Arbois Pupillin Naturé “Foudre à Canon” 2019 – Domaine de la Borde

Julien Mareschal si installa in Jura, a Pupillin, nel 2003, dando vita a Domaine de la Borde, piccola azienda artigiana biologica che vinifica circa 5 ettari di vigna prevalentemente a ploussard, trousseau, pinot noir, chardonnay e savagnin. L’azienda nel tempo abbraccia anche la biodinamica e si ritaglia un ruolo di primo piano per molti appassionati di Jura.

Abbiamo assaggiato il savagnin (in loco chiamato anche naturé) Foudre à Canon 2019, vino ottenuto da fermentazione spontanea e affinato 20 mesi in grandi botti di rovere (foudre) e giare di ceramica.

Foudre à Canon

Accattivante il colore, un dorato luminoso con riflessi verde/oro. Olfatto intenso e cangiante, dapprima si apre su note di frutta non troppo matura (albicocca acerba e mela renetta), poi arrivano i fiori gialli, la cera, la roccia spaccata, un tocco fumé, da ultimo un mix di agrumi (scorza d’arancia, lime) e spezie in formazione (pepe bianco).

Sorso fresco e fitto, l’acidità è elettrica ma stupendamente integrata nella materia del vino, che risulta saporito e con alcol (13,5%) gestito alla perfezione. Lo sviluppo è dettato da una progressione energica e senza strappi ed il vino, pur mantenendo un’ottima bevibilità, non rinuncia a potenza e volume, il tutto in un’insieme elegante e scorrevole. La chiusura è sapidissima e ci sorprende con un carezzevole ritorno di miele d’acacia. Persistenza da fuoriclasse.

Domaine de la Borde Naturé 2019

Plus: un vino bianco di grande carattere che ci proietta immediatamente in Jura, un’interpretazione identitaria e territoriale da parte del suo artefice, Julien Mareschal.

Diego Mutarelli
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Grandi Langhe 2025: un resoconto dei nostri assaggi

Abbiamo avuto l’opportunità di partecipare a Grandi Langhe 2025, l’evento di presentazione delle nuove annate organizzato dal Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani con il Consorzio di Tutela Roero e in collaborazione con Piemonte Land of Wine. Da quest’anno vi era dunque l’opportunità di degustare i vini di tutto il Piemonte, anche grazie alla predisposizione di un’efficiente area stampa dove giornalisti e comunicatori provenienti da tutta Europa potevano degustare più di 700 etichette.

Grandi Langhe 2025, location OGR

Vi è stata la possibilità di degustare parte dei vini con una certa tranquillità, prima di farci prendere dalla frenesia degli assaggi ai banchetti. Di seguito condividiamo sia gli assaggi un po’ più strutturati dell’area stampa sia qualche suggestione che abbiamo avuto nello spazio espositivo alla presenza dei produttori.

Barolo Monvigliero

5 sfumature di Monvigliero
5 sfumature di Monvigliero

Abbiamo iniziato assaggiando 5 diversi Barolo provenienti dalla menzione geografica Monvigliero.

Barolo Monvigliero 2021 – Fratelli Alessandria

Aromaticamente il più dolce del lotto, un frutto rosso che tende quasi alla fragola di bosco, lampone schiacciato, floreale, grafite, sorso piuttosto agile, ficcante, ottima freschezza, tannini ben fitti e fini, chiusura appena calda. Lungo su ritorni di frutto rosso sotto spirito e liquirizia.

Barolo Monvigliero Riserva 2019 – Castello di Verduno

Anche qui il naso è piuttosto dolce persino con qualche nota di caramella mou, non il Barolo (né il Monvigliero) che ti aspetti, rose appassiti, balsamicità, sorso saporito, tannino disteso, alcol sotto controllo, chiude amaro con legno un po’ troppo in evidenza.

Barolo Monvigliero 2021 – Diego Morra

Olfatto di fiori appassiti, terra e radici, fruttini rossi, ferro. Sorso molto equilibrato, succoso, saporito, dolce di frutta matura. Chiusura lunga ed elegante, sapidissima eppur lieve. Gran bel vino.

Barolo Monvigliero 2019 – I Brè

Fiori macerati, sangue,  asfalto, sorso scorrevole e gustoso, tannini affusolati che in chiusura danno però il giusto grip, lungo su ritorni di frutta matura.

Barolo Monvigliero 2021 – Ramello Gianni e Matteo

Naso dolce di frutta matura (fragole ma anche pesca), un tocco di volatile, bocca di volume, piuttosto rapido nello sviluppo e caldo in chiusura. Un vino non del tutto riuscito o, più ottimisticamente, che sta passando una fase infelice.

Monvigliero

Barbaresco

6 Barbaresco in assaggio

Siamo passati quindi a testare sei Barbaresco, curiosi di verificarne la maggior apertura ed espressività rispetto ai Barolo che al momento sembrano in fase giovanile di assestamento.

Barbaresco Asili 2021 – Carlo Giacosa

Naso goloso di fragoline, melograno, fiori freschi, sorso di buon volume, caldo, sapido e lungo. Un bel Barbaresco con un pizzico di alcol in chiusura che non lo fa essere eccezionale, ma vino molto buono.

Barbaresco Asili 2021 – Cascina Luisin

Naso di fragole e violette, una nota ferrosa, sorso pieno, sviluppo guidato dalla freschezza, tannino fitto ed elegante, molto bello in chiusura su ritorni di sale e frutta rossa. Un Barbaresco eccellente.

Barbaresco Serraboella 2021 – F.lli Cigliuti

Anguria, fiori rossi, goudron, bocca molto gustosa di frutta matura, sorso un po’ rigido forse, il tannino è particolarmente graffiante, ma saporito e non amaro. Un Barbaresco vecchio stampo che siamo certi potrà dare il meglio tra almeno un lustro. Da attendere con fiducia.

Barbaresco Bricco di Neive Vie Erte 2021 – F.lli Cigliuti

Fin dalla prima “snasata” siamo di fronte ad un vino fuoriclasse, l’olfatto è delicato, mutevole, stratificato di fruttini rossi, rose appassite, un tocco terroso, spezie in formazione. Bocca saporitissima, fitta eppur scorrevole, l’armonia delle sue componenti di frutta, acidità e tannino lo rendono setoso e lungo. Elegantissimo. Un grande vino. 

Barbaresco Gallina 2021 – Ugo Lequio

Naso di fragole ed una certa balsamicità, sorso di ottima dolcezza e allungo, elegante e sapido. Un Barbaresco riuscito se vogliamo piuttosto minimalista ma non è certo un difetto. Piacerà particolarmente a chi ama dettaglio aromatico e cesellatura del sorso. Molto interessante.

Barbaresco Rio Sordo 2021 – Musso

Naso che non parte pulitissimo (straccio bagnato), frutta scura, corteccia, asfalto, sorso molto più rassicurante, sapido e di ottima dinamica. Altro vino da attendere con fiducia, deve sistemarsi ma il tempo lo aiuterà. La chiusura sapida e lunga fa ben sperare.

I sei Barbaresco in assaggio

Altre bottiglie degne di nota

altri assaggi Grandi Langhe

Barolo Vigna Rionda 2021 – ArnaldoRivera

Sembra quasi un ossimoro, ma questo è un Barolo rarefatto, senza ostentare potenza si presenta con note soffuse di fragoline di bosco, arancia, asfalto, rose appassite…elegantissimo anche al sorso, dal tannino gentile e dalla sapidità quasi marina. Vino eccellente.

Barolo Bussia Riserva 2019 – Livia Fontana

Note minerali in apertura che ricordano il calcare, seguite poi dal varietale elegante che ti aspetti dal nebbiolo, ovvero fiori appassiti, fruttino rosso, un cenno di tartufo. Sorso delicato eppur persistente, saporito e lungo, su ritorni di frutta rossa e sale.

Dogliani 2017 – San Fereolo

Frutta rossa, grafite, viole, frutta secca, sorso dal tannino fitto, saporito, sapido, vino che si distende con un’ottima progressione e persistenza. Ritorni di fiori e frutta rossa.

Monferace 2019 – Alemat

Potpourri, frutta secca (noci), corteccia, scorza d’arancia, bocca sapida e dal tannino croccante, l’acidità allunga il sorso che è comunque scorrevole. Ottima persistenza per un grignolino (Monferace) che prova a nebbioleggiare.

Grignolino del Monferrato Casalese “Altromondo” 2023 – Hic et Nunc

Fragoline e ribes, erbe di montagna, pepe, sorso agile e gustoso, vino divertente ma ben fatto e con una chiusura minerale molto intrigante.

Conversazioni stimolanti con i produttori e vini di ottimo livello nel prosieguo della giornata, ci limitiamo qui a qualche flash dei vini che ci sono rimasti più in mente.

Partiamo dal Barolo Massara 2019 del Castello di Verduno, austero e di impostazione molto classica, passando dal sempre elegantissimo Moscato d’Asti Vecchia Vigna di Ca’ d’ Gal che anche nel millesimo 2018 non delude.

Il Barbaresco Albesani Riserva Santo Stefano 2020 del Castello di Neive è goloso e stratificato al tempo stesso; ottima la linea dell’azienda (troppo poco conosciuta a nostro modo di vedere) San Biagio (andate a caccia del Barolo Bricco San Biagio 2019!).

Che dire invece di Palladino? Ci ha colpito particolarmente il Barolo Ornato 2021. Bella scoperta anche l’azienda, invero storica, Lodali che si è impressa nella nostra memoria grazie al Barolo Bricco Ambrogio Lorens 2021 di grande complessità e articolazione. Last but not least il Barolo Rocche Rivera “Scarrone” 2021 dei Figli Luigi Oddero, dal tannino fitto e gustoso.

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Laura Lardy: il nuovo che avanza in Beaujolais

La storia di Laura Lardy è simile a quella vista in tante altre aree del vino, non solo francese. Figlia di una famiglia di produttori di vino (Lucien Lardy), cresce tra le vigne e, pur avendo provato a dedicarsi ad altre attività, cede al richiamo della terra e torna in azienda per mettersi in gioco e produrre i propri vini. Lo fa affrancandosi dall’attività di famiglia – di stampo piuttosto convenzionale – per dar vita ai vini che rispecchino la visione contemporanea dei giovani vignerons, ovvero rispetto massimo del terroir, intervento in vigna ed in cantina ridotto al minimo, fermentazioni spontanee, utilizzo di contenitori di affinamento non invasivi, aggiunta della solforosa necessaria solo in fase di imbottigliamento.

Le vigne che Laura affitta dalla famiglia, gamay e chardonnay, hanno un’età media di 40 anni e coprono complessivamente 5,5 ettari a Morgon, Fleurie, Chénas e Moulin á Vent. La prima annata prodotta è la 2017.

Il vino che abbiamo bevuto è il Morgon Côte du Py 2021, ottenuto da una vigna di 0,8 ettari nella Côte du Py, uno dei cru più celebri del Beaujolais. Come da tradizione il vino è realizzato con fermentazione semi carbonica a grappolo intero in cemento, prima dell’imbottigliamento sosta 6 mesi in fusti di rovere esausti.

Colore rubino compatto e un primo naso molto pulito ed immediato. Dapprima sul frutto (fragola e lampone), poi sopraggiunge la viola e quindi una nota di mineralità scura che conferisce una certa complessità. Il sorso è dinamico, scorrevole ma non rapido, il tannino è aggraziato e l’acidità dà slancio e profondità. Chiude sapido.

Plus: vino ben fatto ed espressivo, di grande bevibilità e riconoscibilità. Rispetto ad altri Morgon assaggiati (vedi ad esempio questo post) l’interpretazione di Laura Lardy (almeno in questa annata) è più sul frutto che sulle componenti scure e speziate che conferiscono ai Morgon un’austerità spesso rocciosa e contratta.

Un vino che vale la pena di provare insomma e che condividiamo volentieri!

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Il vino atlantico Migan 2022, eleganza e territorialità del progetto Envinate

Envinate è un originale progetto enologico che ha preso vita nel 2005 per opera di quattro amici – Roberto Santana, Alfonso Torrente, Laura Ramos, and José Martínez – compagni di università (enologia, of course) che decidono di fornire supporto, aiuto e consulenza ai territori più originali e particolari della Spagna. Il progetto Envinate inizia così a supportare agricoltori locali delle Isole Canarie, della Ribeira Sacra e della Castiglia-La Mancia.

Pochi ma chiarissimi i punti fermi del progetto:

  • agricoltura seguita in prima persona dai proprietari locali di vecchie parcelle
  • vitigni autoctoni
  • approccio rispettoso dell’ambiente in vigna
  • fermentazioni spontanee
  • utilizzo della solforosa solo in imbottigliamento e quando necessario
  • affinamento in contenitori che rispettino la purezza del frutto (legno sì ma mai nuovo)

La curiosità di assaggiare un vino di Envinate è stata finalmente colmata grazie ad Migan 2022, un vino dell’isola di Tenerife ottenuto da due parcelle di listán negro allevate con il tradizionale metodo del cordón trenzado (viti intrecciate). La maggior parte delle uve è pressata a grappolo intero. La massa fermenta in grandi tini di cemento, poi in botti di rovere francesi dove svolge la fermentazione malolattica per poi affinare 11 mesi in botti grandi.

Il vino già dal colore rapisce: un luminoso rubino chiarissimo, appena velato (il vino non è filtrato). Il primo naso è piuttosto chiuso su note appena animali e di cerino spento, ma dopo pochi secondi di contatto con l’ossigeno ecco che irrompe sulla scena il fruttino rosso acidulo (ribes), i fiori appassiti, il pepe nero, la scorza d’arancia. Insomma, dinamica, stratificazione ed eleganza non mancano.

Il sorso è fresco, scorrevole ma ficcante, l’acidità è ben presente ma senza alcuna sbavatura, perfettamente integrata nella materia del vino. Il tannino è percepibile solo in chiusura che è lunga su ritorni di frutta rossa e spezie.

Plus: vino che potremmo definire dissetante anche grazie alla sua bassa alcolicità (12%) che coniuga sorprendentemente la grande beva con la complessità del dettaglio aromatico.

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Ludovic Archer, nuovo grande interprete dei vini della Savoia

Ludovic Archer dettaglio etichetta

Parliamo dei vini della Savoia con una certa frequenza su queste pagine. E tra questi un posto in primo piano lo meritano i vini a base di altesse, vitigno a bacca bianca che trova la sua massima espressione nella denominazione Roussette de Savoie.

Il vino che abbiamo degustato oggi è quello di una realtà biologica piuttosto giovane (il primo millesimo prodotto è stato il 2019). Si tratta del Domaine Ludovic Archer, azienda sita ad Arbin di 4 ettari vitati in rosso a mondeuse, persan, douce-noire, gamay, pinot noir, ed in bianco a chardonnay, altesse, jacquère e roussanne.

Il vino che abbiamo assaggiato è la Roussette de Savoie “Poulettes” 2021.

Il vino si presenta in una bella veste di giallo paglierino con riflessi verde-oro. L’olfatto è delicato, articolato ed elegante, richiama l’albicocca acerba, i fiori di campo, note vegetali di fieno e cerfoglio, scorza di limone e spezie (vaniglia).

Sorso di buon volume, il basso tenore alcolico (12,5%) agevola la beva, anche perché l’acidità supporta benissimo una certa morbidezza e fornisce sufficiente energia al vino per una progressione che non perde slancio e sapore. Chiude su ritorni di agrumi e vaniglia.

Plus: l’annata 2021 è stata tutt’altro che solare, caratterizzata da gelo e abbondanti piogge, anche per questo motivo è stata necessaria una selezione delle uve particolarmente severa che ha portato a produrre solo 640 bottiglie di questa referenza. Il vino è un’ottima interpretazione di Roussette de Savoie che riesce a far convivere in equilibrio verve acido/salina con una materia ricca non esente da note boisé (metà della massa affina in legno, precisamente in demi-muids). Il risultato è un vino di impostazione naturale perfettamente a fuoco, preciso, espressivo e adatto anche a piatti elaborati a base di carni bianche.

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Poker servito a cena: 4 vini in gran forma

Barolo Santo Stefano di Perno 2006

Oggi ti racconto di 4 vini bevuti a cena in compagnia di qualche amico degustatore. Serata tranquilla, chiacchiere coinvolgenti, i bei piatti e l’ambiente accogliente dell’Osteria Lagrandissima di Milano, ecco gli ingredienti che hanno accompagnato un riuscito poker di vini.

Champagne Réserve Thierry Fournier extra-brut

Thierry Fournier si trova nella Vallée de la Marne e dal 1930 valorizza al meglio la varietà principe del luogo, il pinot meunier. Il vino che abbiamo bevuto è un assemblaggio di meunier (80%), chardonnay (10%) e pinot noir (10%). Champagne estremamente godibile, senza alcuna sbavatura, si presenta con un bel colore giallo dorato ed una bollicina sottile e continua. L’olfatto è un bel mix di agrumi, frutta gialla e note minerali (calcare). Uno Champagne molto classico, dal rimarchevole equilibrio, scorrevole e semplice, ma senza rinunciare a intensità e stratificazione. Molto convincente, anche nel prezzo (30-40 €).

Furmint 2022 – Péter Nagyvàradi

Péter Nagyvàradi è un giovane vignaiolo ungherese che dopo varie esperienze in altre aziende in Ungheria, Cile e Nuova Zelanda fonda nel 2021 la propria micro azienda al nord del Lago Balaton. Un vero e proprio garagista, visto che al momento possiede solo 2 ettari di vigna. L’impostazione è naturale e il furmint che abbiamo nel calice è un vino di grande personalità. Naso molto intrigante: caffè verde, sedano, pompelmo, note cerealicole, fiori di campo. Il sorso è leggero, dal corpo esile (11%), ma molto dinamico, energico e vitale. Vino originale e dalla fattura impeccabile.

Côtes du Jura Pinot Noir Cuvée Julien 2020 – Jean-François Ganevat

Il Domaine Ganevat è ormai una realtà biodinamica conosciutissima, una delle star del Jura. Naso eccezionale e mutevole: parte sul frutto (fragola nettissima, poi melograno), quindi una rinfrescante nota di foglie di menta, un tocco affumicato e intriganti note speziate. Sorso delicato e dall’alcol contenuto (12%), alla concentrazione preferisce la dinamica e la profondità, grazie ad una freschezza pronunciata che accompagna lo sviluppo del vino fino ad un finale sapido e lungo, su ritorni di spezie e frutta rossa.

Barolo Santo Stefano di Perno 2006 – Giuseppe Mascarello

La storia di Mascarello Giuseppe e Figlio risale al 1881 ed è senz’altro una tra le aziende più rappresentative delle Langhe. Santo Stefano di Perno è un vigneto, sito in Monforte d’Alba, vinificato dall’azienda dal 1989. Appena versato, dopo ben 18 anni di bottiglia, ha bisogno di distendersi ma già il colore lascia stupefatti: un rosso rubino dai riflessi granato luminoso e senza alcun cedimento. L’olfatto si dipana lentamente, prima è compresso su note di catrame e rose appassite, poi si rasserena, arriva il lampone, l’anguria, una nota balsamica (eucalipto) e, da ultimo, un sentore quasi salmastro. Bocca potente e ampia ma senza alcun eccesso alcolico, il vino ha un’ottima progressione, risulta stratificato e il tannino è mirabile per grana, estrazione ed eleganza. Chiude lungo e saporito, su ritorni di spezie, frutta rossa e sale.

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Le Trame 2017, il miracolo di Giovanna Morganti?

Su queste pagine abbiamo già parlato di Le Trame (vedi ad esempio questo post oppure quest’altro), il non Chianti Classico – da tempo esce come Toscana IGT per scelta del produttore – di Podere Le Boncie, l’azienda agricola di Giovanna Morganti a Castelnuovo Berardenga (SI).

L’annata 2017 è stata una delle meno favorevoli dell’ultimo decennio e quindi abbiamo stappato la bottiglia, dopo anni di riposo in cantina, senza particolari aspettative. E invece… una volta in più il vino ci sorprende ricordandoci che la materia è complessa e rifugge dalla generalizzazioni e dalle ricette valide per tutte le stagioni. Questo vino, pur in un’annata che in Toscana non ha regalato capolavori, è un vero e proprio miracolo. Vino di un’integrità, dolcezza ed eleganza che mai avremmo potuto prevedere.

Le Trame 2017 - Podere le Boncie
Le Trame 2017 – Podere le Boncie

Si presenta con un luminoso rubino appena più chiaro sull’unghia. Olfatto subito molto estroverso e mutevole: viola, ciliegia, macchia mediterranea, scorza d’arancia, terra smossa e note ematiche…a bicchiere fermo una nota verde e balsamica che ricorda il muschio.

Sorso di grande equilibrio, l’alcol (13,5%) risulta perfettamente integrato in una materia fruttata di suadente dolcezza, la freschezza non manca così come il tannino risolto a centro bocca e appena più fitto in chiusura, contribuendo però a sostenere un persistente allungo sapido, floreale e di frutta rossa.

Abbinato con successo alle costolette di agnello.

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Quanto può evolvere il Fiano di Avellino?

Il fiano è senza ombra di dubbio uno dei vitigni a bacca bianca di maggior potenziale del nostro Bel Paese. Se poi proviene dalla sua culla di elezione, l’Irpinia, e da un manico che lo sa valorizzare, il gioco è quasi fatto. Scriviamo quasi perché in realtà le cose sono meno lineari di così, il vino sa sorprenderci e ripudia banalizzazioni e ricette valide per tutte le stagioni.

In effetti c’è una caratteristica in più che dobbiamo considerare per poterci regalare un grande Fiano di Avellino. Questa caratteristica è la sua capacità di evolvere nel tempo e stratificarsi arricchendosi di aromi e sensazioni, che nei vini molto giovani non si riscontrano.

Fiano 2016 - Pietracupa

Scriviamo queste riflessioni dopo aver assaggiato lo splendido Fiano di Avellino 2016 di Pietracupa. Abbiamo atteso questo vino in cantina per più di un lustro, perché un precedente assaggio ci aveva fatto intuirne il potenziale di evoluzione. Nel luglio 2019 infatti, scrivevamo su Vinocondiviso (vedi il post!):

Fiano di Avellino 2016 – Pietracupa

Naso da attendere senza fretta, appena versato è compresso su note di frutta bianca, nocciola, leggera affumicatura. Il vino risulta giovanissimo anche in bocca, che però risulta molto promettente, sapida e con un leggero tannino. Chiude succoso.

Dunque un vino che ci era piaciuto, di cui avevamo intravisto il potenziale, ma che al momento della bevuta risultava ancora piuttosto algido e reticente. Ebbene, dopo oltre 5 anni abbiamo ribevuto lo stesso vino ed è stata una vera e propria Epifania, il vino si muove su un registro di maggior espressività con un’eleganza ed una portamento da fuoriclasse, un vino insomma che porteremmo senza indugio sulle tavole di mezza Europa senza soggezione alcuna con i grandi bianchi francesi o tedeschi. Peraltro parliamo di un vino che si trova comodamente intorno ai 20 €.

Il vino oggi si presenta con una bellissima veste dorata. L’olfatto è allo stesso tempo maestoso e raffinato: fiori di campo e nespola, erbe mediterranee che ricordano il timo e il rosmarino, scorza di limone, poi, a bicchiere fermo, nocciola, affumicatura e roccia…. Sorso ancora giovanissimo – il vino potrà evolvere positivamente ancora per qualche anno – è vibrante in quanto sferzato da un’acidità tagliente e che rimanda ad altre latitudini, il tenore alcolico contenuto (12,5%) assiste la beva, ma al vino non manca la concentrazione di sapore, in chiusura anzi la sapidità è considerevole. Chiude su ritorni di sale e agrumi, terso e lunghissimo.

Una grande vino bianco italiano che abbiamo abbinato a pranzo con uno spaghetto allo scoglio home made e a cena con un semplice pollo arrosto con patate.

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Naturale Festival: cinque produttori che forse non conosci!

Naturale Festival

Circa un anno fa avevamo partecipato a Naturale Festival, un bell’evento dedicato al vino naturale che anche quest’anno si è tenuto presso Mare Culturale Urbano di Milano. Se l’anno scorso nel nostro resoconto avevamo parlato di “prova di maturità” per il movimento mettendo in luce i tanti vini espressivi ed enologicamente corretti, quest’anno – consapevoli che questo mondo è, fortunatamente, in eterno rinnovamento – ci siamo focalizzati nel degustare le aziende a noi meno conosciute.

Di seguito condividiamo le nostre impressioni sulle aziende più interessanti che abbiamo “scoperto” e che non erano presenti o non avevamo già assaggiato lo scorso anno. Siamo sicuri che alcune di queste realtà potresti non conoscerle e speriamo di incuriosirti, secondo noi ne vale la pena!

Poggio Cagnano, ci troviamo in Maremma, qui una giovane coppia cura poco più di 4 ettari di vigna a 450 metri s.l.m., tra il mare e il Monte Amiata. Le uve beneficiano di escursioni termiche notevoli e i vini dell’azienda a base di vermentino, ansonica, sangiovese, alicante e ciliegiolo sono espressivi e gustosi. Ci ha colpito particolarmente l’Ansonica Tacabanda “you must believe in spring” 2022: due giorni di macerazione, affinamento in inox e cemento, il vino ha una bellissima eco marina, fresco e sapido, ma di grande carattere. Delizioso. Non da meno il Sangiovese Euphoria Vigna ai Sassi 2021, altro vino di personalità, macerato 12 giorni sugli acini (diraspati ma non pressati) e affinato in anfora, si dipana grazie ad una convincente dinamica tra sale e tannino “masticabile”.

Viticoltori Anonimi, un’altra giovane coppia alle prese con un lavoro ammirevole di recupero di vecchie vigne semi abbandonate. Siamo in Umbria, l’azienda ha meno di mezzo ettaro di vigna e la produzione è, conseguentemente, limitatissima … ma chissà che quest’avventura non possa assumere una dimensione leggermente più significativa, anche per permettere agli appassionati di assaggiare questi vini molto coraggiosi ed intriganti. Le referenze sono numerose, nonostante le poche bottiglie prodotte, qui ci limitiamo a parlare del Trespolo 2023, ottenuto da trebbiano spoletino vendemmiato nella prima settimana di ottobre. Diraspatura a mano per preservare l’acino intero, fermentazione spontanea, macerazione sulle bucce di 24 giorni e affinamento in damigiane di vetro sulle fecce fini con frequenti bâtonnage. Vino fresco e gustoso, minerale e slanciato.

Terrae Laboriae, ci troviamo in Sannio, per l’esattezza a San Lorenzo Maggiore (BN). L’azienda cura 8 ettari di vigna ed in vinificazione si caratterizza per l’utilizzo in affinamento delle anfore in stile georgiano (Qvevri). Ci è piaciuta molto la Falanghina Speri 2023, 1 mese di macerazione in anfora ma che resta leggiadra al sorso, senza estremizzazioni tanniche o vegetali, dal bel frutto disidratato, la giusta verve sapida e uno sviluppo lineare ed elegante. Curioso il vino rosso Teli 2022, dal vitigno locale camaiola.

Ludovico, azienda abruzzese sita in Valle Peligna, a Vittorito (AQ). Abbiamo assaggiato un convincente Montepulciano d’Abruzzo Suffonte 2021, affinato in acciaio risulta molto fruttato e saporito, ricco ma senza accessi muscolari, ma anzi di grande beva. Siamo curiosi di approfondire il resto della produzione (Cerasuolo e Trebbiano d’Abruzzo).

Cà Bianche, siamo in Valtellina, a Tirano (SO), solo 2 gli ettari di vigna a circa 650 metri s.l.m. che cura personalmente dal 2007 Davide Bana. Elegante e gustoso come solo la chiavennasca, ovvero il nebbiolo di Valtellina, sa essere, il Valtellina Superiore “La Tèna” 2021 è un vino austero e ficcante, di grande fascino e dalla persistenza notevolissima.

Diego Mutarelli
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6 bottiglie condivise tra amici

Le serate tra amici che si incontrano con la scusa di condividere qualche vino sono, senza ombra di dubbio, più divertenti rispetto a masterclass o wine tasting più formali. In fondo le bottiglie di vino nascono per essere godute e condivise a tavola, con amici, chiacchiere e divertimento. Socializzazione e spensieratezza però non escludono che si possa anche imparare qualcosa, soprattutto se si beve alla cieca e le regole sono “porta una bottiglia che hai voglia di condividere”, senza troppi limiti e paletti.

Di seguito ti raccontiamo cosa abbiamo bevuto qualche giorno fa in occasione di una di queste serate.

Champagne Rosé Ambonnay grand cru brut – André Beaufort

Champagne Rosé grand cru extra-brut – Egly-Ouriet

Due Champagne importanti sia in termini di prezzo che di notorietà, entrambi rosé provenienti da vigneti grand cru della Montagne de Reims. Siamo rimasti stregati, una volta ancora, dallo Champagne di André Beaufort, azienda artigiana che cura pochi preziosi ettari di vigna e che dà vita a prodotti sempre emozionanti: rosa con riflessi aranciati, presenta un naso psicodelico di liquirizia e lampone, chinotto e frutta secca, fiori appassiti e radici. La bollicina è sottile e continua, solletica il palato e accompagna uno sviluppo dinamico e dall’acidità agrumata, chiude lungo su ritorni di fruttini rossi e spezie. Lo Champagne di Egly-Ouriet, frutto di un assemblaggio di pinot noir e chardonnay, ha una confezione più aristocratica e meno artigiana, una bella dolcezza di frutto giallo e mineralità calcarea, in bocca si sviluppa in profondità, la freschezza la fa da padrona, l’impressione è che la nostra bottiglia stesse attraversando una fase (si tratta di una base 2017) di chiusura, il vino è insomma apparso di ottimo livello ma meno espressivo del precedente.

Igt Liguria di Levante “Amante del Sole” 2022 – Cián du Giorgi

Cián du Giorgi è una recente piccola azienda che si trova nel Parco Nazionale delle Cinque Terre e che ha recuperato trascurati vigneti a Vernazza e Riomaggiore. Il conferitore della bottiglia è andato a trovare la coppia che gestisce l’azienda (Riccardo Giorgi e Adeline Maillard) prima ancora che potessero etichettare il vino. Amante del Sole è ottenuto da vigne centenarie autoctone (bosco, ruzzese, albarola ed altre), fermentato spontaneamente e macerato sulle bucce. Il naso richiama la pesca gialla, gli agrumi e la macchia mediterranea, ingresso in bocca piuttosto possente, con alcol generoso, pecca un po’ di articolazione e sviluppo, benché il finale sia rinfrescante e appena tannico. Azienda che ci ha incuriosito e di cui speriamo di assaggiare presto il resto della gamma.

Côtes du Jura AOC Pinot Noir Les Varrons 2022 – Domaine Labet

Sempre più difficile da trovare i vini del domaine Labet, stavolta è toccato al pinot noir Les Varrons che ha un bellissimo colore rubino trasparente; al naso ribes rosso, melograno, cerino spento, una nota di mineralità chiara. Il sorso è fresco, agile, leggero nonostante i 13,5% di titolo alcolometrico. Delicato e succoso in chiusura, ma per nulla timido, anzi lungo e sapido. Vino intrigante.

Rosso di Montalcino 2020 – Poggio di Sotto

Poggio di Sotto è un’importante azienda di Montalcino che non ha bisogno di presentazioni. Il vino si presenta con un olfatto di frutta e fiori rossi, arancia, un tocco speziato, la bocca è piuttosto morbida, il tannino è quasi assente, l’acidità rinfresca ma manca un po’ quel dialogo acido-tannico dei migliori sangiovese, vino di una certa eleganza ma da questa azienda è lecito aspettarsi maggior personalità.

Barolo Riserva Perno 2015 – Elio Sandri (Cascina Disa)

I Barolo di Elio Sandri sono piuttosto noti per essere Barolo “vecchio stampo”, tradizionali e che hanno bisogno del giusto affinamento in cantina prima di poter essere goduti appieno. E questo 2015 non fa eccezione, vino che risulta ancora compresso ma assolutamente riconoscibile come Barolo (plus). Rosso rubino con riflessi aranciati, fiori appassiti, asfalto, un tocco agrumato, sorso potente e serrato, di volume ma corroborato da ficcante freschezza. Chiude un po’ brusco su ritorni di erbe amare e liquirizia. Vino da dimenticare in cantina.

Diego Mutarelli
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