Cinque amici a cena con cinque bottiglie

Monvigliero Burlotto

Metti cinque amici a cena con altrettanti vini bevuti alla cieca. Chiacchiere, divertimento e qualche interessante confronto sui vini degustati che di seguito proviamo a condividere.

Champagne Ambonnay Grand Cru Rosé – André Beaufort, uno Champagne rosé che abbiamo la fortuna di bere con una certa regolarità (e ne abbiamo parlato più volte anche su queste pagine, ad esempio in questo post) e che ogni volta ci ammalia. Il colore è un rosa aranciato di grande fascino, l’olfatto un tripudio di spezie, radici, agrumi amari, ma anche fiori dolci e lamponi maturi. Bollicina fitta ma sottilissima e delicata, il sorso è dolce e salato allo stesso tempo, grande freschezza, trascinante nella beva e lungo in chiusura su ritorni di agrumi e spezie. Si parte con il botto!

Fiano 2018 – Pietracupa, ottima riuscita per questo fiano di Pietracupa che alla cieca ha giocato a nascondino con i degustatori, che non lo hanno identificato così facilmente. Colore giallo dorato, naso di frutta gialla e cera d’api, scorza d’agrumi, nocciola. Asciutto e fitto nel sapore, profondo e articolato nello sviluppo, chiusura molto elegante e di ottima mineralità. Ancora una volta i bianchi irpini lasciano il segno.

Arbois Chardonnay “Les Follasses” 2022 – Michel Gahier, vino che appena versato non è perfetto, un tocco di volatile al naso copre i profumi tra i quali emergono ricordi di pompelmo, cerino spento, orzo. Il sorso è esuberante con una freschezza in primo piano e ancora da integrarsi nel corpo del vino. Chiude su ritorni di frutta bianca e sale. Vino scorbutico, forse si assesterà, ma era di certo lecito attendersi di più da un grande interprete del Jura.

Barbaresco Montestefano 2020 – Serafino Rivella, eleganza senza pari per il Barbaresco Montestefano di Rivella. Note di anguria, frutti rossi, rosa canina, spezie, menta…sorso saporito, l’acidità dona slancio e profondità, leggero nell’incedere, l’alcol è gestito alla perfezione, il tannino è pura seta. Snello, dissetante e persistente.

Barolo Monvigliero 2017 – Comm. G.B. Burlotto, olfatto di grande personalità, dapprima su radici e salamoia, poi si apre su note più espressive di sangue, cetriolo, susina…ma è in bocca che questo vino dimostra la classe che ormai gli è universalmente riconosciuta, il sorso è infatti dolce e tannico insieme, l’acidità è ben presente e perfettamente integrata nella materia, lo sviluppo è fitto nel sapore e innervato da un tannino a coste larghe. Sapidissimo.

Diego Mutarelli
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Modena Champagne Experience sesta edizione. Siete pronti?

Gli appassionati di Champagne – e noi di Vinocondiviso, come documentano i tanti post e le tante bottiglie bevute, siamo tra questi – hanno un appuntamento ormai fisso da sei anni a metà ottobre: a Modena per due giorni, il 15 e il 16 ottobre 2023, potremo assaggiare le espressioni più disparate di Champagne, un’occasione che non ha uguali in Italia.


Le grandi Maison, che hanno innegabilmente fatto la gloriosa storia della Champagne, e accanto a loro, le tante nuove realtà produttive piccole e familiari, quelle dei Récoltants-Manipulants, che negli ultimi anni si sono fatte conoscere anche dal pubblico italiano: troveremo entrambe queste due anime, durante la Champagne Experience per un totale di 176 aziende presenti e ben 900 vini.

Come districarsi in tutto questo eden rifermentato in bottiglia? Suggeriamo di scaricare da subito il catalogo (clicca qui!) e cominciare, come noi …, a togliere qualcuno dei tanti vini che vorremmo assaggiare e scegliere due zone da approfondire.
Noi quest’anno abbiamo optato per Côte des Blancs e Vallée de la Marne, non tralasciando di assaggiare le nuove cuvée di alcune storiche Maison, iscrivendoci anche a due sponsor class.

Speriamo di riuscire a fare tutto, ma una cosa è certa, ci divertiremo!

Alessandra Gianelli
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Champagne, nebbiolo e…

Le premesse per passare una bella serata all’Osteria Brunello di Milano c’erano tutte: una dozzina di amici assetati, una bottiglia a testa da portare in assaggio senza un tema specifico, la degustazione alla cieca per divertirsi a chi la spara più grossa.

Ecco cosa abbiamo bevuto.

Bollicine e vini bianchi

Champagne Influence brut – Minière F&R Brut (magnum)

Champagne Terre du Mesnil 2013 – André Robert

Champagne Blanc de Blancs extra-brut – Fallet-Crouzet

Champagne 2008 – Dom Pérignon

Champagne rosé Ambonnay brut – André Beaufort

Terre Siciliane Bianco “Mareneve” 2020 – Federico Graziani

Tra gli champagne è stato un plebiscito per lo strepitoso rosé di André Beaufort, ottenuto da uve di pinot nero da vecchie vigne grand cru di Ambonnay, un vino che sa di cola, spezie, menta, lampone, rose, radici…non ti stancheresti mai di annusarlo se non fosse che la sua trascinante beva lo fa letteralmente evaporare dal calice. Uno champagne elegante e di grande personalità! Altra bollicina degna di nota è senz’altro l’Influence di Minière F&R, ottenuto dall’assemblaggio di pinot noir, pinot meunier e chardonnay, lunghissima sosta sui lieviti (almeno 7 anni), sboccatura 2020, dal naso sfaccettato e ricco di crema pasticcera, agrumi, vaniglia, caffè verde, l’uso sapiente dei legni esalta un sorso cremoso, dalla bollicina finissima, ficcante e di grande freschezza. Bottiglia in stato di grazia. Niente male neppure gli altri champagne a cominciare da un Dom Pérignon che mostra un naso complesso e cangiante che va dalle note più dolci di pasta frolla a quelle più fruttate e fresche e che però al sorso non risulta ancora del tutto compiuto, essendo potente e ricco con un’acidità ancora da integrarsi. Potrebbe essere solo questione di tempo, chissà. Avendo assaggiato un’altra bottiglia qualche anno fa il vino sembra in progressione in quest’annata eccellente ma che ha bisogno di tempo.

Che dire invece dell’unico bianco fermo, il Mareneve di Federico Graziani? Si tratta di un vino dell’Etna allevato in altitudine (oltre i mille metri sul livello del mare), composto da carricante, riesling renano, gewürztraminer, chenin blanc e grecanico. Naso dapprima sulfureo, poi frutta bianca, ananas, sedano, limone, per una bocca secchissima, fresca, succosa e di ottima progressione. La chiusura è sapida e lunga con ritorni piacevolmente amaricanti. Alla cieca è stato scambiato per un vino della Loira, impossibile pensare ad un vino siciliano fino al disvelamento dell’etichetta.

Vini rossi

Etna Rosso “Rosso di Mezzo” 2020 – Federico Graziani

Barolo Castiglione 2013 – Vietti

Barolo 2018 – Bartolo Mascarello

Barbaresco “Gaiun Martinenga” 2008 – Marchesi di Gresy

Barolo “Monvigliero” 2013 – Diego Morra

Gattinara Riserva “Osso San Grato” 2017 – Antoniolo

Un casuale (ma non troppo) assolo di nebbiolo per i vini rossi, ad esclusione dell’Etna Rosso di Mezzo di Graziani meno interessante rispetto al suo Bianco. Qui i vini migliori sono risultati il Barbaresco dei Marchesi di Gresy, pimpante, potente, molto classico (plus) sia al naso che al sorso, dal tannino fitto e saporito, polposo e al contempo minerale, un’ottima riuscita per un vino che a 15 anni dalla vendemmia risulta molto piacevole. Anche nell’annata 2018 il Barolo di Bartolo Mascarello è un vino di gran classe: ribes, roselline, incenso, rose appassite, liquirizia…vino in questa fase non troppo austero, anzi aperto e godibilissimo. Altro top player il Gattinara Osso San Grato di Antoniolo, anche in questa annata riconoscibilissimo nel suo timbro ferroso accompagnato da un fruttino rosso dolcissimo, fitto in bocca, sapido e profondo. Meno aperti e piuttosto scontrosi in questa fase i due Barolo, entrambi 2013 di Vietti e di Diego Morra.

Diego Mutarelli
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Champagne brut grand cru 2008 – Pierre Moncuit

Ci troviamo a Le Mesnil sur Oger mitico comune grand cru della Côte des Blancs, qui si produce anche il celeberrimo e costosissimo Clos du Mesnil di Krug.

Pierre Moncuit “maison familiale” dal 1889, circa 20 ettari di solo chardonnay, produce ottimi Blanc de Blancs dal correttissimo rapporto qualità-prezzo.

Nel calice abbiamo l’annata 2008, una delle più importanti degli ultimi anni, Champagne “all’antica” rispetto agli standard zéro dosage che vanno di moda oggi, colore oro intenso, naso di agrumi maturi, lieviti, gesso e propoli, dosaggio tra i 6/7 grammi, bocca di grande materia, bolla fine e acidità un po’ smussata dal dosage e dall’annata “matericamente” ricca, da bere ora e da accompagnare ad un risotto alla milanese (anche con ossobuco) o un pesce grasso accompagnato con dei funghi porcini.

Gregorio Mulazzani
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Champagne Blanc de Blancs premier cru – Hugues Godmé

L’azienda Hugues Godmé si trova nella zona della Montagne de Reims, particolarmente vocata al pinot noir. Hugues Godmé se la cava egregiamente anche con lo chardonnay, a giudicare dal Blanc de Blancs che abbiamo nel calice.

Produttore artigiano biologico e biodinamico, Hugues Godmé segue con cura i suoi 8 ettari di vigna.

Il vino che abbiamo assaggiato, con sboccatura del settembre 2021, è piuttosto ricco al naso (data la zona) su note agrumate e lievemente biscottate, poi zenzero, carpaccio d’ananas e anice, bocca di buona sostanza ma anche di acidità freschissima, dosaggio praticamente nullo (come si usa ora, a volte a sproposito mi permetto di dire, non è questo il caso).

Da abbinare a un bel rombo al forno con patate e porcini, vista la stagione, non relegatelo all’aperitivo!

Gregorio Mulazzani
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Il Prestige … di una cooperativa in Champagne

Parliamo spesso di Champagne di importanti récoltant manipulant (RM), non mancando di apprezzare i grandi vini delle più note (al grande pubblico) maisons; oggi invece vi raccontiamo di un’altra importante realtà nel panorama vitivinicolo in Champagne, quella rappresentata dalle Cooperative, in grado di raggiungere molto spesso livelli qualitativi più che buoni.

Champagne Prestige 2007 Grand Cru brut, Blanc de Blancs – Le Mesnil

Siamo a Le Mesnil-Sur-Oger, villaggio Grand Cru nella Côte de Blancs, dove nel 1937 fu fondata da un piccolo gruppo di vignaioli una cooperative de manipulation (CM) che al momento raggruppa 622 soci conferitori per un totale di 318 ettari; la cantina si chiama Le Mesnil, imbottiglia e commercializza a proprio nome ma vende anche parte del proprio raccolto.

Prestige è il nome del loro champagne millesimato, in questo caso la 2007 (annata considerata media, con un luglio freddo, umido, piovoso che ha costretto, in generale, a molti trattamenti in vigna), da vigne di chardonnay classificate Grand Cru di circa 40 anni. Niente malolattica, 12 anni sui lieviti, sboccatura nel 2020 con un dosaggio 10,6 gr/l.

Il naso è ampio e variegato, dalle più classiche note di pasticceria a quelle intense di zenzero e albicocca canditi, con ancora rimandi a fiori gialli. In bocca ha una buona struttura e lunghezza, ma soprattutto ne si apprezza la freschezza (dovuta anche alla malolattica non svolta).

Ben abbinato a merluzzo mantecato e con polenta bianca grigliata.

Cosa c’entra la foto di un acquedotto romano? Abbiamo bevuto Prestige 2007 ad Acqui Terme, una cittadina piemontese ricca di storia che ci permettiamo di consigliarvi per una gita fuori porta.

Alessandra Gianelli
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Champagne Les Rachais 2012 – Francis Boulard & Fille

Sempre convincenti gli champagne Francis Boulard & Fille. Da qualche tempo Francis, ritiratosi in Normandia a fingere di fare il pensionato, ha lasciato il timone all’altrettanto talentuosa figlia, Delphine.

Siamo ai piedi della “Montagne” de Reims, quindi fuori zona classica Côte des Blancs, i Boulard sono stati tra i pionieri del biologico/biodinamico; la figlia ha portato sicuramente più pulizia e definizione ai vini, seppur ottimi, del padre. Sempre lunghissime le permanenze sui lieviti (a differenza di altri “furbetti” che sono tanto di moda ora con prezzi osceni e due anni, se va bene, di permanenza sui lieviti) quest’annata 2012 è stata sboccata a giugno 2021, un’unica vecchia vigna di chardonnay su suolo siliceo/calcareo con fermentazione malolattica svolta. Al naso molto complesso si sente la “terrosità nobile” della zona, lieve ossidazione controllata, con l’aereazione escono fuori poi sentori di agrumi canditi, gesso, anice, cedro. In bocca è potente, pieno, non certo uno Champagne da sushi, qui ci vogliono conigli, fagiani, funghi, insomma piatti invernali e strutturati.

Gregorio Mulazzani
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Champagne Brut Nature – Drappier

Se si giocasse una partita “a suon di terroir” i récoltant manipulant si garantirebbero la vittoria sulle maison, ma non sarebbe affatto scontata.

Esistono tanti récoltant manipulant che, possedendo poca vigna, gioco forza valorizzano il terroir, altri che, adottando pratiche più industriali sia in vigna (diserbo chimico, fitofarmaci…) che in cantina (ampie correzioni sui vini clair, tiraggi precoci, affinamenti corti…) ottengono un prodotto non particolarmente espressivo.

Di contro, alcune maison hanno fatto dell’esaltazione del terroir il loro biglietto da visita: una è certamente Drappier, qui sotto rappresentata con il suo Brut Nature, 100% pinot nero dell’Aube.

Uno champagne schietto, preciso, perfetto al naso come in bocca. Centrato anche nel prezzo.

Nota: la degustazione e gli spunti di cui sopra fanno seguito alla serata “Terroir e Artigianalità” tenuta da Samuel Cogliati in Ais Milano a fine Aprile.

Alessandra Gianelli
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Champagne l’Aérienne 2004 – Tarlant

Poche settimane fa abbiamo già parlato di questa antichissima, serissima e ultimamente sempre più blasonata, maison di Oueilly.

L’Aérienne 2004, sboccatura 2018 e zero dosaggio (come da stile di questa maison, lunghissime permanenze sui lieviti e appunto dosaggio nullo per preservare al massimo l’integrità territoriale), blend di chardonnay (70%) e pinot noir (30%), senza fermentazione malolattica.

Naso con classici lievi accenni di ossidazione, voluta, sensazioni minerali profondissime di gesso e calcare, poi zenzero, liquirizia, bocca impressionante per acidità e “droiture”, certo non uno champagne per tutti ma che regala emozioni a chi lo sa ascoltare, sontuoso e lussuoso aperitivo in abbinamento con delle ottime polpette di baccalà o freschissime alici fritte.

Gregorio Mulazzani
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Champagne extra brut “Le Mont Benoit” – Emmanuel Brochet

Emmanuel Brochet è un produttore divenuto ormai di culto, con bottiglie introvabili a prezzi di conseguenza in salita.

Le Mont Benoit è una cuvée “di ingresso” ancora abbordabile a livello di prezzo, assemblaggio di annate 2016 e 2015 con presenza pressoché paritaria dei tre vitigni classici. Lieviti indigeni, non filtrato, produzione di circa 11.000 bottiglie (per questa etichetta).

Una bottiglia importante ma senza essere assolutamente pesante, certo la materia c’è e si sente, naso caleidoscopico di mineralità profondissima, scura, che tende alla grafite, note di bosco autunnale (foglie secche e funghi), radice di liquirizia, malto, rabarbaro, tamarindo e arancia amara. La bocca è potente, di volume, finale con acidità perfetta a chiudere.

Ancora molti anni davanti, da abbinare ad una faraona al forno o anche ad un’anatra o oca.

Compratelo finché si può e si trova (pur con difficoltà a dire il vero).

Gregorio Mulazzani
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