Anisos 2016 – Eugenio Rosi

Eugenio Rosi si definisce viticoltore artigiano. Ma non è un semplice modo di dire, il produttore è infatti un enologo “pentito” che nel 1997 ha deciso di abbandonare il lavoro presso la Cantina Sociale della Vallagarina per dedicarsi anima e corpo al suo progetto artigiano. Ad oggi segue in prima persona 8 ettari di vigne in affitto.

Vallagarina Bianco IGT Anisos 2016 – Eugenio Rosi

Il vino è ottenuto da pinot bianco, nosiola e chardonnay. La fermentazione è spontanea e il mosto resta a contatto sulle bucce per qualche giorno (circa 10, ma dipende dalle annate). Affina un anno in botti di rovere di 500 litri, nessuna chiarifica o filtrazione prima di un altro anno di riposo in bottiglia.

Il vino si presenta di un bel giallo dorato luminoso e trasparente. Olfatto molto articolato: ananas, fiori gialli, fieno, arancia candita, propoli… Il sorso è caratterizzato da ottimo volume e stratificazione, con una materia ricca accompagnata però da notevole dinamica. L’acidità è infatti vivace e sostiene lo sviluppo, gustoso, del vino.

Chiude lungo e appena amaricante su ritorni di agrumi e sale.

Diego Mutarelli
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A.A.A.: Alto Adige Again

Che qualcuno, qui a Vinocondiviso, abbia un debole per l’Alto Adige, ne abbiamo tracce in alcuni articoli (ad esempio: qui, oppure qui, ma anche qui): l’occasione di partecipare all’evento “Vignaioli indipendenti del Trentino e dell’Alto Adige”, tenutosi domenica 13 marzo a Milano, era troppo ghiotta per farsela sfuggire.

Fra produttori che già apprezzavamo e altri per noi nuovi (Oberstein e Untermoserhof) abbiamo scelto sei vini che ci hanno colpito per eleganza (due pinot bianco), potenza (due pinot nero) e identità territoriale (e questi ultimi due ve li sveliamo dopo).

Il vitigno a bacca bianca per cui è famoso l’Alto Adige è il gewürztraminer, ma questa regione riesce a regalare grandi espressioni di pinot bianco; eccone due, campioni di eleganza:

  • Lapis 2018 di Weingut Oberstein: il nome del vino significa pietra in latino e la scelta è azzeccata; freschezza e mineralità sono i fili conduttori sia al naso che all’assaggio.
  • In der Låmm 2019 di Weingut Abraham: qui il pinot bianco si fa ancora più elegante e femminile con note di mughetto ed erbe di montagna, in bocca verticale e incredibilmente sapido. Nota: sì, da donna mi permetto di usare ancora l’aggettivo “femminile” per un vino senza sentirmi “politicamente scorretta”.

Eccoci ora a parlare del re pinot nero, coltivato in Alto Adige almeno da metà Ottocento, ovvero prima della sua annessione in Italia dopo la Prima Guerra Mondiale, grazie al sostegno dell’Arciduca Giovanni d’Asburgo, in due versioni, diverse per luogo e tecnica di affinamento, che ci hanno colpito per la loro potenza:

  • Schwarze Madonna Pinot Nero Riserva 2018 di Klosterhof: l’ultima generazione in azienda ha avuto esperienze in Borgogna e lo sguardo è irrimediabilmente sempre verso la Cote d’Or ma … coi piedi ben radicati nelle loro vigne, nella Bassa Atesina (siamo vicino al lago di Caldaro). Bocca piena e avvolgente, tannino fine, ampi margini di evoluzione.
  • Vigna Zis Pinot Nero 2016 di Brunnenhof: siamo stati anni fa nella cantina di Kurt Rottensteiner,  e ci ricordavamo nella bellissima “Vigna Zis” a Mazzon;  questa single vineyard, prodotta solo nelle annate migliori, sempre in tonneaux, è la summa del pensiero di Kurt: far emergere annata e terroir. Ci provano e lo dicono in tanti ma come si dice in inglese “easier said than done”. Naso intenso e austero, sorso ampio, grande persistenza: e pensare che Kurt lo teneva nascosto, al banco d’assaggio 😉

Passiamo ora a due vini che ci hanno colpito per la loro identità territoriale:

  • Santa Maddalena Classico 2020 di Untermoserhof: la cantina è proprio vicino alla chiesetta simbolo della denominazione, nell’omonimo villaggio che si raggiunge a piedi (ma in salita) da Bolzano; già al nostro primo sorso capiamo quanto tenga alla schiava, uva base del Santa Maddalena, e quanto impegno ci sia nel valorizzarla. Abbiamo degustato il vino con Massimo Zanichelli, che ne ha scritto una interessantissima verticale su Acqua buona:  I due Santa Maddalena di Georg e Florian Ramoser – Racconto di una verticale. Bellissima scoperta e lettura superconsigliata (questo il link).
  • AnJo 2019 di Strasserhof: siamo nella Valle Isarco, dove il kerner dà il suo meglio e infatti quello prodotto da Hannes è egregio. Qui vi parliamo di un altro vino che ci ha molto colpito sia per la sua aderenza territoriale sia per la voglia di sperimentare: Anjo, ultimo nato in azienda (siamo solo a due annate prodotte, 2018 e 2019), un blend di sylvaner (50%), riesling (35%), kerner (15%) affinato in legno. Un vino di struttura e di grande equilibrio gustativo, destinato ad un ottimo invecchiamento.

HALLO SÜDTIROL, SEHEN WIR UNS BALD WIEDER!

Alessandra Gianelli
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Terre del Faet, una piccola e promettente realtà si nasconde in Collio

Ci troviamo nel cuore del Collio, a Cormòns.
E’ qui che Andrea Drius, pochi anni fa, decide di occuparsi dei due ettari – acquistati dalla famiglia e lavorati principalmente dai nonni – per iniziare a vinificare ed imbottigliare i propri vini.
Il millesimo 2012 è quello del debutto di Terre del Faet e le uve sono quelle classiche del territorio: friulano, pinot bianco, malvasia e merlot.
Andrea è un giovane con le idee ben chiare ed una gran voglia di fare, quest’ultima indispensabile in un’azienda di queste dimensioni in cui ci si deve occupare di tutto in prima persona: vigna, cantina, amministrazione, vendite…
Studi in agraria ed enologia e sensibilità hanno permesso ad Andrea Drius e a Terre del Faet di ritagliarsi in poco tempo una certa notorietà in una zona in cui certo non mancano stelle di prima grandezza.
Ad oggi gli ettari gestiti da Terre del Faet sono 4, il parco vigne è tra i 40 ed i 60 anni di età, le pratiche in vigna e cantina sono decisamente non invasive ma lontane da ogni integralismo (ogni scelta è soppesata e sperimentata senza sposare acriticamente alcun dogma).
In cantina troviamo prevalentemente contenitori di cemento, inox e qualche botte di rovere rigenerata (in particolare per il merlot e per parte del friulano).
Il mosto resta a contatto con i lieviti che vengono continuamente fatti lavorare con la massa (bâtonnage) al fine di stabilizzare, arricchire e caratterizzare il vino. La malolattica è svolta naturalmente.
I vini che ne derivano li ho trovati puliti ed espressivi, equilibrati e sapidi, con alcol sempre ben gestito. Insomma, Terre del Faet è una realtà da tenere d’occhio.
Nelle annate favorevoli le bottiglie prodotto sono circa 20.000.

Di seguito ti riporto qualche sintentica nota sui vini degustati.
Note più dettagliate nei prossimi post, quando avrò modo di bere con calma qualche vino che ho acquistato per un assaggio più approfondito.

Terre del Faet: i vini in degustazione
Terre del Faet: i vini in degustazione

Collio Pinot Bianco 2017
Colore giallo paglierino con riflessi verdognoli.
Naso di grande finezza, elegante e delicato di fiori bianchi, clorofilla, minerale soffuso e pesca.
Bocca di bella dinamica, sorso in equilibrio grazie al saporito sostegno della sapidità.
Chiusura su bei ritorni delicatamente vegetali.

Elegante

Collio Friulano 2017
Giallo paglierino e naso di roccia, mandorla amara e tocco vegetale.
Bocca piuttosto ricca ma mai strabordante, la chiusura è ammandorlata.
Vino ancora compresso, giovane e da attendere con fiducia.
Acquisirà complessità e distensione.

Promettente

Collio Malvasia 2017
Paglierino lucente il colore, l’olfatto è floreale, con anche però qualche spezia a far capolino.
La bocca è morbida e ricca ma il liquido si distende sul cavo orale accompagnato da grande sapidità.
La chiusura è di magnifica pulizia e nettezza.

Coup de cœur

Collio Bianco 2016
Vino molto interessante ottenuto da friulano e, a completamento, malvasia istriana. Naso elegante e delicato ma di grande complessità. L’anno in più di affinamento rispetto ai millesimi più recenti appena assaggiati ha fatto molto bene al vino che si è liberato di parte della sua giovanile irruenza per acquisire un carattere più compiuto e complesso. La bocca è succosa e la sapidità invita ad un nuovo sorso. Retrolfatto lievemente speziato.

Grazioso