Puligny Montrachet è la terra dei bianchi migliori al mondo. Situato nella Côte de Beaune, il vino proveniente da questo villaggio rivolto a oriente sorge nella luce avvolgendosi nel mistero. È espressione di una ragione superiore e di un’armonia apollinea, e allo stesso modo scaturisce da un istinto e da una creatività dionisiaca. Non esiste luogo più luminoso per il vino, tuttavia se da un lato la sua luce raggiunge e irradia il cuore, dall’altro il segreto di tanta bellezza si sottrae alla nostra consapevolezza e preferisce rimanere nascosto in una memoria antica.

Gli uomini più fortunati possono solo attingere a questa ebbrezza sublime, cercando di rielaborarla senza per forza riuscire a rivelarne l’arcano. E anche se nel mio cammino non ho ancora incontrato le leggende del Montrachet o dei suoi vicini Grand Cru più illustri, una sera la fortuna mi ha portato a fare esperienza di tre dei Premier Cru di Puligny Montrachet, interpretati da alcuni tra i produttori più abili e consapevoli.

Paul Pernot, Premier Cru Champ Canet – Clos de la Jacquelotte 2015: A confine con Meursault, dove il rinomatissimo Premier Cru Les Perrières prosegue verso Puligny cambiando nome in Champ Canet, si trova un piccolo lieu-dit, situato più in alto rispetto al blocco principale: è qua che Paul Pernot crea il suo vino, rivendicandolo con il nome Clos de la Jacquelotte. Il colore è giallo paglierino scarico ma scintillante, al naso si concentra su profumi floreali di gelsomino e mughetto, poi una nota iodata, mandorla e un leggero sentore di bacca di vaniglia. In bocca divampa una bellissima freschezza dissetante, inizia con l’acidità, termina con la sapidità, nel complesso un vino teso, dritto e persistente.
François Carillon, Premier cru Les Folatières 2015: il climat più ampio di Puligny Montrachet, letteralmente significa “luogo abitato da spiritelli”, l’interpretazione di questo vino proviene da una famiglia di vigneron ormai giunta alla sedicesima generazione. Colore giallo dorato, il vino presenta una buona consistenza, il naso mi ricorda l’estate: gli aromi riecheggiano i fiori di campo, la pesca gialla matura, il miele, l’orzo; è goloso e caldo, con un leggero sentore tropicale di mango. Il sorso è fresco e sapido con la stessa intensità e mostra un grande equilibrio, ma l’allungo finale non raggiunge la profondità del Clos de la Jaquelotte, che tra parentesi è costato un 30% in meno.
Domaine Leflaive, Premier Cru Les Pucelles 2015: il famigerato domaine possiede ben 3 ettari su 6,76 di questo climat, il cui nome significa “le vergini”. Si trova in un luogo fortunatissimo, accanto al Bâtard Montrachet e al Bienvenue Bâtard Montrachet, e avendo studiato la sua conformità e posizione sui libri, non avrei mai immaginato un vino tanto affilato e aggraziato allo stesso tempo. Siamo in una zona bassa e argillosa, e se i Grand Cru confinanti sono rinomati per la loro ampiezza, estroversione e muscolosità, da un Premier Cru della zona limitrofa mi sarei aspettato un risultato simile, magari un vino più pesante, soprattutto in un’annata calda e generosa. Al contrario, come un lampo ecco che si rivela la magia inaspettata di questo luogo: giallo paglierino lieve, quasi verdolino e brillante, appena stappato emerge al naso una nota di incenso, che poi sfuma per lasciare spazio a una serie di aromi per nulla banali, come la lavanda, il chinotto e la mandorla amara. Al palato un’acidità tagliente, che dà ritmo e incisività a un sorso tutt’altro che ruffiano. Non a caso l’interprete di questa bottiglia è uno dei domaine più prestigiosi di tutto il mondo: Leflaive. Un’annata difficile questa 2015, che vide la scomparsa di Anne Claude Leflaive proprio in primavera. Com’è stato possibile imbottigliare così tanta bellezza nonostante l’incolmabile perdita? E che impatto avrà sul vino il cambio di direzione aziendale avvenuto negli ultimi anni? Tutti segreti di cui non ci è dato conoscerne la risposta. L’unica cosa che so è che il risultato di questa 2015 è straordinario, e mi piace pensare che il passaggio su questa terra di certe personalità carismatiche lasci sempre un insegnamento, un’impronta, un messaggio che nemmeno la morte può cancellare.
Elena Zanasi
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