Ensemble, la Roussette de Savoie del Domaine des Côtes Rousses

Non ci stanchiamo mai di parlare dei vini della Savoia, lo facciamo fin dagli albori di Vinocondiviso. Un primo post introduttivo sulla regione è del 2016 e già allora era evidente come il territorio savoiardo fosse pronto al grande salto.

Da allora ad oggi i vini della Savoia hanno acquisito sempre maggior visibilità anche al di fuori dei propri confini regionali e nazionali. Un numero sempre più nutrito di nuovi produttori ha affiancato quelli storici, tutti (o quasi) accomunati dall’attenzione all’ambiente e da un interventismo in vigna e in cantina ridotto allo stretto necessario.

Tra i produttori emergenti non si può non citare Nicolas e Marielle Ferrand, del Domaine des Côtes Rousses. Fondata nel 2013 l’azienda si trova a La Motte Servolex, non distante da Chambéry, con vigne però a Saint Jean de la Porte; si tratta di circa 6 ettari di vitigni in prevalenza autoctoni (jacquère, altesse, mondeuse), coltivati su versanti dalle pendenze di tutto rispetto (dal 15% al 45%).

Roussette de Savoie Altesse “Ensemble” 2020 – Domaine des Côtes Rousses

Il nome del primo vino aziendale (primo in ordine cronologico) – Ensemble – è un tributo a tutte le persone che hanno aiutato la cantina a muovere i primi passi. Si tratta di un vino bianco di grande carattere. Ottenuto dal vitigno altesse, è affinato, con prolungata sosta sui lieviti, in botti grandi e uova di ceramica.

Il verde-oro nel bicchiere è molto accattivante. Al naso parte delicato e fine su note di fiori di campo e fieno, poi pesca gialla e una interessante nota di pompelmo, quindi, dopo qualche minuto di ossigenazione, si arrotonda su ricordi di miele d’acacia e baccello di vaniglia.

All’ingresso in bocca il vino è fresco e di ottima dinamica, l’acidità è però perfettamente integrata nel corpo, tendente all’esile, del vino. Ma i soli 12% di titolo alcolometrico non sono certo un freno alla fittezza di sapore, la frutta, le spezie e una ficcante mineralità conferiscono al vino energia e stratificazione. La tensione montana del vino dialoga perfettamente con una certa grassezza e opulenza che, pur presente, non prevarica mai. Sapido e lungo in chiusura.

Diego Mutarelli
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Jérémy Bricka, vis à vis con il vigneron emergente dell’Isère

Qualche tempo fa abbiamo già scritto del Domaine Jérémy Bricka, in quell’occasione l’incontro era stato indiretto, mediato cioè da un suo vino che ci aveva colpito. Questa volta, complice un viaggio in Francia, abbiamo deciso di conoscere di persona questo vigneron emergente.

Jérémy Bricka è un enologo che seguito otto vendemmie da Guigal, ha poi affiancato diversi produttori (tra i più noti Bret Brothers & La Soufrandière e Clape) prima di mettersi in proprio in Isère, una regione che, per usare un eufemismo, non è certo nota per la vigna ed il vino. Territorio però che prima dell’arrivo della fillossera registrava oltre 33.000 ettari di vigna! Altri tempi certo, eppure…complice il cambiamento climatico e le caratteristiche dei vitigni autoctoni della zona – varietà tardive e poco alcoliche – Jérémy ha deciso di provarci. Non si è fatto sfuggire l’opportunità di nuovi impianti, per un totale di 5 ettari, in un territorio ricco di scisti tra i 500 i 700 metri di altitudine. I vitigni prescelti sono stati mondeuse blanche, altesse e verdesse in bianco, mentre in rosso la scelta è ricaduta su étraire de l’Aduï, douce noire, e mondeuse noire.

Le vigne di Jérémy Bricka – Photocredit: La Revue du Vin de France

In cantina si perseguono le fermentazioni spontanee e non si utilizza solforosa fino all’imbottigliamento. I vini bianchi fermentano e affinano in barrique di 10 anni, mentre per i rossi, si predilige l’acciaio e la fermentazione a grappolo intero senza rimontaggi.

Di seguito una rapida carrellata dei vini assaggiati in azienda che mi riprometto di approfondire grazie agli acquisti effettuati in loco.

Bivouac 2022: vino bianco ottenuto in parte da uve di terzi, ricordiamo che le vigne del domaine sono ancora giovani (2015) e dunque non del tutto a pieno regime. L’obiettivo di questo blend è quello di sfruttare la freschezza della jacquère, l’intensità della clairette e l’aromaticità del muscat per ottenere un vino di pronta beva, semplice e scorrevole ma che non rinunci a una certa articolazione ed armonia delle componenti. Obiettivo senz’altro raggiunto.

Passiamo poi ai due vini bianchi ottenuti da uve di proprietà, si tratta di due vini etichettati come IGP Isère “Pont de Brion”, la Mondeuse Blanche 2022 e la Verdesse 2022. Il primo vino ottenuto dal vitigno autoctono mondeuse blanche si muove su un registro di frutta bianca (pesca), scorza di agrumi e un tocco di nocciola, sorso fresco e gustoso, chiude molto sapido. Molto originale il vino ottenuto dall’antico vitigno locale verdesse: alla cieca farebbe pensare ad un savagnin del Jura, con nette note di mela accompagnate dalla frutta secca (noci, mandorle tostate), il titolo alcolometrico di 13,9% non segna per nulla il vino che anzi ha una grande dinamica, la bocca è sferzata da succosa acidità e persistente sapidità.

Per i vini rossi, anch’essi IGP Isère, abbiamo apprezzato la Douce Noire, dall’omonimo vitigno, che per certi versi ricorda un buon gamay, con i suoi rimandi di frutta rossa (fragola, lampone) e fiori (viola, peonia), vino molto piacevole. Più complesso e ambizioso il vino ottenuto da étraire de l’Aduï, rarissima varietà autoctona: frutta rossa (ciliegia, lamponi), un elegante tocco floreale e delle spezie in formazione che riportano al bastoncino di liquirizia e al pepe verde. 12,3% il titolo alcolometrico di questo vino stratificato al sorso e di grande dinamica. Abbiamo poi assaggiato la Mondeuse 2022, non ancora imbottigliata, che dimostra un grande carattere con un tannino ancora croccante ma non asciugante, si farà…

Continueremo a seguire questo produttore che ci pare essere una bella novità, e soprattutto una grande promessa, nel panorama dei vini naturali francesi.

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Ancora Isère: Domaine Les Alpins

L’Isére è forse il territorio vinicolo meno considerato di tutta la Francia. Eppure da qualche tempo – complice il cambiamento climatico e la nouvelle vague di giovani produttori naturali alla ricerca di terreni vocati al giusto prezzo – si nota un certo dinamismo e delle bottiglie originali e di grande interesse.

Qualche mese fa abbiamo già parlato di Jérémy Bricka, oggi invece riferiamo del Domaine Les Alpins. Si tratta della creatura di Sébastien Benard, quattro ettari a La Buisse, nel nord dell’Isère, all’interno del Parco Naturale Regionale de la Chartreuse, a circa 20 km da Grenoble. L’azienda è certificata biologica ma la gestione è naturale, i soli trattamenti contemplati in vigna sono lo zolfo ed il rame in dosi molto limitate (da 1 a 2 kg per ettaro all’anno).

Isére Coteaux du Gresivaudan IGP “Les Comperes” 2020 – Domaine Les Alpins (Sébastien Benard)

Il vino è ottenuto da gamay (in maggioranza), con a saldo mondeuse, persan e pinot noir. Il gamay viene vinificato a grappolo intero con macerazione semi-carbonica, gli altri vitigni vengono vinificati insieme e poi uniti al gamay. Dopo l’assemblaggio il vino affina per circa un anno in barrique e fusti di rovere usati.

Les Comperes si presenta di un bel rosso rubino chiaro con luminosi riflessi porpora. Primo naso molto floreale (rosa, peonia), poi arriva il frutto rosso (fragola), ma anche inchiostro e una spezia che ricorda il pepe verde.

La bocca è scorrevole e golosa, la beva è trascinata da un’acidità rinfrescante e dissetante che però trova una carnosa materia fruttata a compensarne l’esuberanza. Tannino appena accennato e chiusura su ritorni floreali. Dopo il primo sorso la bocca resta fresca e pronta ad un nuovo assaggio, complice il titolo alcolometrico molto contenuto (12%).

Può accompagnare degnamente un piatto di salsiccia e fagioli ma anche un semplice panino al salame.

Plus: vino espressivo e di grande beva ma non un semplice glou glou. L’immediatezza del gamay trova equilibrio nei suoi compari (“Les Comperes….”) di assemblaggio, con il pinot noir che apporta raffinatezza e la mondeuse e il persan che conferiscono nerbo e struttura.

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Un poetico vino bianco dalla Savoia

I lettori più attenti sanno che Vinocondiviso parla spesso della Savoia e dei suoi vini. Un misto di curiosità, caso e serendipità, ci hanno portato ad assaggiare con regolarità i vini di questa regione dell’altra Francia, quella lontana dai riflettori e meno frequentata dagli appassionati italiani.

Oggi parliamo del Domaine des Côtes Rousses, giovane ma già affermata azienda che non ci risulta ancora importata in Italia. Si tratta di una realtà che coltiva 6 ettari su pendenze dal 15% al 45%, dunque non meccanizzabili, biologica certificata, segue i principi della biodinamica in vigna e una filosofia che potremmo definire naturale in cantina.

I vitigni coltivati sono principalmente i più importanti vitigni autoctoni della Savoia, ovvero jacquère, altesse e mondeuse. Oggi parliamo del loro vino ottenuto da una parcella di jacquère posto a un’altitudine di 580 metri.

AOP Vin de Savoie Jacquère “Armenaz” 2020 – Domaine des Côtes Rousses

Giallo paglierino con luminosi riflessi dorati. L’olfatto è delicato e seducente, richiede attenzione e ascolto e rivela note dapprima di fiori dolci (gelsomino, fiori di tiglio) per poi, in sequenza, dispiegare mille altre sfumature di minerali (roccia spaccata, cenni di idrocarburi), clorofilla, pesca bianca, torrente montano… Non sta mai fermo e per il degustatore è divertente seguirlo nello sviluppo degli aromi in un quadro di grande compostezza.

La bocca è leggera (11%), esile (absit iniuria verbis), in ingresso la freschezza agrumata la fa da padrona, ma senza alcuna nota cruda, il sorso è succoso e profondo, abbastanza rapido nello sviluppo che porta ad una chiusura sapida e minerale.

Plus: vino che rappresenta benissimo le caratteristiche del vitigno jacquère, semplice e floreale, con un’interpretazione che ha il coraggio di lasciarlo così com’è, senza alcun orpello e senza il bisogno di cercare materia e polpa laddove, per caratteristiche di vitigno e altitudine, non è possibile. Il vino risulta in qualche modo poetico, ci ha ricordato, come stile e linguaggio, i migliori freschi millesimi di Edmond Vatan e del suo Sancerre “Clos la Néore”.

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Mondeuse, questa sconosciuta: assaggiamo quella del Domaine d’Ici Là

La mondeuse noire è un vitigno autoctono della Savoia che fino a pochi anni fa dava origine a vini piuttosto grossolani, anche per l’abitudine di vinificarlo a grappolo intero, il che portava, soprattutto in caso di uva non perfettamente matura, ad astringenze tanniche e eccessi vegetali poco piacevoli.

Il padre nobile della mondeuse è stato senza ombra di dubbio Michel Grisard che, a partire dagli anni 80, ha sfornato una serie incredibile di millesimi di alto livello vinificati dal suo Domaine du Prieuré Saint-Christophe.

Da allora la mondeuse in Savoia e nel vicino Bugey ne ha fatti di passi avanti! Sempre più produttori, spesso giovani (il prezzo della vigna è ancora accessibile) e dediti alla biodinamica, stanno sfornando vini eleganti e contemporanei.

Il produttore di cui parliamo oggi, e che abbiamo potuto visitare questa estate, si chiama Domaine d’Ici Là. Ci troviamo nel Bugey, un territorio tra il Rodano e la Savoia, pochi kilometri a sud del Jura. L’azienda, fondata nel 2016 dalla giovane coppia Florie Brunet e Adrien Bariol, segue una filosofia rispettosa in vigna e rigorosa in cantina.

Bugey AOC Mondeuse de Montagnieu “Au Replat” 2020 – Domaine d’Ici Là

Colore porpora di media concentrazione.

Naso floreale (viola e ibiscus), poi frutta rossa (fragole) e nera (mirtilli), un tocco di muschio e la nota varietale del pepe nero.

Sorso leggero, il titolo alcolometrico estremamente contenuto (11,5%) rende la beva semplice e scorrevole. L’acidità sostiene lo sviluppo e accompagna il vino in un finale saporito e terso. Persistenza non lunghissima, con tannini che danno croccantezza. Chiusura su ritorni floreali.

Vino delicato ed elegante, pulito e ricamato, gioca le sue carte sull’immediatezza ed una certa semplicità.

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Giac’ Potes, il vino da merenda dei fratelli Giachino

Su Vinocondiviso parliamo spesso dei vini della Savoia. E continuiamo a farlo anche in quest’occasione per raccontare di un vino del domaine Giachino, un’azienda biologica e biodinamica situata nel parco regionale della Chartreuse, con vigne sulle pendici del Mont Granier nei comuni di Chapareillan, les Marches et Apremont.

Savoie AOC “Giac’ Potes” 2018 – Domaine Giachino

Il vino in questione è ottenuta da fermentazione a grappoli interi di mondeuse e gamay.

Il colore rubino screziato di blu ne svela l’estrema giovinezza.

All’olfatto prevale il floreale del garofano, seguito dal frutto rosso (fragola) e da qualche nota sanguigna.

Il vino è agile e beverino, ha un buon volume, si sviluppa cremoso con la componente fruttata ben bilanciata da vena acida e salina. Il vino chiude con un tannino appena astringente, con ottima persistenza e ritorni floreali.

Plus: vino da merenda, scorrevole e schietto senza essere banale.

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I vini di Céline Jacquet, produttore emergente della Savoia

La Savoia è forse il territorio francese meno frequentato dagli appassionati di vino italiani.

Su Vinocondiviso, controcorrente, ti parlo invece spesso della Savoia e dei suoi vini. Oltre tre anni fa pubblicavo, ad esempio, questo post in cui si raccontava delle caratteristiche e tipologie di vini della Savoia: Vitigni autoctoni e biodinamica in Savoia.

Complici i prezzi stratosferici delle regioni più celebrate di Francia, Borgogna in primis, noto con piacere che da qualche tempo i distributori più attenti stanno inserendo in catalogo sempre più vini di regioni francesi meno “classiche”: Jura, Sud-Ovest, Corsica ed anche Savoia…

Oggi ti parlo di un’azienda emergente che in Francia si è già fatta notare da critica e consumatori: il domaine Céline Jacquet.

Domaine Céline Jacquet

L’azienda nasce nel 2011, con soli 0,45 ettari di vigna! Céline Jacquet – appena diplomata in enologia a Grenoble – si installa ad Arbin nella Combe de Savoie, la valle che da Chambery si inerpica verso Albertville e le stazioni sciistiche.

Le vigne più belle sono quelle esposte a sud sui lati della valle: vigne ripide e scoscese, scaldate dal sole di giorno ma che beneficiano di un microclima asciutto e caratterizzato da notevoli escursioni termiche giorno/notte.

Jacquère, altesse, roussanne e mondeuse sono i vitigni dai quali Céline Jacquet ottiene vini di grande finezza, fruttati, croccanti e saporiti, dal moderato tenore alcolico (circa 12%).

Sono andato sul posto ad assaggiare i vini del domaine. Dal 2011 ne è stata fatta di strada! Gli ettari di vigna sono diventati 4 e finalmente il numero di bottiglie disponibili ha permesso all’azienda di farsi conoscere anche fuori dalla regione.

L’azienda non è ancora in regime biologico ma l’obiettivo è a portata di mano. In cantina gli interventi sono minimi, le fermentazioni avvengono con lieviti indigeni e contenuta solfitazione all’imbottigliamento.

Céline Jacquet, gamma in assaggio

Di seguito qualche impressione sui vini assaggiati, con la promessa di note più dettagliate quando potrò degustare con calma i vini acquistati sul posto:

Roussette de Savoie 2017: vino delicato ed esile, ma gustoso, citrino e dissetante. Intrigante per il finale salino e profondo. Le roussette della Savoia, nelle migliori versioni, peraltro regalano un’insospettabile capacità di evoluzione in bottiglia.

Mondeuse St Jean de la Porte “les Echalats” 2018: il vino che mi ha convinto di meno, molto compresso al naso, vinoso e fruttato. L’annata è recentissima, ha bisogno di più tempo per distendersi e tirar fuori un ventaglio aromatico più articolato.

Mondeuse Arbin 2016: un’interpretazione della mondeuse agile e beverina, scorrevole ma senza rinunciare alle spezie e alla verve acida del vitigno.

Mondeuse Arbin “Mes Aïeux” 2016: anche qui siamo di fronte ad una mondeuse scorrevole e spigliata. Il naso è però mobile e articolato: frutta rossa, violetta, pepe, mineralità soffusa…Anche il sorso è sapido e profondo, con acidità vigorosa ma ben integrata.

Non ho potuto assaggiare, perché esauriti da tempo, lo Chignin 2018 (jacquère) e lo Chignin-Bergeron 2017 (roussanne).

Spero di averti fatto venir voglia di assaggiare qualche vino della Savoia. I vini del domaine Céline Jacquet sono da poco distribuiti in Italia da L’Etiquette.

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Arbin “tout un monde” 2011 – Magnin: il carattere della mondeuse in Savoia

Come il lettore più affezionato di Vinocondiviso ormai saprà, parlo con regolarità dei vini della Savoia. Vini interessanti eppure ancora poco noti, mai banali e dal rapporto qualità prezzo generalmente vantaggioso.

Oggi è la volta della denominazione Arbin, dedicata esclusivamente al vitigno a bacca nera autoctono della Savoia, la mondeuse. La versione di mondeuse di cui ti parlo è del produttore Louis Magnin, produttore abbastanza noto anche in Italia grazie ai lusinghieri punteggi che, in tempi non sospetti, Robert Parker diede ai suoi vini bianchi da roussanne (Chignin Bergeron).

Vin de Savoie Arbin Mondeuse “tout un monde” 2011 – Louis Magnin

Vin de Savoie Arbin Mondeuse “tout un monde” 2011 – Louis Magnin

Rosso rubino compatto senza cedimenti.
Olfatto intrigante, spazia dalla china all’alloro, dal ribes alle rose rosse essiccate.
Il sorso in ingresso risulta un po’ stretto, giocato più sulla profondità che sull’ampiezza. L’acidità detta il passo della progressione in bocca che risulta fresca e ficcante, un po’ rapida forse nell’arrivare alla chiusura, che però è pulita, decisamente sapida e con un tannino appena accennato a fornire ulteriore grip ed allungo.

Vino che chiama il cibo, soprattutto se speziato e ricco di succhi. Lo vedrei bene su uno spezzatino di manzo al ginepro.

Plus: naso molto interessante, ampio e mutevole.

Minus: la dinamica in bocca risente di un certo deficit di polpa e sviluppo.

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Metti una sera a cena con Mascarello e Roulot…

No, non ho amicizie così altolocate nel mondo del vino … e non ho cenato quindi con famosi produttori. Però è un po’ come se lo avessi fatto, in compagnia dei loro vini.

Una di quelle serate in cui tutto fila per il verso giusto, in cui le bottiglie sono a posto e la compagnia è da 3 stelle Michelin.

Champagne brut “Exhilarante” v.v. 2000 – Le Brun Servenay

Si parte in quinta! Lo champagne che abbiamo nel calice ha un naso molto complesso e “ricco”: zenzero, agrumi, leggera pasticceria, arancia candita… Il sorso è elegantissimo, ficcante e gustoso, la bollicina è fine e fitta, solletica il palato inesorabilmente. Chiusura salata.

Chablis 1er cru “La Forest” 2012 – Dauvissat

Il naso porta rapidamente a Chablis, ma non uno Chablis qualsiasi: acqua di ostriche, fiorellini e frutta bianca, clorofilla. Bocca fresca e tesa, di grande equilibrio gustativo. Chiusura molto elegante e pulita eppure di grande persistenza.

Meursault Luchets  2010 – Domaine Roulot

Naso più intenso del precedente ma con la medesima eleganza: frutta bianca e burro, polvere da sparo e nocciola…che bella dinamica in bocca! Progressione e sapore, mineralità e allungo. Grande vino, forse il migliore di un terzetto ad altissimo livello.

Barolo Monprivato 2012 – Giuseppe Mascarello
Colore rubino scarico trasparente e vivissimo, l’olfatto è suadente, goloso e finissimo: melograno, frutta chiara, roselline, calcare, anguria, mandarino…bocca più “calda” di quanto il naso faccia presagire, però scolpita da acidità ben presente. La dinamica gustativa non è ancora del tutto armonica, il vino deve ancora farsi, appare giovanissimo con tannino da smussare e, in questa fase, amaricante in chiusura. Annata non certo facile la 2012 in Langa, ma il Monprivato resta fascinoso e magnetico.
Gattinara “Osso San Grato” 2005 – Antoniolo
Il naso è fin da subito ematico (sangue e ferro), poi fiori macerati, arancia e corteccia. Il vino è evoluto leggermente più di quanto mi sarei aspettato ma la bocca è equilibrata nelle sue componenti, tannica e piuttosto calda. La chiusura è decisamente sapida.
Bel vino anche se siamo lontani dalle straordinarie versioni 2004 o 2006.
Vin de Savoie Arbin “La Brova” 2008 – Domaine Louis Magnin
100% mondeuse per questo vino della Savoia. Assolutamente integro e piuttosto originale il naso: pepe, prugna, chiodo di garofano, inchiostro, acciuga, sale, peonia, china. Bocca di bella dinamica e con tannino saporito. Vino che non sfigura affatto accanto ai compagni di batteria.
Syrah Santa Maria Valley Howling 2006 – Ambullneo Vineyards
Il vino americano che ti aspetti (purtroppo): caffè e vaniglia al naso e bocca quasi abboccata, con una certa dolcezza di frutto e comunque una mollezza generale che non fa apprezzare il vino nel bicchiere.

Champagne demi-sec Grand Cru 1994 - André Beaufort
Champagne demi-sec Grand Cru 1994 – André Beaufort

Champagne demi-sec Grand Cru 1994 – André Beaufort
Per chiudere uno Champagne demi-sec piuttosto sottotono. Bottiglia datata anche se il vino non è indimenticabile, come spesso mi succede con la tipologia demi-sec.