Gschleier Alte Reben: leggiadra, dolce, selvatica, longeva

Parliamo ancora di Schiava, noi di Vinocondiviso: dopo una degustazione comparata, a settembre scorso, questa volta abbiamo voluto approfondirne la potenziale longevità.

Lo abbiamo fatto, ospitati dalla Vineria di Via Stradella, che ringraziamo per aver recuperato 4 diverse annate di Gschleier Alte Reben, la schiava della linea “alta” di Cantina Girlan.

Un piccolo passo indietro: 750 ettari vitati, la Schiava resta il vitigno più coltivato in Alto Adige nonostante un tasso di riduzione drammatico, negli ultimi anni, a favore di vitigni con più appeal commerciale.

A credere nella sua valorizzazione è stato oltre 40 anni or sono il capo cantiniere della cantina Girlan, cooperativa storica nata nel 1923 a Cornaiano (Girlan, nella lingua locale). George Spitaler osservando le vecchie vigne a pergola poco lontano dalla sede aziendale impose una svolta radicale per far nascere la Gschelier Alte Reben, appunto “vecchie vigne”. Drastica riduzione delle rese per ettaro e, in cantina, affinamento in botti grandi.

Il vigneto Gschleier, il cui nome richiama un’antica guarnigione romana riportata alla luce in quella zona con i relativi reperti, si trova su una collina morenica di 450 m di altitudine, dal terreno tipicamente calcareo, ghiaioso e argilloso, con una bella esposizione a sud. Posizione e orientamento garantiscono un’insolazione ottimale che fa nascere un vino pieno, con un grande potenziale d‘invecchiamento.

Vigna Gschleier

Dal lontano 1975 le uve Schiava della zona di Gschleier danno vita ad un vino particolare, di corpo, che nulla ha a che vedere con le tante, e forse stereotipate, espressioni di Schiava “leggere” dell’Alto Adige.

La vendemmia avviene manualmente in piccoli contenitori per un rapido trasporto in cantina, dopo la diraspatura il mosto viene trasferito in tini d‘acciaio inox per la fermentazione dove sosta per 15-20 giorni; conclusa la classica fermentazione alcoolica, si attiva la fermentazione malolattica e quindi si passa ad un affinamento per 9 mesi in grandi botti di rovere e, infine, 6 mesi in bottiglia.

Un vino dalla dimostrata longevità, che tuttavia non snatura le caratteristiche del vitigno per farlo diventare qualcosa che non è. Resta un vino dalla bassa acidità, in genere sui 5 grammi litro, relativamente poco tannico grazie alla buccia poco spessa, con una struttura e una alcolicità superiore alle altre Schiava ma capace di trasmettere la mineralità dei sottosuoli come i migliori bianchi della stessa regione.

In degustazione abbiamo assaggiato il frutto delle vendemmie 2017, 2016, 2010 e 2006 per cogliere come il passare del tempo riesce a tirar fuori da questo vitigno quella parte speziata che spesso è nascosta quando bevuto, come spesso accade, nella prima gioventù.

  • i vini in degustazione
  • Abbinamenti

Gschleier 2017

Vino dal naso molto fine, giocato sul fiore rosso ed il ribes, minerale, poi un cenno di ginepro. La bocca in ingresso risulta piuttosto calda ma ha un bell’allungo salato. Vino ancora molto giovane che in questa fase risulta piacevole anche se in qualche modo non ancora compiuto.

Non ho l’età (Gigliola Cinquetti, 1964)

Gschleier 2016

Naso molto compatto di grafite e frutti rossi maturi. Sorso di impatto, ampio ma non alcolico con le morbidezze del vino tenute a bada da una trama fitta. Dal centro bocca in poi mette il turbo con una grande progressione, energica ma soave, senza spigoli. Finale caratterizzato da una grande sapidità ed un’ottima persistenza. Vino di grande classe e decisamente promettente. Da bere anche ora ma se riuscite a conservarne qualche bottiglia…

Va bene, va bene così (Vasco Rossi, 1984)

Gschleier 2010

Olfatto molto articolato: sottobosco, sangue, frutta rossa macerata, tocchi delicatamente affumicati. Bocca sferica, ampia, di calore alcolico ma saporita. Nel finale una pennellata tannica completa il quadro di un vino all’apice ma non ancora domo. Vino intrigante.

Mentre tutto scorre (Negramaro, 2005)

Gschleier 2006

Vino che si presenta fin dal naso evoluto, però con il passare dei minuti non decade, ma resta sulla frutta rossa e le foglie secche, il sottobosco, la corteccia e la china. In bocca è risolto, senza ormai molta progressione, anche se la chiusura è definita, pulita e di una piacevole dolcezza di frutto. Millesimo difficile da giudicare anche perché a questo stadio l’evoluzione di bottiglie diverse della stessa annata potrebbe aver dato esiti difformi.

La decadenza (Ivano Fossati, 2011)

Alessandra Gianelli
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