Come promesso nel post di ieri, in cui riassumevo le rivendicazioni del Comitato per il Prosekar, di seguito trovi l’intervista integrale ad Andrej Bole. Andrej è uno dei viticoltori con vigne sul costone carsico. Andrej ed i suoi colleghi che hanno consentito di “mettere in sicurezza” il Prosecco DOC, ma ora vorrebbero produrre il loro Prosekar, come gli era stato promesso.

Vediamo le ragioni del Comitato per il Prosekar.
Domanda:
Buongiorno Andrej e grazie della sua disponibilità. Innanzitutto mi sembra d’obbligo chiedervi quali sono gli obiettivi del vostro Comitato per il Prosekar (che significa Prosecco in sloveno).
Risposta:
Non sono presidente o rappresentante dell’associazione, attualmente sono un viticoltore simpatizzante del Comitato. Vedrò in seguito cosa succederà non appena definiremo le priorità e i compiti del Comitato.
Per quanto concerne gli obiettivi del Comitato, dobbiamo ancora decidere su alcuni punti cruciali e in quest’istante non posso darvi notizie in merito però sulla valorizzazione e promozione della produzione locale siamo tutti d’accordo.
Il nome PROSEKAR non significa Prosecco-Prosek (inteso come nome geografico) bensì “vino di Prosecco”, che in sloveno si dice PROSEKAR e si produce dalle uve delle nostre varietà autoctone bianche d’eccellenza: Glera , Vitovska e Malvasia. In questo modo si esprime il meglio di ogni varietà.
D.:
Voi sostenete che il Prosecco è nato nel Comune di Trieste, nella frazione di Prosecco. In origine tale vino era uno spumante dolce ottenuto da un uvaggio di tre vitigni: vitovska, malvasia e glera. Qual è la documentazione storica a supporto di questa rivendicazione?
R.:
documenti ce ne sono moltissimi:
– nel XVI secolo il vescovo Bonomo delimita la zona di produzione del vino Prosekar che va dal paese di Prosecco (300m sul mare) giù per i pastini (terrazzamenti) fino al mare prosegue sulla costa fino al porticciolo di Santa Croce per risalire fino al paese stesso che si trova sopra il ciglione (250 m.sul mare). Solo in questa porzione del costone il vino prodotto poteva essere chiamato prosekar o qualificato come liquor-vino superiore;
– nel 1689 Janez Vajkard Valvasor scrive nella sua “Gloria del Ducato di Carniola” che nelle vicinaze del paese di Prosecco-Prosek si produce il PROSEKAR di cui dà un giudizio lusinghiero;
– nel 1844 Matija Vertovc, parroco nella valle del Vipacco, scrive la prima viticoltura in lingua slovena “Vinoreja za Slovence”, dove menziona i vigneti del costone triestino, i vini fra i quali il Prosekar, le altre varietà locali;
– nel 1873 il dott. Josip Vosnjak nel suo libro “Umno kletarstvo” (Buona pratica vinicola), destinato ai vignaioli sloveni, riporta una dettagliata descrizione del metodo di produzione;
– agli inizi del Settecento, il predicatore Janez Svetokriški era costretto addirittura a riprendere le donne che si lasciavano andare nel berlo, mettendo in serio pericolo la propria verginità.
Di documenti ce ne sono ancora tanti e vi consiglio di parlare anche con il giornalista-ricercatore Stefano Cosma che nelle sue ricerche ha trovato tanti altri documenti che dimostrano la fama del nostro Prosekar in tutta Europa. (NdR: vedi pag 35. di questo documento pdf).
D.:
Quindi ciò significa che l’estensione della denominazione Prosecco DOC fino ad includere la frazione di Prosecco (TS) non è una semplice furbizia che ci mette al riparo da future rivendicazioni (ricordiamo che l’Unione Europea nell’affaire Tocai friulano vs. Tokaji ungherese ha sancito la prevalenze del luogo di origine sul nome del vitigno) ma ha precise ragioni storiche. Ci sono state delle promesse che il ministro Zaia o altri esponenti dell’allora Governo vi hanno fatto e che non stanno mantenendo? Oppure le vostre rivendicazioni sono nuove?
R.:
Le nostre rivendicazioni non sono nuove e l’allargamento della zona DOP PROSECCO non è furbizia ma necessità. Fin quando il vitigno si chiamava prosecco il vino Prosecco lo si poteva produrre in tutto il mondo, adesso no! Il lato triste di tutto questo è che la politica e le istituzioni ti ascoltano e sostengono soltanto quando sei abbastanza forte da affondarli! Avevamo un’idea simile, un paio di anni prima della nascita della doc Prosecco, ma è stata bocciata in maniera decisiva – forse c’era già qualcosa in pentola.
Le promesse dello Stato e della Regione: semplicemente vogliamo poter lavorare liberamente e serenamente, sembrerà strano ma tutti i vincoli, a sentire loro voluti dall’Europa, ci impediscono di fare il nostro mestiere. Ci hanno vincolato oltre il 70 % della superficie della provincia, tutta o prevalente proprietà privata, per la quale paghiamo anche le tasse, ma non possiamo fare nulla! E non sto pensando all’edificazione selvaggia, questo per noi agricoltori è sempre stato l’ultimo pensiero, perché con essa si distrugge il paesaggio.
Essendo il nostro sistema dei valori imperniato sulla proprietà privata, non credo che i proprietari siano d’accordo a non poter disporre e gestire la propria proprietà senza aver in cambio niente – mi sembra quasi un furto! E non credo che una, anche se disordinata, Europa dimentichi di offrire in cambio qualcosa per il disturbo causato ai suoi cittadini. Forse nel buio Medioevo, quando il contado dipendeva totalmente dalla volontà e dai capricci della signoria e della chiesa la situazione era migliore: la decima alla signoria , la settima alla chiesa, poi i lavori obbligati per i signori e se non venivano gli ottomani (Turchi) a saccheggiare e uccidere eri a posto, non avevi niente, ma almeno stavi in pace. Oggi in epoca moderna quando tutto si fonda sulla proprietà privata, te la negano senza espropriarti! E le autorità non ti ascoltano e nemmeno lo vogliono capire.
Noi ci troviamo in una situazione assurda: da un lato sembra che non vogliamo coltivare, ma appena lo vogliamo fare ci impigliamo in ragnatele burocratiche e vincoli paesaggistici, che semplicemente rendono qualsiasi sforzo inutile. Possiamo piantare vigneti per produrre anche il PROSECCO ma causa dei SIC e ZPS non lo possiamo fare!!! Allora?
A dire il vero qualcosa si è mosso, ma in tal misura che non si riesce a percepirlo: qualche ritocco sui vincoli, che però, in realtà non cambia niente nel contesto globale. Nella stesura dei piani di gestione delle zone SIC e ZPS noi agricoltori e proprietari della terra non siamo mai coinvolti, evidentemente siamo degli ignoranti barbari, deturpatori del territorio del quale non capiamo niente! Noi espropriati e loro fanno quello che vogliono, vedi: sincrotrone, la nuova sede postale, nuovi insediamenti abitativi, zone industriali, ecc.
TUTTO NEL NOME DEL PROGRESSO!
D.:
Amo molto i vini del Carso, soprattutto quelli a base di Malvasia, Vitovska, Terrano…non vorrei però che la produzione di Prosekar – magari limitata al Costone Carsico – generi confusione rispetto al Prosecco “classico” e in qualche modo metta in secondo piano le produzioni di grande qualità che già oggi il Carso può vantare. Non pensa possa esservi questo rischio? Non credete che l’espressione Prosekar sia troppo vicina a quella di Prosecco per essere autorizzata?
R.:
IL PROSEKAR E’ NATO QUI’! ANCHE IL NOME PROSECCO PUO’ CREARE CONFUSIONE !
All’industria serviva un nome geografico e cosi hanno inventato la grande zona doc prosecco (che mescola territori molto eterogenei: il costone carsico, il Carso, la pianura friulana, la pedemontana veneta e chi più ne ha più ne metta!).
Oggi il Prosecco moderno (monovitigno ) la fa da padrone, il PROSEKAR non può creare confusione, casomai la crea il Prosecco, che prende il nome e la storicità dal nostro originale PROSEKAR … il fatto è che per troppi anni la politica spingeva all’abbandono delle campagne, con il risultato che oggi tutti possono vedere. In questa maniera la gente ha dimenticato tanti usi e costumi e, tra questi, proprio la tradizione nata a Prosecco.
Per quanto riguarda la qualità e la quantità dei vini prodotti, non credo ci sia alcun problema: per noi viticoltori la tradizione è molto importante perciò credo che difficilmente trasformeremo tutta la nostra produzione di vini veri, sinceri e genuini in spumante, anche tenendo conto delle basse produzioni che non sono solo scelte produttive, ma anche dettate dalle condizioni naturali del nostro territorio (da noi non si riesce a produrre più di una certa quantità che difficilmente supera i 90 q. di uva per ettaro). Noi ci teniamo anche a mantenere il nostro territorio sano, quindi anche quando l’annata va (molto) male i trattamenti alle vigne non sono mai troppo numerosi. Non facciamo tutti biologico, ma anche chi coltiva in maniera convenzionale lo fa quasi nella stessa maniera del biologico, oggi lo chiamano sostenibile, qui era già normale molto tempo fa. Per finire in dolcezza il pericolo di svalorizzare i nostri vini non c’è, siccome le istituzioni fanno di tutto per aiutarci, a NON coltivare!
D.:
Il Prosekar secondo la vostra visione quali caratteristiche produttive dovrebbe avere? Il metodo di produzione si avvicina a quello del Prosecco Colfondo?
R.:
il Prosekar per tradizione nasce dolce o almeno amabile, e dovrebbe mantenere queste caratteristiche. Però nell’antichità, non c’erano le tecnologie moderne e ad un certo momento la fermentazione poteva arrivare fino in fondo, consumare tutti gli zuccheri del mosto e in quel occasione si produceva un buon Prosekar brut (definizione moderna), logicamente esisteva anche il fondo nelle bottiglie, ma all’epoca era normale. La fermentazione veniva fatta partire nei tini : per facilitare il controllo della fermentazione e la sfecciatura, poi veniva imbottigliato e consumato dopo qualche tempo già frizzante.