6 bottiglie condivise tra amici

Le serate tra amici che si incontrano con la scusa di condividere qualche vino sono, senza ombra di dubbio, più divertenti rispetto a masterclass o wine tasting più formali. In fondo le bottiglie di vino nascono per essere godute e condivise a tavola, con amici, chiacchiere e divertimento. Socializzazione e spensieratezza però non escludono che si possa anche imparare qualcosa, soprattutto se si beve alla cieca e le regole sono “porta una bottiglia che hai voglia di condividere”, senza troppi limiti e paletti.

Di seguito ti raccontiamo cosa abbiamo bevuto qualche giorno fa in occasione di una di queste serate.

Champagne Rosé Ambonnay grand cru brut – André Beaufort

Champagne Rosé grand cru extra-brut – Egly-Ouriet

Due Champagne importanti sia in termini di prezzo che di notorietà, entrambi rosé provenienti da vigneti grand cru della Montagne de Reims. Siamo rimasti stregati, una volta ancora, dallo Champagne di André Beaufort, azienda artigiana che cura pochi preziosi ettari di vigna e che dà vita a prodotti sempre emozionanti: rosa con riflessi aranciati, presenta un naso psicodelico di liquirizia e lampone, chinotto e frutta secca, fiori appassiti e radici. La bollicina è sottile e continua, solletica il palato e accompagna uno sviluppo dinamico e dall’acidità agrumata, chiude lungo su ritorni di fruttini rossi e spezie. Lo Champagne di Egly-Ouriet, frutto di un assemblaggio di pinot noir e chardonnay, ha una confezione più aristocratica e meno artigiana, una bella dolcezza di frutto giallo e mineralità calcarea, in bocca si sviluppa in profondità, la freschezza la fa da padrona, l’impressione è che la nostra bottiglia stesse attraversando una fase (si tratta di una base 2017) di chiusura, il vino è insomma apparso di ottimo livello ma meno espressivo del precedente.

Igt Liguria di Levante “Amante del Sole” 2022 – Cián du Giorgi

Cián du Giorgi è una recente piccola azienda che si trova nel Parco Nazionale delle Cinque Terre e che ha recuperato trascurati vigneti a Vernazza e Riomaggiore. Il conferitore della bottiglia è andato a trovare la coppia che gestisce l’azienda (Riccardo Giorgi e Adeline Maillard) prima ancora che potessero etichettare il vino. Amante del Sole è ottenuto da vigne centenarie autoctone (bosco, ruzzese, albarola ed altre), fermentato spontaneamente e macerato sulle bucce. Il naso richiama la pesca gialla, gli agrumi e la macchia mediterranea, ingresso in bocca piuttosto possente, con alcol generoso, pecca un po’ di articolazione e sviluppo, benché il finale sia rinfrescante e appena tannico. Azienda che ci ha incuriosito e di cui speriamo di assaggiare presto il resto della gamma.

Côtes du Jura AOC Pinot Noir Les Varrons 2022 – Domaine Labet

Sempre più difficile da trovare i vini del domaine Labet, stavolta è toccato al pinot noir Les Varrons che ha un bellissimo colore rubino trasparente; al naso ribes rosso, melograno, cerino spento, una nota di mineralità chiara. Il sorso è fresco, agile, leggero nonostante i 13,5% di titolo alcolometrico. Delicato e succoso in chiusura, ma per nulla timido, anzi lungo e sapido. Vino intrigante.

Rosso di Montalcino 2020 – Poggio di Sotto

Poggio di Sotto è un’importante azienda di Montalcino che non ha bisogno di presentazioni. Il vino si presenta con un olfatto di frutta e fiori rossi, arancia, un tocco speziato, la bocca è piuttosto morbida, il tannino è quasi assente, l’acidità rinfresca ma manca un po’ quel dialogo acido-tannico dei migliori sangiovese, vino di una certa eleganza ma da questa azienda è lecito aspettarsi maggior personalità.

Barolo Riserva Perno 2015 – Elio Sandri (Cascina Disa)

I Barolo di Elio Sandri sono piuttosto noti per essere Barolo “vecchio stampo”, tradizionali e che hanno bisogno del giusto affinamento in cantina prima di poter essere goduti appieno. E questo 2015 non fa eccezione, vino che risulta ancora compresso ma assolutamente riconoscibile come Barolo (plus). Rosso rubino con riflessi aranciati, fiori appassiti, asfalto, un tocco agrumato, sorso potente e serrato, di volume ma corroborato da ficcante freschezza. Chiude un po’ brusco su ritorni di erbe amare e liquirizia. Vino da dimenticare in cantina.

Diego Mutarelli
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Quattro bottiglie a pranzo nelle Langhe

Una recente visita nelle Langhe è stata l’occasione per degustare qualche bella bottiglia in compagnia e andare a conoscere di persona qualche produttore degno di nota. In questo post ti raccontiamo delle notevoli bottiglie bevute ripromettendoci, in un prossimo articolo, di fare un resoconto di un’interessante visita in azienda.

Abbiamo prenotato presso un locale che non avevamo ancora avuto occasione di testare, si tratta de L’Aromatario Osteria (con camere), a Neive. L’osteria è situata in una pittoresca piazzetta tra due chiese in un contesto suggestivo e tranquillo. La scelta si è rivelata azzeccata: pochi coperti, servizio attento e menu che attinge a piene mani dalla tradizione piemontese con qualche incursione più moderna. Il servizio è cordiale e competente, con una carta vini ben fatta e non banale, con notevoli chicche fuori dal Piemonte e dall’Italia.

Ma veniamo ai vini bevuti.

Champagne Clos des Goisses 2002 – Philipponnat

La maison Philipponnat è un’azienda che non ha bisogno di presentazioni e che è conosciuta in tutto il mondo per l’eccezionale clos, un vigneto di 5,5 ettari esposto a sud e cinto da mura dalla notevole pendenza, il Clos des Goisses, appunto. Il colore nel calice è uno splendido giallo oro con qualche riflesso ramato e dal perlage sottile. L’olfatto è di grande intensità tra note di fruttini rossi in confettura, nespola, pasta frolla, panpepato e un’elegante affumicatura. Il sorso è potente e di grande ampiezza in un quadro di freschezza e allungo, lo sviluppo è di grande dinamica e una raffinata vena ossidativa completa il quadro di uno champagne di alto rango che potrebbe sposarsi perfettamente in abbinamento a selvaggina da piuma.

Côtes du Jura Chardonnay La Bardette 2016 – Domaine Labet

In altri post (qui, oppure anche qui) abbiamo già parlato di questo grande produttore del Jura che non lascia mai indifferenti i degustatori. Ci troviamo di fronte ad un’eccezionale versione di chardonnay, ottenuto da una vigna di mezzo ettaro piantata nel 1945. Il coloro è un giallo paglierino screziato da riflessi oro, il naso è un caleidoscopio i cui riflessi rimandano pietra focaia, pop-corn, scorza d’arancia, pepe bianco, zolfo, frutta chiara, note cerealicole, affumicatura…quel che si dice una girandola di profumi insomma! La bocca è una saetta acida, il palato è invaso da energia purissima e sale, di ottima articolazione lo sviluppo, tattilmente stratificato e lunghissimo. Paragonabile ad un grande chardonnay di Borgogna ma più scattante e “asciutto”.

Barbaresco Montestefano 2015 – Serafino Rivella

I vini di questa piccola azienda che si trova in cima al Montestefano sono tra i migliori di tutta la denominazione e prova ne è questo vino che, anche in questa annata, conquista i degustatori. Naso di fiori rossi appassiti, ribes, anguria, una nota terrosa, foglia di menta…lo sviluppo gustativo è di perfetta armonia, materia fitta e dinamica vanno a braccetto, una nota minerale accompagna il sorso che chiude su tannini fitti ma setosi.

Clos-Vougeot Grand Cru Vieilles Vignes 2005 – Château de La Tour

Clos de Vougeot, con i suoi quasi 60 ettari, è uno dei grand cru più estesi della Côte de Nuits, e ad oggi è posseduto da ben 80 proprietari. Château de La Tour è l’unica azienda che si trova all’interno della vigna ed è il produttore che ha la maggior parte del cru (6,5 ettari). Il colore è un rosso rubino di media intensità, il naso parte sui fruttini scuri (cassis), poi una nota speziata-vegetale che va dall’incenso al garofano e tende alla cannabis, quindi sottobosco, liquirizia e humus. Il sorso si apre su golose note fruttate ma non è ancora del tutto disteso, leggermente contratto nello sviluppo ma con alcol e legni ben gestiti, chiude potente e salino. Un buon vino che però, almeno in questa fase, non mantiene ciò che il blasone promette.

Diego Mutarelli
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Côtes du Jura Chardonnay “en chalasse” 2018 – Domaine Labet

La regione del Jura è decisamente in hype tra gli appassionati di vino italiani. E a ragione! I migliori vini del Jura sono di grande fascino e il vino di cui ti parlo oggi non fa eccezione. Si tratta di un vino del Domaine Labet, di cui abbiamo scritto anche in altro post.

Il Domaine Labet è oramai un produttore di culto e di conseguenza le poche bottiglie prodotte sono ahimè introvabili se non a prezzi esagerati. I suoi sono vini possono spiazzare ma mai lasciare indifferenti come questo chardonnay “en chalasse” 2018. Da vecchie vigne (alcune addirittura del 1950), ancora giovanissimo, ha un naso strepitoso di pietra focaia, leggero sulfureo, gesso, scorza di limoni di Sorrento, sasso bagnato. In bocca l’acidità è scalpitante e ancora da domare, lasciatelo in cantina, se lo trovate, almeno un lustro.

Bevuto ora è di difficile abbinamento ma forse lo proverei su qualcosa di particolare come un’anguilla alla brace.

Ps: se vi piace il Jura e volete approfondire la conoscenza di questo produttore suggerisco la visione di questo bellissimo documentario sul Domaine Labet (lo trovi qui).

Gregorio Mulazzani
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Vini e omakase da Ichikawa

Per festeggiare l’estate non c’è nulla di meglio di una cena giapponese accompagnata da grandi vini. E così una combriccola di gaudenti degustatori si è ritrovata presso il ristorante di Haruo Ichikawa a Milano.

Prima di passare ai vini merita un commento la qualità del cibo che conferma, ancora una volta, la gran classe e abilità del Maestro Ichikawa, uno degli ambasciatori dell’autentica cucina giapponese in Italia: materie prime sceltissime interpretate in maniera perfetta dallo chef, non solo sushi e sashimi, peraltro straordinari, ma anche piatti meno conosciuti qui da noi come lo splendido antipasto misto sunomono marinato all’aceto di riso e gli spaghetti freddi all'”amatriciana giapponese”. Con questi piatti perfetto l’accompagnamento con champagne e bianchi dal profilo “nordico”.

Ecco l’elenco dei vini degustati alla cieca, accompagnati dalla proposta omakase (in giapponese “avere fiducia”) dello chef.

Franciacorta Extra Brut – Lenza

Che bollicina sorprendente, buon inizio! Al naso gesso, zucchero a velo, mela golden in un quadro molto elegante, bocca di freschezza e sapidità, con perlage sottile e continuo e chiusura pulita appena amaricante. Manca forse un po’ di spinta acido/calcarea ma un metodo classico italiano senza sbavature.

Champagne Extra Brut 2012 – Nicolas Maillart

Vino di una certa ambizione a partire dai bellissimi riflessi dorati che screziano il bicchiere. Naso di agrumi amari, calcare, mela grattugiata, spezie in formazione, ossidazione controllata…Bollicina delicata ma fitta, bocca piena con acidità e materia in equilibrio. Champagne da tutto pasto.

Côtes Du Jura Chardonnay “Les Varrons” 2013 – Domaine Labet

Vino senza mezzi termini straordinario, ottenuto da vigne molto vecchie. Olfatto letteralmente pirotecnico tra note di polvere da sparo e fiori gialli, spezie e roccia, è in mutamento continuo. Anche il sorso non è da meno, intenso ma di grande dinamica e stratificazione, lo scheletro minerale ne sostiene la progressione e lo accompagna in un finale lunghissimo di mare e roccia. Vino che è riuscito a offuscare il quasi leggendario vino successivo…

Sancerre “Clos la Néore” 2010 – Vatan

Vino mitologico in annata di grazia. Lo ricordavamo, bevuto più prossimo all’uscita, come un vino poetico nei suoi dettagli aromatici delicati e nell’olfatto per cui volentieri spendere descrittori “innominabili”. Il vino in questione (o bisognerebbe dire la bottiglia?) è ancora buonissimo anche se forse meno del ricordo indelebile di chi lo bevve in occasioni precedenti. Insomma, meno poetico e più varietale, ma sempre un ottimo Sancerre. Parte sul vegetale chiaro (cetriolo, sedano), poi clorofilla e buccia di pera, sassi di torrente e una leggerissima e piacevole eco di miele. La bocca ha ottima freschezza e succosità, la beva è agile e coinvolgente. Chiude delicato ma persistente. Nel complesso il vino non appare invecchiato, ma sta sicuramente evolvendo, senza troppa fretta…

Friuli Colli Orientali Sauvignon “Ronco Pitotti” 2016 – Vignai da Duline

Vino piuttosto raro, prodotto solo in questa annata (una sola barrique) da un vecchio biotipo di sauvignon ormai scomparso. Si presenta in veste giallo dorato, l’olfatto è di grande mineralità (roccia spaccata), accompagnato poi da fiori di campo e nespola. Bocca intensa e serrata, saporita e potente, gli manca forse un po’ di mobilità e tensione per raggiugere le vette a cui l’azienda ci ha abituato, ma resta una bevuta molto buona.

Champagne Rosé Zero – Tarlant

Ottimo champagne rosé che sa di calcare e fruttini rossi (ribes), agrumi e spezie. Sboccatura piuttosto datata (2014) con la bocca che resta dritta ed essenziale, dissetante e sapida.

Saumur “Les Moulins” 2019 – Domaine Guiberteau

Vino aperto per chiudere in bellezza. Anche in questa annata piuttosto calda in Loira, il liquido si esprime benissimo a dimostrazione del manico di Guiberteau e dell’equilibrio raggiunto dalla sua vigna, allevata secondo i principi biodinamici. Questo chenin, da vigne di oltre 80 anni, ha un olfatto molto aperto di pompelmo, polline, mare, conchiglie e qualche cenno di frutta esotica. Il sorso è elettrico, guizzante grazie ad un’acidità strabordante. Il vino ha ottima dinamica e sviluppo, chiude sapido e profondo e, anche a fine serata, resta la tentazione di un secondo bicchiere…

Diego Mutarelli
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Gregorio Mulazzani
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