“Cosa vuoi fare da grande?”
Quante volte ce lo siamo sentiti domandare, da piccoli. E quante volte ce lo siamo chiesti, da adulti.

L’Oltrepò sembra ancora alle prese con questa domanda, nonostante una storia vitivinicola che si perde fino ai tempi dell’Impero Romano; un territorio esteso, immenso se paragonato ad altre zone vinicole italiane, dove è scontata la presenza di tanti vitigni e la produzione di vini diversi; dove tuttavia non dovrebbero mai esser dati per scontati qualità e rigore nelle scelte aziendali, in vigna, in cantina, sul mercato. Di rigore ha parlato Armando Castagno, giornalista, scrittore e grande comunicatore del vino, al secondo evento organizzato dall’associazione “Oltrepò, terra di pinot nero” a Milano, lo scorso giovedì 2 dicembre, confrontandosi con Filippo Bartolotta, altro importante rappresentante della critica enologica in Italia e nel mondo: “rigore a livello associativo, di viticoltura, di produzione, su disciplinare, di comunicazione, di sostenibilità economica … (un rigore) speso per conoscere e far conoscere i frutti di un territorio dalle potenzialità enormi”.

Al termine del dibattito, tanti gli assaggi di pinot nero nelle sue due declinazioni – spumantizzato e vinificato in rosso – dei 23 produttori presenti; ne abbiamo scelti due che ci continuano a stupire per classe e qualità: il metodo classico Farfalla Cave Privée 2013 di Ballabio e il Giorgio Odero 2017 di Frecciarossa.


E che il Pinot nero sia veramente la risposta alla domanda iniziale, ce lo suggeriscono vini come questi.
Alessandra Gianelli
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