La passione per il vino ti porta anche ad eleggere luoghi del cuore, territori dove torni con regolarità e che in qualche modo senti che ti “appartengono”. Tra i miei luoghi del cuore, insieme a Dolceacqua, un posto speciale è riservato a Mamoiada.
A Mamoiada sono quattro anni che ci vado almeno per un paio di giorni a luglio, e anche quest’anno non ho fatto eccezione.
Quest’anno è stata come sempre una bellissima visita, un sentirsi a casa, un cogliere lo spirito di chi fa il vino di Mamoiada. A Mamoiada il vino è parte integrante della cultura e della comunità locale. È in forte crescita il desiderio di renderlo sempre più parte della vita del paese, integrando l’identità locale con quella del vino locale.
Quando torno a Mamoiada rivedo amici come Piergraziano Sanna, Marco Canneddu, Francesco Cadinu, Simone Sedilesu, i quali, aiutato dall’indispensabile Andrea Cosseddu, frequento dall’inizio. Con loro più che degustare, si chiacchiera, si discute e….si condivide! Sì perché io viaggio sempre armato di borsa frigo e bottiglie 😊
Quest’anno ho rivisto con piacere anche Giovanni Ladu, Giovanni Sedilesu, Francesco Cisco Mulargiu, Mario Golosio ed ho incontrato produttori che non conoscevo, come Giorgio Gaia, dell’azienda Vinzas Altas, e Pietro Fadda della cantina Mussennore.
Ho assaggiato qualche vino? Certamente!


Il Cannonau rosato è una tipologia abbastanza nuova, ed il vitigno si presta a differenti interpretazioni:
il Maria Pettena della Cantina Sannas è un vino di struttura, di fruttini rossi, di freschezza viva, complesso e intenso; lo Zibbo rosato della Cantina Canneddu è un vino di intensità di frutto, dolcezza e freschezza insieme, grande densità e spessore; il S’Ena Manna di Giovanni Ladu è un rosato decisamente asciutto, fresco, sapido, fruttato leggero e molto minerale; il rosato Mussennore è un vino di grande finezza, floreale, anche lui di bella sapidità e freschezza.
Tra i rossi tante prove di botte, qualcosa da bottiglia, qualità sempre alta. Non avendo preso appunti potrei sbagliare qualche annata, o anche dimenticare qualche assaggio, mi perdoneranno gli amici vignaioli.
Il cannonau di Mamoiada, pur nelle differenti interpretazioni, gode di alcune caratteristiche condivise, come i sentori di macchia mediterranea, mirto, elicriso, un’acidità che poco cede alle morbidezze e mineralità di terra salmastra. A Mamoiada stanno iniziando a puntare molto sulla vinificazione per cru, areale, vigna, chiamatela come volete, loro la chiamano Ghirada.
Cantina Sannas di Piergraziano Sanna fa un cannonau di gran carattere, il Bobotti, anche nelle versioni + e ++, selezioni di vigna e cantina. Ho bevuto il Bobotti 2017, vino dal cuore grande, sensazioni di polpa di frutta e di macchia mediterranea, ricco in bocca con sufficiente acidità e sapidità da lasciare la bocca freschissima.
Da Marco Canneddu di Cantina Canneddu ho assaggiato lo Zimò 2020, cannonau da vigne giovani vinificato in acciaio. Vino che nasce per essere immediato, non impegnativo, profumi dolci e speziati, bocca fresca, allegra, goduriosa. Un vino da beva spensierata. Lo Zibbo 2019, affinato in legno grande, è un cannonau austero, balsamico, con note radicose che si ritrovano in un sorso arricchito da tannini fini e acidità notevole.

La Cantina VikeVike di Simone Sedilesu è una tappa obbligata ogni anno, da lui ho assaggiato la granazza, il bianco autoctono di Mamoiada di cui Simone fa una versione tutta giocata su freschezza e leggerezza, note balsamiche e fruttate, sapido e dolce. Poi il cannonau Ghirada Fittiloghe 2019 vino elegante, frutta rossa e bacche sarde, una bella struttura al sorso, balsamico e fresco. La riserva 2017 di cannonau è un vino importante, di notevole impatto, profumi di spezie, di terra calda, di frutta matura. Una carica tannica notevole ed in evoluzione verso la rotondità. Chiusura balsamica e lunga. Da aspettare ancora un po’. Qualche assaggio da botte, ad esempio il Ghirada Garaunele 2020 che fa insieme con Andrea Cosseddu, poi il suo Ghirada Fittiloghe 2020, entrambi molto ricchi, di bella struttura, troppo presto perché si esprimano appieno.
Il S’Ena Manna 2019 di Giovanni Ladu è un vino netto, preciso, quasi affilato, ricco di sensazioni erbacee e terrose. Con un po’ di tempo in bottiglia evolverà in ampiezza e profondità. Giovanni mi ha fatto assaggiare una prova di botte di granazza, microproduzione di qualche decina di bottiglie, ma direi che non sia ancora pronta…
La cantina di Giorgio Gaia e di Piercarlo Sotgiu, suo socio, ha appena cambiato nome, ora si chiama Vinzas Artas. Da loro ho assaggiato il Nigheddu 2019, cannonau classico, di buona freschezza, frutti neri e spezia, di struttura agile ma con un ampio impatto in bocca, buona lunghezza, beva asciutta. Poi il Ghirada Sa Lahana 2019, vino di bella ricchezza, profumi intensi di erbe aromatiche, di frutti scuri, balsamici. Assaggiati da botte i 2020, Ghirada Garaunele e Ghirada Garaunele 1920 da vigne centenarie, vini di grande intensità, ancora da farsi, con il vecchie vigne (1920) bello espressivo e ampio, con le premesse per un vino di grande equilibrio. Assaggiata da botte anche una chicca del 2019, un cannonau d’altri tempi, con 16° ed ancora residuo zuccherino ma con un’intensità fruttata, balsamica, speziata veramente notevole. Non lo imbottiglieranno perché temono non sia stabile, ma il vino è buonissimo!

Il cannonau Mussennore 2019 è decisamente giovane, profumi verdi si alternano a frutti rossi e speziature lievi. Vino decisamente sapido però con tannini ancora un po’ acerbi. Ho appuntamento con Pietro Fadda per i prossimi anni per seguirne l’evoluzione, per me sarà molto positiva.
Cosa vuoi, non andare a mangiare un boccone da Taipu, il ristorante di Cisco Mulargiu? Approfittando anche per assaggiare da vasca il suo Ghirada Malarthana 2019, che quando andrà in bottiglia forse sarà composto, per adesso è intenso ma un po’ sconnesso, succoso, buona acidità, il vino c’è, deve solo comporsi e distendersi.
L’ultimo evento di questa due giorni è stata una specie di jam session da Andrea Cosseddu all’enoteca La Rossa, punto di riferimento del vino di Mamoiada. Stavamo facendo una tranquilla merenda a base di salame piemontese e pecorino sardo, con un paio di vini portati da me, ed un assaggio del cannonau che porta il suo nome e che produce in collaborazione con Simone Sedilesu. Pian piano la tavolata si è allargata, sono arrivati Francesco Cadinu dell’omonima cantina, Melchiorre Paddeu della cantina Merzeoro, Salvatore Mele della Cantina Antonio Mele, è apparso anche Francesco Sedilesu, il deus ex machina del vino mamoiadino. Assaggia qui, assaggia là abbiamo aperto altre bottiglie del 2019. Difficile ricordare tutto, ma si è confermata la qualità alta, con qualche vino troppo giovane, ancora da comporsi. I vini dovrebbero essere stati: Perdas Longas di Francesco Cadinu; Vinera di Antonio Mele; Mamuthone della cantina Giuseppe Sedilesu; Teularju Ghirada OcruArana, Merzeoro Ghirada Badu Orane.

Torniamo all’inizio, io amo questo territorio quasi quanto amo il territorio del Dolceacqua, che è la mia terra d’origine, il Ponente Ligure. Vedo tante affinità, areale piccolo, produttori piuttosto uniti e solidali, identità forte, tanto forte da meritarsi una Denominazione d’Origine, cosa che è riuscita a Dolceacqua e che dovrebbe, secondo me, essere l’obiettivo principale di Mamoiada. L’identificazione di vino per cru, che a Dolceacqua si chiama Nomeranza ed a Mamoiada Ghirada, ha un valore enorme, ma ha un senso solamente nell’ambito di una DOC ben definita, limitata geograficamente. Nella DOC Cannonau di Sardegna non c’è alcun senso per i vini di Mamoiada, che sono eccellenti, ma che hanno bisogno di vedere riconosciuta la propria identità.
Andrea D’Agostino
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