatiche…Ingresso in bocca agrumato, l’acidità sostiene la progressione che è piuttosto articolata e lascia la bocca saporita. Leggera tannicità a dare spessore. La chiusura è sapida e di ottima lunghezza.
Vino molto buono, da bere e ribere!
Vitovska “LuNe” 2015 – Milic
Azienda che coltiva la terra (non solo la vite) dal 1489. Il vino in degustazione, ottenuto da una macerazione di 28 giorni e da affinamento complessivo di 2 anni in legno, è giallo topazio trasparente con riflessi di buccia di cipolla. L’olfatto è fine: uva spina, erbe aromatiche, pesca gialla, polline, ginepro…il tutto circondato dall’odore salmastro del mare. Bocca equilibrata, senza strappi, delicata come non ti aspetteresti da un orange wine. Sapidità in retrolfatto e chiusura balsamica di media lunghezza.
Intrigante.
Vitovska 2016 – Zahar
Vino ottenuto da una classica vinificazione in bianco in solo acciaio. Naso semplice ma interessante di frutta non troppo matura (albicocca, pesca) e menta. Bocca abbastanza ampia con alcol contrastato da una bella sapidità marina. Chiusura appena brusca.
Semplice ma vero.
Malvazija 2015 – Tauzher
Siamo in Slovenia e l’azienda alleva, su pochi centimetri di terra rossa e pietra, appena 2 ettari di vigna. Il vino è ottenuto da una macerazione di 5 giorni e si presenta in veste giallo oro con un naso molto accattivante di frutta dolce (pesca, uva spina, albicocca), fiori (gelsomino), erbe aromatiche e un bel tocco minerale. Bocca molto sapida, intensa, leggermente tannica che si sviluppa con grande dinamicità e chiude lunga su ritorni di frutta e sale.
Vino di fascino e “naturalezza”.
Vitovska 2015 – Stemberger
Siamo ancora nel Carso sloveno. Stemberger possiede la più vecchia vigna di refosco del Carso (250 anni) e si estende su 12 ettari. Il vino in degustazione fa 5 giorni di macerazione sulle bucce, un anno e mezzo di tonneaux e, in questa annata, è stato raccolto molto tardi (ottobre). Il naso è giocato sulle erbe aromatiche (rosmarino, salvia, basilico), fiori e albicocca. La bocca è ampia, voluminosa, con un deficit di freschezza e piuttosto rapida nello sviluppo. La chiusura risulta calda.
Da rivedere.
Vitovska 2015 – Čotar
Vino ottenuto con una macerazione sulle bucce di 5 giorni in tini aperti e senza alcun controllo delle temperature. Affinamento poi di un anno e mezzo in botte. Veste tra il topazio e la buccia di cipolla, il naso è speziato (incenso), di erbe aromatiche, floreale (ginestra), roccia, frutta secca e albicocca disidratata. Sorso molto convincente: delicato, equilibrato ma con grande energia. Il tannino dà grip e la chiusura è sapida e di grande persistenza.
Tra le migliori Vitovska del Carso sloveno.
Vitovska Collection 2009 – Zidarich
Beh con questo vino ho avuto il colpo del KO. Zidarich produce da 8 ettari 28.000 bottiglie. Il vino in degustazione esce solo nelle migliori annate a cinque anni dalla vendemmia (4 anni di affinamento in botte grande e 1 in bottiglia). Il colore è ambrato trasparente ed il naso è difficilmente descrivibile per quanto complesso ed “intrecciato”: fiori blu, incenso, frutta gialla (albicocca fresca, pesca), erbe aromatiche, pino, caffè verde, spezie…Lo sviluppo in bocca è “ellittico”: ampiezza e profondità dialogano con dinamicità, leggiadria e autorevolezza. E’ un vino che si impone senza sforzo, ti rapisce con grazia e senza voler strafare, come un fuoriclasse il cui talento è talmente cristallino che non ha bisogno di mostrarlo platealmente.
Tra le migliori Vitovska mai assaggiate.
Ograde 2014 – Skerk
Vino ottenuto dalla macerazione di vitovska, malvasia, sauvignon e pinot grigio. Il colore è quasi rosato, profumatissimo di fragoline, viola, rose, uva spina, spezie. Vino femminile, delicato in bocca, con acidità possente e chiusura elegante.
Dal Carso con grazia.
Malvasia 2003 – Renčel
Torniamo in Slovenia per questa malvasia passita color ambra con riflessi aranciati. Naso di scorza di arancia, uva passa, spezie (curcuma), noce, caramella al rabarbaro, miele di castagno, ginepro. Bocca dal residuo zuccherino molto alto ma per nulla seduta con un’ottima dinamica ravvivata da un tocco di tannino e da una sostenuta sapidità in chiusura.
Oggi ti parlo di due vini che ho assaggiato da poco in una enoteca ben fornita. Avevo voglia di vini bianchi fermi e di personalità, così la mia scelta è ricaduta, non del tutto consapevolmente, su due vini con alcuni importanti punti in comune:
provenienti da zone in cui l’influenza del mare è fondamentale;
ottenuti da uve autoctone delle rispettive zone;
vinificati attraverso macerazione in rosso (e malolattica svolta).
Ebbene, sono capitato molto molto bene, entrambi i bicchieri mi sono piaciuti moltissimo e, a causa del determinante influsso dell’alcol, mi sono ritrovato a canticchiare Mare, Mare di Luca Carboni. 🙂
Vitovska 2014 – Marko Fon
Terre Siciliane Grillo “Integer” 2015 – Marco De Bartoli
Vitovska 2014 – Marko Fon
Marko Fon è un produttore del Carso sloveno che vinifica con passione e rispetto per il territorio. La sua vitovska 2014 si presenta in veste oro di grande luminosità. Naso floreale (magnolia), fieno, nespola, un tocco appena vegetale (tra il muschio e le alghe), roccia. La bocca è severa: secca, verticale, molto profonda e saporitissima. Grande lunghezza in chiusura su ritorni salmastri.
Ti ho già parlato della vitovska, un vitigno che frequento con regolarità e che trova in Marko Fon un’interpretazione decisamente brillante.
Terre Siciliane Grillo “Integer” 2015 – Marco De Bartoli
Marco De Bartoli non ha bisogno di presentazioni, legato com’è alla storia e alla riscoperta del Marsala. Ma tutta la gamma dell’azienda è a livelli eccelsi. Il grillo Integer è un grande vino bianco italiano! Oro antico il colore e naso a coda di pavone: canniccio, mare, battigia, mela renetta, composta di pera, agrumi, iodio, caffè verde… La bocca è molto saporita, larga e profonda insieme, tannini ben presenti per la tipologia e sale furioso.
Vino che ti rapisce e che ti parla di mare.
E’ stato entusiasmante assaggiare due vini così diversi ma accomunati dall’influsso che il mare esercita su di essi, anche a 1300 km di distanza.
In questo blog, come sai, tratto il vino in modo piuttosto diretto e semplice, con la voglia di includere il lettore e farlo partecipare. La finalità è chiara fin dal nome del blog: la condivisione del vino e di tutto ciò che vi ruota intorno.
Spero che il titolo di questo post non scoraggi nessuno ma, dopo aver bevuto la vitovska di Vodopivec e aver visitato un’esposizione dedicata al lavoro dell’artista Emilio Isgrò, non potevo esimermi dall’unire i puntini…ovvero dal mettere in relazione due espressioni culturali solo apparentemente distanti: il vino e l’arte contemporanea.
Isgrò ha innovato il linguaggio artistico soprattutto grazie ad un gesto apparentemente semplice eppure rivoluzionario: la cancellatura. L’artista ha cancellato parole, frasi, testi senza eliminarli ma affogandoli in macchie nere e lasciando emergere dal testo cancellato solo pochi e significativi frammenti.
La cancellatura è distruzione e costruzione insieme, la negazione serve ad affermare un significato altro. L’artista ha così cancellato molti testi tra cui i Promessi Sposi, la Costituzione Italiana, carte geografiche, persino il debito pubblico! E anche se stesso con “Dichiaro di non essere Emilio Isgrò” (1971).
E veniamo ora al vino di Vodopivec. Ci troviamo in Carso, a Sgonico (TS). Il vitigno bianco della zona è la vitovska di cui ti ho parlato anche in altre occasioni (ad esempio qui oppure qui). Il produttore si dedica esclusivamente alla vitovska, oltre 10.000 piante (alberello) per ettaro, sferzate dalla bora. Il vino è ottenuto da una macerazione in rosso, ovvero da una macerazione sulle bucce di ben 6 mesi in anfore di terracotta interrate. Quindi l’affinamento prosegue in botti grandi per due anni. Nessun utilizzo di pratiche enologiche più o meno invasive: Vodopivec ripudia il controllo della temperatura, l’aggiunta di enzimi, di lieviti o di altri stabilizzanti chimico-fisici.
Venezia Giulia IGT Vitovska 2006 – Vodopivec
Venezia Giulia IGT Vitovska 2006 – Vodopivec
Color ambra, al naso subito ti colpiscono sensazioni di roccia spaccata, anzi scoglio, tè bianco, poi è un susseguirsi di timo, scorza di agrumi, cumino, un’eco lontana di uva passa sotto spirito, pinoli e resina…l’olfatto è un ottovolante insomma. Il vino in bocca ha una certa ampiezza, muscoloso ma non grasso, tutta fibra. La progressione è precisa, senza intoppi: le morbidezze gliceriche dialogano con un’acidità veemente ma mai preponderante, integrata perfettamente nel corpo del vino. La sensazione tattile in chiusura è di saporita astringenza, il tannino ti sorprende per “densità” ma non è ruvido, bensì finissimo. La sapidità chiude il cerchio nel retrolfatto marino e boschivo insieme.
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Veniamo ora alle cancellature di Vodopivec. Quali caratteristiche risultano cancellate in questo vino? Parto dalla grassezza: non è un vino grasso, potente e concentrato sì, ma non grasso. E’ un vino privo di sinuose dolcezze ma, non è neppure un vino tutto acidità: l’acidità c’è ed è ben presente ma gioca sottotraccia, non prorompe mai sulla scena, è però l’artefice della progressione del vino. E’ forse un vino minimalista? Ma no! Non è certo un vino “in sottrazione”, semmai in cancellazione. Non è un vino barocco e non è neppure un vino fruttato come certi vini orange: cancellate le sensazioni di albicocca disidratata o frutta esotica… al massimo un po’ di agrumi e un ricordo di uva passa in lontananza. Un vino che cancella anche le sensazioni di ossidazione frequenti in questa tipologia: per contro il sorso si dipana come fosse un infuso e poi chiude – aromaticamente non come calore alcolico – come un grande distillato.
Come promesso nel post di ieri, in cui riassumevo le rivendicazioni del Comitato per il Prosekar, di seguito trovi l’intervista integrale ad Andrej Bole. Andrej è uno dei viticoltori con vigne sul costone carsico. Andrej ed i suoi colleghi che hanno consentito di “mettere in sicurezza” il Prosecco DOC, ma ora vorrebbero produrre il loro Prosekar, come gli era stato promesso.
Prosekar
Vediamo le ragioni del Comitato per il Prosekar.
Domanda:
Buongiorno Andrej e grazie della sua disponibilità. Innanzitutto mi sembra d’obbligo chiedervi quali sono gli obiettivi del vostro Comitato per il Prosekar (che significa Prosecco in sloveno).
Risposta:
Non sono presidente o rappresentante dell’associazione, attualmente sono un viticoltore simpatizzante del Comitato. Vedrò in seguito cosa succederà non appena definiremo le priorità e i compiti del Comitato.
Per quanto concerne gli obiettivi del Comitato, dobbiamo ancora decidere su alcuni punti cruciali e in quest’istante non posso darvi notizie in merito però sulla valorizzazione e promozione della produzione locale siamo tutti d’accordo.
Il nome PROSEKAR non significa Prosecco-Prosek (inteso come nome geografico) bensì “vino di Prosecco”, che in sloveno si dice PROSEKAR e si produce dalle uve delle nostre varietà autoctone bianche d’eccellenza: Glera , Vitovska e Malvasia. In questo modo si esprime il meglio di ogni varietà.
D.:
Voi sostenete che il Prosecco è nato nel Comune di Trieste, nella frazione di Prosecco. In origine tale vino era uno spumante dolce ottenuto da un uvaggio di tre vitigni: vitovska, malvasia e glera. Qual è la documentazione storica a supporto di questa rivendicazione?
R.:
documenti ce ne sono moltissimi:
– nel XVI secolo il vescovo Bonomo delimita la zona di produzione del vino Prosekar che va dal paese di Prosecco (300m sul mare) giù per i pastini (terrazzamenti) fino al mare prosegue sulla costa fino al porticciolo di Santa Croce per risalire fino al paese stesso che si trova sopra il ciglione (250 m.sul mare). Solo in questa porzione del costone il vino prodotto poteva essere chiamato prosekar o qualificato come liquor-vino superiore;
– nel 1689 Janez Vajkard Valvasor scrive nella sua “Gloria del Ducato di Carniola” che nelle vicinaze del paese di Prosecco-Prosek si produce il PROSEKAR di cui dà un giudizio lusinghiero;
– nel 1844 Matija Vertovc, parroco nella valle del Vipacco, scrive la prima viticoltura in lingua slovena “Vinoreja za Slovence”, dove menziona i vigneti del costone triestino, i vini fra i quali il Prosekar, le altre varietà locali;
– nel 1873 il dott. Josip Vosnjak nel suo libro “Umno kletarstvo” (Buona pratica vinicola), destinato ai vignaioli sloveni, riporta una dettagliata descrizione del metodo di produzione;
– agli inizi del Settecento, il predicatore Janez Svetokriški era costretto addirittura a riprendere le donne che si lasciavano andare nel berlo, mettendo in serio pericolo la propria verginità.
Di documenti ce ne sono ancora tanti e vi consiglio di parlare anche con il giornalista-ricercatore Stefano Cosma che nelle sue ricerche ha trovato tanti altri documenti che dimostrano la fama del nostro Prosekar in tutta Europa. (NdR: vedi pag 35. di questo documento pdf).
D.:
Quindi ciò significa che l’estensione della denominazione Prosecco DOC fino ad includere la frazione di Prosecco (TS) non è una semplice furbizia che ci mette al riparo da future rivendicazioni (ricordiamo che l’Unione Europea nell’affaire Tocai friulano vs. Tokaji ungherese ha sancito la prevalenze del luogo di origine sul nome del vitigno) ma ha precise ragioni storiche. Ci sono state delle promesse che il ministro Zaia o altri esponenti dell’allora Governo vi hanno fatto e che non stanno mantenendo? Oppure le vostre rivendicazioni sono nuove?
R.:
Le nostre rivendicazioni non sono nuove e l’allargamento della zona DOP PROSECCO non è furbizia ma necessità. Fin quando il vitigno si chiamava prosecco il vino Prosecco lo si poteva produrre in tutto il mondo, adesso no! Il lato triste di tutto questo è che la politica e le istituzioni ti ascoltano e sostengono soltanto quando sei abbastanza forte da affondarli! Avevamo un’idea simile, un paio di anni prima della nascita della doc Prosecco, ma è stata bocciata in maniera decisiva – forse c’era già qualcosa in pentola.
Le promesse dello Stato e della Regione: semplicemente vogliamo poter lavorare liberamente e serenamente, sembrerà strano ma tutti i vincoli, a sentire loro voluti dall’Europa, ci impediscono di fare il nostro mestiere. Ci hanno vincolato oltre il 70 % della superficie della provincia, tutta o prevalente proprietà privata, per la quale paghiamo anche le tasse, ma non possiamo fare nulla! E non sto pensando all’edificazione selvaggia, questo per noi agricoltori è sempre stato l’ultimo pensiero, perché con essa si distrugge il paesaggio.
Essendo il nostro sistema dei valori imperniato sulla proprietà privata, non credo che i proprietari siano d’accordo a non poter disporre e gestire la propria proprietà senza aver in cambio niente – mi sembra quasi un furto! E non credo che una, anche se disordinata, Europa dimentichi di offrire in cambio qualcosa per il disturbo causato ai suoi cittadini. Forse nel buio Medioevo, quando il contado dipendeva totalmente dalla volontà e dai capricci della signoria e della chiesa la situazione era migliore: la decima alla signoria , la settima alla chiesa, poi i lavori obbligati per i signori e se non venivano gli ottomani (Turchi) a saccheggiare e uccidere eri a posto, non avevi niente, ma almeno stavi in pace. Oggi in epoca moderna quando tutto si fonda sulla proprietà privata, te la negano senza espropriarti! E le autorità non ti ascoltano e nemmeno lo vogliono capire.
Noi ci troviamo in una situazione assurda: da un lato sembra che non vogliamo coltivare, ma appena lo vogliamo fare ci impigliamo in ragnatele burocratiche e vincoli paesaggistici, che semplicemente rendono qualsiasi sforzo inutile. Possiamo piantare vigneti per produrre anche il PROSECCO ma causa dei SIC e ZPS non lo possiamo fare!!! Allora?
A dire il vero qualcosa si è mosso, ma in tal misura che non si riesce a percepirlo: qualche ritocco sui vincoli, che però, in realtà non cambia niente nel contesto globale. Nella stesura dei piani di gestione delle zone SIC e ZPS noi agricoltori e proprietari della terra non siamo mai coinvolti, evidentemente siamo degli ignoranti barbari, deturpatori del territorio del quale non capiamo niente! Noi espropriati e loro fanno quello che vogliono, vedi: sincrotrone, la nuova sede postale, nuovi insediamenti abitativi, zone industriali, ecc.
TUTTO NEL NOME DEL PROGRESSO!
D.:
Amo molto i vini del Carso, soprattutto quelli a base di Malvasia, Vitovska, Terrano…non vorrei però che la produzione di Prosekar – magari limitata al Costone Carsico – generi confusione rispetto al Prosecco “classico” e in qualche modo metta in secondo piano le produzioni di grande qualità che già oggi il Carso può vantare. Non pensa possa esservi questo rischio? Non credete che l’espressione Prosekar sia troppo vicina a quella di Prosecco per essere autorizzata?
R.:
IL PROSEKAR E’ NATO QUI’! ANCHE IL NOME PROSECCO PUO’ CREARE CONFUSIONE !
All’industria serviva un nome geografico e cosi hanno inventato la grande zona doc prosecco (che mescola territori molto eterogenei: il costone carsico, il Carso, la pianura friulana, la pedemontana veneta e chi più ne ha più ne metta!).
Oggi il Prosecco moderno (monovitigno ) la fa da padrone, il PROSEKAR non può creare confusione, casomai la crea il Prosecco, che prende il nome e la storicità dal nostro originale PROSEKAR … il fatto è che per troppi anni la politica spingeva all’abbandono delle campagne, con il risultato che oggi tutti possono vedere. In questa maniera la gente ha dimenticato tanti usi e costumi e, tra questi, proprio la tradizione nata a Prosecco.
Per quanto riguarda la qualità e la quantità dei vini prodotti, non credo ci sia alcun problema: per noi viticoltori la tradizione è molto importante perciò credo che difficilmente trasformeremo tutta la nostra produzione di vini veri, sinceri e genuini in spumante, anche tenendo conto delle basse produzioni che non sono solo scelte produttive, ma anche dettate dalle condizioni naturali del nostro territorio (da noi non si riesce a produrre più di una certa quantità che difficilmente supera i 90 q. di uva per ettaro). Noi ci teniamo anche a mantenere il nostro territorio sano, quindi anche quando l’annata va (molto) male i trattamenti alle vigne non sono mai troppo numerosi. Non facciamo tutti biologico, ma anche chi coltiva in maniera convenzionale lo fa quasi nella stessa maniera del biologico, oggi lo chiamano sostenibile, qui era già normale molto tempo fa. Per finire in dolcezza il pericolo di svalorizzare i nostri vini non c’è, siccome le istituzioni fanno di tutto per aiutarci, a NON coltivare!
D.:
Il Prosekar secondo la vostra visione quali caratteristiche produttive dovrebbe avere? Il metodo di produzione si avvicina a quello del Prosecco Colfondo?
R.:
il Prosekar per tradizione nasce dolce o almeno amabile, e dovrebbe mantenere queste caratteristiche. Però nell’antichità, non c’erano le tecnologie moderne e ad un certo momento la fermentazione poteva arrivare fino in fondo, consumare tutti gli zuccheri del mosto e in quel occasione si produceva un buon Prosekar brut (definizione moderna), logicamente esisteva anche il fondo nelle bottiglie, ma all’epoca era normale. La fermentazione veniva fatta partire nei tini : per facilitare il controllo della fermentazione e la sfecciatura, poi veniva imbottigliato e consumato dopo qualche tempo già frizzante.
Per festeggiare il nuovo anno e salutare adeguatamente il 2016 ho pensato di riproporti, a mo’ di riassunto, i post più letti o più interessanti che sono stati pubblicati su Vinocondiviso.
Vinocondiviso riassunto in 5 post
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Ti ho già parlato della regina del Carso, la vitovska, ma non avevo in quell’occasione recensito il produttore che secondo me meglio interpreta il carattere del vitigno: Vodopivec.
Vitovska 2007 – Vodopivec
Venezia Giulia IGT Vitovska 2007 – Vodopivec
Ambra luminoso e trasparente, il naso è colpito in primis da un’elegante e delicata mineralità sulfurea, poi mare, bergamotto, scorza d’arancia, frutta esotica disidratata, pepe bianco. Bocca ellittica, sia ampia che profonda: intensità, sapore e glicerina dialogano con un’acidità poderosa ma integratissima. La sapidità accompagna il sorso in una chiusura persistente su ritorni di agrumi e pepe bianco.
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P.S.: annata difficile la 2007 soprattutto a causa della grandine che ha colpito duramente e più volte il Carso. Vodopivec, a causa della scarsa quantità raccolta, decide di uscire con solo questa etichetta. Visto il risultato, a quasi 10 anni dalla vendemmia, direi che la scelta è stata azzeccata!
Il vino è ottenuto da una macerazione in rosso ed in anfora per sei mesi, l’affinamento in legno per trenta mesi.