Oggi ti racconto di una degustazione di schiava molto didattica. La schiava – o vernatsch come si dice in Alto Adige, terre d’elezione del vitigno – dà origine a vini spesso semplici, beverini e succosi, con poco tannino e piacevoli compagni della tavola. Alcuni vini però, soprattutto se ottenuti da vigne vecchie, hanno mostrato oltre ad eleganza e golosità anche una complessità in parte inattesa.

La degustazione è stata possibile grazie alla cortese ospitalità dell’enoteca La Sala del Vino, locale di recentissima apertura a Milano.
Ecco il resoconto di quanto bevuto:
Amadeus Rosè Alpino – Lieselhof
Naso molto floreale (rosa), seguito dalla frutta rossa matura. Semplice ma pulito e lineare.
Bocca agile, persino esile con alcol che, nonostante sia nominalmente basso, pizzica in chiusura.
Piacevole
Südtiroler DOC Vernatsch Alte Reben 2017 – Glögglhof (Franz Gojer)
Uno dei migliori vini della serata. Olfatto di viola e fragole, bocca di bella dinamica, fresca e leggera ma profonda e saporita.
Molto convincente
Kalterersee Classico Superiore “Quintessenz” 2017 – Kaltern
Inutile girarci intorno: vino deludente. Chiuso al naso, poco espressivo ed amarognolo in bocca.
Poco generoso
Lago di Caldaro Classico Superiore “der Keil” 2017 – Manincor
Olfatto essenziale di frutta rossa e mandorle tostate.
La bocca risulta poco dinamica, piuttosto rapida nello sviluppo e dal finale amaricante.
Si può dare di più
Alto Adige Vernatsch “Fass Nr. 9” 2017 – Girlan
Naso di una bella floralità con un tocco di gelatina alle fragole.
Bocca fruttata, di una certa morbidezza, salata la chiusura su ritorni amandorlati.
Rassicurante
Amadeus 2016 – Lieselhof
Vino di impostazione lineare e scorrevole, dal naso dolce e floreale, al sorso beverino e amandorlato.
Schietto
Südtirol DOC Vernatsch Mediaevum 2017 – Gump Hof (Markus Prackwieser)
Naso articolato e complesso di fiori appassiti, lampone maturo, rosa canina.
Bocca di buon volume e sviluppo con la sapidità ad accompagnare la deglutizione e retrolfatto coerente con quanto percepito all’olfatto.
Intrigante
Elda – Nusserhof (Heinrich Mayr)
Vino che non riporta l’annata uscendo come vino da tavola e che sorprende tutti i degustatori.
Ottenuto da un vigneto con viti di 80 anni: in prevalenza schiava (rari e antichi cloni di vernatsch) ma a completare, in “complantation”, anche un circa 15% altri vitigni quali lagrein, teroldego, blatterle e altri…
Nel bicchiere il vino si stacca dagli altri per qualità ed originalità.
Olfatto di sangue, ferro, erbe aromatiche, carne cruda, sottobosco, rose rosse,
mineralità scura… La bocca è stratificata, di volume ed allungo, lo sviluppo segue un percorso tridimensionale che lascia il cavo orale succoso e soddisfatto.
Fuoriclasse
St. Magdalener 2016 – Thurnhof (Andreas Berger)
Vino in prevalenza di schiava con lagrein a completare l’uvaggio.
Naso di piccoli frutti rossi, semplice ma intrigante.
La bocca è però piatta ed in chiusura amarognola.
Da riassaggiare
Vernatsch “Morit” 2015 – Loacker
Vino (o bottiglia?) preso in ostaggio da acetica fuori controllo.
Imbevibile
Vernatsch von Alten Reben “Upupa Rot” 2014 – Weingut Abraham
L’annata complicata non aiuta certo questo vino di cui avevo sentito parlare molto bene ma che non avevo mai assaggiato.
Purtroppo il naso è quello di un vino eccessivamente “lavorato”: vaniglia, rossetto, caffè coprono il varietale della schiava (in questo vino vi è anche un piccola percentuale di pinot nero). La bocca di contro è vuota e corta anche se il finale è piacevolmente sapido.
Da riprovare (magari un altro millesimo)
La panoramica è stata molto interessante e ha permesso di assaggiare vini non sempre di facile reperibilità fuori dall’Alto Adige.
La schiava si conferma vitigno piacevole e gourmet: il tannino molto sottile e il corpo mediamente magro rendono questo vino adatto a vinificazioni in sottrazione, senza la necessità di cercare struttura o complessità con lavorazioni in cantina o in vigna che rischiano di essere anzi controproducenti.
Nelle migliori versioni, soprattutto in caso di vigne vecchie (le “vere” Alte Reben), il vino acquisisce un’articolazione ed una dinamica degne di nota, con l’Elda di Nusserhof una spanna sopra tutti.
Diego Mutarelli
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