Zidarich ed il suo Carso: ti aspetti la Vitovska e trovi il Terrano!

Vinocondiviso è affezionato al Carso ed ai suoi splendidi vini. Ti ho parlato più volte di vitovska, di malvasia istriana e di Carso più in generale. È dunque con estremo piacere che pochi giorni fa mi sono recato all’enoteca Enoclub Malfassi di Milano per riassaggiare i vini di Zidarich, alla presenza del produttore.
La serata è stata molto piacevole tra conferme (i vini bianchi da vitovska e malvasia istriana) e vere e proprie rivelazioni (il terrano ed il suo potenziale di invecchiamento).

Degustazione Zidarich a Milano
Degustazione Zidarich a Milano

I vini:

Vitovska 2015
Colore giallo paglierino con riflessi dorati, la macerazione della vitovska non fa virare il liquido sui toni orange ed il profumo rimane estremamente elegante: lavanda, fieno, albicocca e pesca fresche, mineralità bianca. La bocca risulta scorrevole e di una certa morbidezza; manca forse un guizzo di acidità a ravvivare il sorso che però è ben bilanciato dai ritorni sapidi in chiusura (decisamente marina). 85

Vitovska “Kamen” 2015 (da magnum)
La fermentazione e macerazione (18 giorni) delle uve di vitovska avviene in tini di pietra del Carso, l’ulteriore affinamento in botti di rovere. Il naso è più ricco del campione precedente, ma resta decisamente equilibrato e fine: roccia, violetta, pesca gialla, cardamomo e… un tocco di alghe.
La bocca ha una materia fitta, sapida e – grazie ad un’acidità vivace – succosa. Molto lunga e profonda la chiusura caratterizzata da retrogusto di sale e uva.
Un vino giocato sull’eleganza e l’armonia ma senza perdere di intensità. 89

Malvasia 2015
Naso molto espressivo di fiori freschi, frutta gialla (nespola, pesca), uva sultanina e scorza di agrumi.
Bocca di buon volume, l’acidità lavora bene a compensare la materia e dare profondità al sorso. L’elegante tannino che si percepisce in chiusura dà grip. Finale leggermente amaricante di media lunghezza. 87

Terrano 2015
Rosso rubino con riflessi porpora che ne svelano la gioventù. Il vino ha un naso molto piacevole di fiori rossi, susina, china, violetta, chicco di caffè ed ancora more, mirtilli, corteccia. L’acidità è poderosa ma ben integrata e lascia il cavo orale succoso. Dopo la deglutizione la bocca resta salata ed il tannino, fine, dà sapore. Un vino se vogliamo semplice ma goloso nella sua immediata piacevolezza. 87+

Terrano 2007
Questo terrano si svela ancora vitale a 11 anni dalla vendemmia. Il tempo gli ha donato un tocco fané molto intrigante. Al naso sottobosco, fiori appassiti, prugna, cioccolato fondente ma senza arrendevolezza. Il vino infatti nel cavo orale si muove con una grande dinamica, ottimo volume ed intensità. L’acidità sostiene ed accompagna il sorso, il tannino dà spessore e sapore. La chiusura è caratterizzata da tannino ancora croccante e sapidità marina elettrizzante. Molto lungo su ritorni elegantemente floreali. 90

Diego Mutarelli
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Givry: nel cuore della Côte Chalonnaise

L’assaggio di un vino mi porta a parlarti oggi della Côte Chalonnaise: 25 kilometri di vigne tra la Côte de Beaune a nord ed il Mâconnais a sud.

La Côte Chalonnaise
La Côte Chalonnaise

Photo credit: Millebuis

Givry è una denominazione dedicata in gran parte alle uve rosse di pinot noir (238 ettari contro solo 46 ettari vitati a chardonnay).

Anche per Givry fu fondamentale la presenza dei monaci benedettini dell’abbazia di Cluny prima e dei cistercensi poi. L’AOC Givry fu istituita nel 1946 e insiste su tre comuni: Givry, Dracy-le Fort e Jambles.

I vini della zona sono senza ombra di dubbio meno celebri e complessi dei vini della Côte de Nuits ma la notizia positiva per l’appassionato è che, cercando con attenzione, è ancora possibile acquistare vini di interesse a prezzi accessibili.

Givry 2015 – Domaine Desvignes

L’azienda Domaine Desvignes è sita proprio a Givry ed il vino in questione è un base senza indicazione di vigna.

Il vino si presenta di un rosso rubino vivo e luminoso con un naso piuttosto primario ma accattivante: frutta dolce (lampone) e acidula (melograno), aghi di pino, violetta.

La bocca è ficcante e profonda, non così articolata, giocata tutta sulla freschezza ed il sapore. L’equilibrio complessivo è però mirabile, il sorso risulta aggraziato e goloso. Sapida la chiusura con un tannino delizioso in fin di bocca.

Semplice ed appagante.

88

Domaine Didier Dagueneau, il maestro di Pouilly

Blanc Fumé de Pouilly 2008 - Didier Dagueneau

Didier Dagueneau è stato probabilmente il più importante viticoltore della Loira. Discepolo di Henri Jayer, Didier era un convinto sostenitore della biodinamica che però sperimentò senza integralismi né paraocchi, discostandosi dalla rigidità dei canoni imposti dalle certificazioni.

Di seguito ti riporto uno stralcio di un’intervista riportata da Tipicamente.it che mi pare particolarmente significativo:

Sono molto legato alla biodinamica, ma non cerco di rivendicare un’etichetta come viticoltore. Mi ci sono ispirato tantissimo ma con il tempo sono diventato anche più pragmatico. Mi dà fastidio l’integralismo sulla materia. I puri ed i duri della biodinamica, molte volte, vanno troppo lontano senza volere sentire parlare della scienza, di cui abbiamo bisogno. Non voglio privarmi di alcuni prodotti sotto il pretesto che non sono omologati in biodinamica.

Certi biodinamici integralisti sono andati troppo lontano e si sono privati di tutto. Si sono serviti della biodinamica per i loro propri progetti estremisti. Io, invece, amo avvicinarmi in maniera aperta senza seguire delle dottrine. Qualche anno fa ho rischiato di tagliare fuori la biodinamica dalla mia vita, perché stava prendendo una piega che non mi piaceva.

Ed è per questo che posso parlarne. Noi siamo andati avanti senza ascoltare nessuno e abbiamo pagato un prezzo molto alto. Oggigiorno, con circa 20 anni d’esperienza, riusciamo a capire quello che funziona e quello che non funziona.

Didier è morto prematuramente nel settembre del 2008 e da allora gli 11,5 ettari sono gestiti con grande attenzione dai figli Louis-Benjamin e Charlotte.

Tutto ciò per raccontarti di un suo vino che ho bevuto di recente e che mi ha rapito. Un vino che ha surclassato i vini che aveva al suo fianco. E che vini: Krug, Dauvissat, Bruno Clavelier, Bruno Giacosa, Michel Gerin…

Ad onor del vero non è stato un plebiscito, tra i compagni di bevuta c’è chi ha preferito altri vini, ma le mie papille gustative sono state prese in ostaggio dal vino di Dagueneau.

Blanc Fumé de Pouilly 2008 – Domaine Didier Dagueneau

Il naso è molto intenso, ancora fruttato, di un frutto rosso e dolce come raramente se ne sentono in un vino bianco (lampone). Al lampone si affianca, netto e penetrante, il tartufo bianco. Con l’ossigeno l’olfatto si distende, fa capolino la salvia ed il pepe bianco. La bocca è energica e dinamica, di un raro equilibrio, tra acidità agrumata, sale e sapore. Un vino voluttuoso ed elegantissimo, profondo e armonico.

I Wine Box avranno successo anche in Italia?

Dopo un discreto successo in altri Paesi a partire dalla Francia, da qualche tempo anche in Italia c’è una nuova modalità per comprare vino e costruirsi la propria cantina. Sto parlando dei Wine Box.

I Wine Box sono degli abbonamenti, generalmente mensili, che permettono agli enofili di ricevere del vino in base alle scelte ed alle preferenze dei loro promotori.

Ma come funziona esattamente?

Per spiegartelo faccio ricorso ad un caso concreto che ho avuto modo di approfondire. Si tratta della recentissima iniziativa di Sommelier Wine Box che, dopo l’ormai consueta campagna di crowdfunding, è partita a spedire le prime bottiglie. L’appassionato può abbonarsi a consegne mensili di 3 bottiglie. L’abbonamento ha una durata variabile a partire da un solo mese fino a 6 mesi. Le opzioni di scelta, di differente prezzo, sono due: entusiasta (35 € al mese) o esperto (60 €). La scelte delle bottiglie è fatta da un esperto sommelier che cambia ogni mese. Ad esempio nella prossima tappa in consegna il “sommelier selezionatore” è Andrea Gori.

Può avere successo una modalità di acquisto (e regalo) del vino di questo tipo? A chi si rivolge e che bacino di utenza può attrarre?
Difficile dare risposte univoche, anche perché molto dipende dalla filosofia di ciascuna iniziativa. All’estero ci sono iniziative piuttosto variegate: c’è chi è molto aggressivo in termini di prezzo, chi invece promette una selezione di nicchia particolare, ed ancora chi punta tutto sull’autorevolezza degli esperti che scelgono le bottiglie.

La sfida più importante per queste piattaforme è di sicuro quella di instaurare una grande fiducia con il consumatore, più o meno esperto che sia. Perché dovremmo delegare la scelta del vino a terzi? E’ così divertente andare in enoteca…

Ebbene, per mettere alla prova Wine Box Sommelier, ho dato un occhio al primo Wine Box “costruito” da tre sommelier AIS del Veneto. L’acquirente (in questo caso ho scelto l’opzione “esperto”) riceve a casa, in un’impeccabile confezione, 3 vini nati intorno al Lago di Garda.

Wine Box Sommelier
Wine Box Sommelier

Ecco i vini che ho ricevuto e di cui ti relazionerò prossimamente:

Bardolino 2015 – Le Fraghe

Lugana Ancilla 2015 – La Ghidina

Freudo Rosso Veneto IGT – Azienda Agricola San Zeno

Vini che forse non avrei comprato e di zone che frequento e degusto raramente… la prima impressione è che una modalità di acquisto di questo genere è adatta a chi ha il gusto per la scoperta ed è disposto a correre qualche rischio. Insomma a chi non ha paura di uscire dalla sua comfort zone.

Mi incuriosisce molto anche la prossima consegna, quella pensata da Andrea Gori, che ha invece come tema “Acidità, vitigno ed altitudine”.

Tu che ne pensi? Sei disposto a delegare ad uno sconosciuto la scelta del vino?

La riscossa del Montepulciano d’Abruzzo

Montepulciano in degustazione

Il Montepulciano è un vitigno di antica fama che confluisce in moltissime denominazioni dell’Italia centro meridionale. Il suo carattere rustico, animalesco, spesso ricco al limite del barocco non lo rende certo un vino attraente per i giovani winelovers, alla ricerca di vini dal profilo più longilineo e con verve acida particolarmente pronunciata.

Nonostante ciò il Montepulciano – soprattutto in Abruzzo, la sua terra d’elezione – ha molti estimatori, in particolare all’estero dove le bottiglie di Valentini, Pepe e Masciarelli hanno quotazioni di tutto rispetto.

E’ quindi con curiosità che ho deciso di partecipare ad una degustazione dedicata al Montepulciano d’Abruzzo organizzata da WineTip.

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Ecco i vini in assaggio alla cieca:

Montepulciano d’Abruzzo “Vinosophia” 2016 – Chiusa Grande

Azienda agricola biologica sita in provincia di Pescara che può contare su un parco vigne di 50 ettari. Al naso il vino si presenta con un bel frutto rosso, seguito da note floreali di viola, creta ed un cenno balsamico. La bocca è sorprendentemente agile per la tipologia ma non certo magra. Alcol ben gestito, tannino soffice e retrolfatto di frutta fresca. Di media lunghezza. All’insegna della facilità di beva senza banalizzazioni.

Montepulciano d’Abruzzo 2014 – Emidio Pepe

Olfatto di grande personalità, senza paura di “graffiare”: animale, frutto nero, spezie (chiodo di garofano), cacao, fiori rossi e carnosi. Il sorso è di ottima freschezza e medio peso, il vino ha una sua dinamica e ottima piacevolezza di beva, grande sapore e sapida profondità. Chiusura piuttosto lunga con un’alcol che veicola ritorni fruttati. Sanguigno e di personalità.

Montepulciano d’Abruzzo Riserva 2012 – Di Sipio

Il vino si presenta meno immediato con le note varietali conciate dal connubio con il legno: confettura di amarena, vernice, cocco, caramella. Le sensazioni dolci percepite al naso si ritrovano coerenti anche in ingresso di bocca che purtroppo, a mio gusto, non ha una dinamica così interessante, arrivando rapidamente ad un finale di cioccolatino all’amarena. Vino che personalmente non mi ha del tutto convinto ma che ha riscosso un certo successo tra gli altri degustatori. Senza vie di mezzo.

Montepulciano d’Abruzzo 2012 – Valentini 

Un vino che si staglia immediatamente rispetto ai suoi compagni: personalità ed eleganza, carattere ed armonia, sole e terra. Olfatto di mineralità scura, prugna, erbe aromatiche (timo), un tocco animale, cerino spento, tabacco, cacao, salamoia, spezie…
La bocca in ingresso presenta una leggerissima carbonica che sparisce dopo pochi minuti disvelando una progressione soave di grande equilibrio con un tannino fitto ma in filigrana alla materia del vino. Sapidissima e lunga la chiusura. Vino da invecchiamento ma ben godibile anche ora. Ammaliante.

Montepulciano d’Abruzzo San Martino Marina Cvetić 1999 – Masciarelli

Vino integro e ben saldo. Al naso parte balsamico, poi note di finocchietto selvatico, vaniglia, tabacco biondo, olive nere…bocca fresca con tannino ancora croccante. Non così stratificato al sorso anche se espressivo e decisamente lungo. Indomito.

In conclusione che dire? Il Montepulciano d’Abruzzo è un vino di muscoli certo, ma anche di personalità. Compagno ideale in tavola, adatto soprattutto alla cucina dei freddi mesi invernali.

Insomma, stappalo subito, prima della fine dell’inverno!

E raccontami nei commenti quale Montepulciano d’Abruzzo avevi in cantina ed hai aperto per l’occasione.

Le Trame: verticale 2001-2010 del gioiello di Giovanna Morganti

Oggi ti racconto di una verticale che copre un intero decennio del vino simbolo di Giovanna Morganti (Podere le Boncie)Le Trame. In quel decennio Le Trame era ancora un Chianti Classico. A partire dall’annata 2011 – immagino per qualche polemica con il Consorzio e per prendere le distanze dalla maggior parte dei produttori della zona (come peraltro fatto anche da Montevertine) – il vino è uscito dalla DOCG in favore della semplice IGT.

Verticale Le Trame
Verticale Le Trame

A Castelnuovo Berardenga Giovanna Morganti cura in biologico i suoi 5 ettari di vigna piantata ad alberello su suolo sassoso e calcareo (sangiovese, colorino, mammolo e foglia tonda). Il non interventismo in vigna prosegue anche in cantina: la fermentazione spontanea avviene in tini aperti per circa 20 giorni e non viene utilizzata alcuna pompa meccanica (se non per i travasi), le uve sono follate a mano. L’affinamento prosegue per due anni in botti di rovere ed il vino non subisce alcuna filtrazione.

Preferisco non dilungarmi nella descrizione minuziosa di ciascuna annata degustata, mi limiterò a qualche cenno della annate più convincenti.

Mi sembra invece interessante, per una volta, partire dalla fine, ovvero dal fil rouge che ho ritrovato nei vini dei diversi millesimi.

Le Trame è un vino piuttosto scorbutico in gioventù, con tannini piuttosto fitti ed acidità pronunciata; un invecchiamento di una decina d’anni giova senz’altro al vino che acquisisce armonia e compiutezza. Si tratta però di un vino che non cerca alcun compromesso, non è aggiustato in alcun modo e, con carattere e personalità, riflette ed interpreta la singola annata. Vini molto diversi dunque eppure accomunati da un profilo olfattivo di frutta di rovo e fiori rossi, note ematiche e mineralità ferrosa, terra smossa e spezie. La bocca, come detto, ha un profilo succoso e acido, tannino ben presente ma polpa e sapidità non mancano mai.

I migliori vini sono risultati quelli delle annate 2004 (elegantissimo, succoso e soavemente floreale), 2007 (vino molto energico, verticale e con grande spalla acida, evolverà ancora per un bel po’) e 2008 (risolto, forse all’apice, ma che goduria!) seguiti dagli ottimi (ma quasi opposti come profilo) 2001 e 2002. Discreti il 2003 ed il 2010 (quest’ultimo potrebbe migliorare parecchio) mentre meno convincenti il 2005 ed il 2009 (entrambi piuttosto sgraziati). L’annata 2006 è stata inficiata da un tappo non perfetto, ahimè.

Diego Mutarelli
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I 5 post più letti del 2017

Prosekar

E’ sempre divertente analizzare il traffico di Vinocondiviso e scoprire quali sono gli articoli che hanno avuto più traffico e quelli che ne hanno avuto meno, ci sono sempre sorprese all’orizzonte. Oggi, con la scusa di augurarti Buone Feste e nell’attesa del Nuovo Anno, ho deciso di pubblicare la classifica dei post più letti del 2017.

Se c’è qualche post che hai amato particolarmente e che non risulta in classifica…condividilo parlandone nei commenti!

 

# 1 I profumi del vino: il burro

La rubrica “I profumi del vino” è senza alcun dubbio, e per me è stata una sorpresa, la categoria più letta e meglio indicizzata sui motori di ricerca. Tra i vari post dedicati agli aromi del vino vince nettamente l’approfondimento dedicato al burro.

Link -> burro

# 2 Intervista ad Andrej Bole, il viticoltore schierato a favore del Prosekar

In questa intervista Vinocondiviso ha dato voce al Comitato per il Prosekar, spiegando cosa ha a che fare l’antico vino carsico Prosekar con il Prosecco di oggi.

Link -> Prosekar

#3 Borgogna rossa accessibile: l’ossimoro enoico messo alla prova da 7 bottiglie

Nel post in oggetto Vinocondiviso ha indagato sui pinot nero di Borgogna ad un prezzo accessibile. Compito quasi improbo… e non certo per colpa della qualità dei vini borgognoni, che non manca, quanto piuttosto delle quotazioni stellari che hanno raggiunto tali vini.

Link -> Borgogna accessibile

# 4 Intervista ad un enologo che ha abbandonato i lieviti selezionati alla ricerca dell’emozione

In questo post ho invece intervistato David Casini, un enologo che ha scelto di abbandonare i lieviti selezionati in cerca di spontaneità ed emozioni. Punto di vista interessante anche perché lontano da ogni integralismo.

Link -> Intervista David Casini

# 5 Mare e Vitovska

Articolo di approfondimento sulla regina del Carso, la vitovska.

Link -> Mare e Vitovska

8 annate di Barbacarlo!

Non è la prima volta che ti parlo del Barbacarlo, il vino di Lino Maga ottenuto a Broni, Oltrepò Pavese, da uve Croatina, Uva Rara e Ughetta (Vespolina) nonché, pare, un po’ di Barbera. Un approfondimento sulla vigna e sulla sua storia la trovi in questo esaustivo articolo di Armando Castagno.

Barbacarlo in Verticale
Barbacarlo in Verticale

1994
Naso molto sfaccettato di ribes e fragoline, foglie secche e sottobosco, arancia e viola. Bocca leggera, agile, di grande dinamica nella sua progressione acida che dà al sorso grande profondità. Chiude sapido in souplesse ma piuttosto lungo.
Il più affascinante delle annate degustate in questa verticale.

1996
Ahimè, tappo.

2002
Scorza di agrumi, olive nere, rosa canina, corteccia. Sorso ampio con tannino molto fitto senza alcuna astringenza però. Chiude su ritorni di liquirizia.

2005
Vino più scuro dei precedenti: tocco animale, poi prugna, catrame, sottobosco. Bocca energica e fitta, alcol che in chiusura fa sentire il suo calore ma viene ben rintuzzato da un tannino ancora croccante.
Paradigmatico.

2009
Il vino meno felice di quelli assaggiati, con un naso molto sulla frutta cotta e velato da qualche imperfezione. La bocca risulta alcolica e amara in chiusura. Vino (forse bottiglia?) incompiuto.

2010
Olfatto molto intrigante: pepe nero, balsamico, cardamomo, cannella, poi frutta dolce (susina, fico), tocco floreale…Al sorso vi è una leggera carbonica che comunque svanisce nel calice dopo pochi minuti. Bocca secca, equilibratissima, salda e lunga.
Promettente.

2011
Al naso note ematiche e ferrose accompagnate da frutta scura matura. Vino in cui lo zucchero residuo non è completamente svolto ed infatti in ingresso la morbidezza prevale. Il vino risulta comunque piacevole grazie al sostegno di una buona acidità.
Preferisco le versioni “amare”, per usare il lessico con cui Lino Maga identifica le annate “secche”.

2015
Vino piuttosto dolce fin dal naso (confettura di amarena). Il sorso è segnato da un residuo zuccherino ben percepibile.
Poco equilibrato.

In visita da Roberto Conterno: rigore, poesia e Monfortino!

Ho varcato l’ingresso dell’azienda vinicola Giacomo Conterno con emozioni contrastanti: impazienza, apprensione, gioia, incredulità. Ne sono uscito elettrizzato e consapevole che il mondo del vino italiano è in ottime mani. Eh sì, perché ormai i vini di Roberto Conterno – ultimo discendente della famiglia Conterno ed alla guida dell’azienda – sono senza ombra di dubbio gli ambasciatori del vino italiano nel mondo e al top per qualità, prestigio, quotazioni.

Azienda Agricola Giacomo Conterno
Azienda Agricola Giacomo Conterno
Insegna Conterno
Insegna Conterno

In una mattinata soleggiata ma fresca, in quel di Monforte d’Alba, con un gruppetto di amici degustatori abbiamo dunque incontrato Roberto Conterno e visitato la sua azienda.

Si parte da una descrizione dei vigneti. Lo storico vigneto Francia, acquistato nel 1974 e monopolio aziendale. Dai 14 ettari (11 a nebbiolo e 3 a barbera) si ottengono tre vini: la Riserva Monfortino, il Barolo Francia e la Barbera d’Alba Francia. Grazie alla lungimiranza di Roberto Conterno più di recente vengono acquistate due nuove vigne: Cerretta (2008) e Arione (2015).

In cantina la pulizia e l’ordine la fanno da padrone. La fermentazione avviene in grandi tini troncoconici mentre l’affinamento si compie in grandi botti di legno austriaco (Stockinger).

Mi sembra di cogliere nella parole di Conterno il senso di responsabilità di essere considerato ambasciatore del vino italiano nel mondo. Gli investimenti in vigna, la cura nel dettaglio, la maniacale ricerca della perfezione partono dalle piante e arrivano in cantina senza paura per l’innovazione e con la consapevolezza che gli sforzi tesi al miglioramento continuo vanno perseguiti senza abbassare mai la guardia.

Linea imbottigliamento
Linea imbottigliamento

Ci mostra con orgoglio la macchina da imbottigliamento: ha la particolarità di poter gestire anche le jéroboam (bottiglie da 3 litri) e, soprattutto, di verificare in automatico non solo il livello di vino nella bottiglia ma anche, in fase di tappatura, il riempimento ottimale di azoto (il 78% dell’aria è azoto) e relativa fuoriuscita di ossigeno.

«Un tempo, nel fare vino, la sfida era con il vicino; poi è stata con il mondo; oggi, per me, è con me stesso, alla ricerca del meglio del meglio».
Questa frase, che ho trovato sul Corriere del Vino, mi sembra particolarmente rivelatrice del temperamento di Conterno.

Un altro esempio che mostra come in quest’angolo di Langa si è apripista nel mondo riguarda il tappo. Conterno ha scelto di cercare la perfezione nel tappo di sughero e per il momento non prende in considerazione alcuna chiusura alternativa. Coerentemente però ha deciso di portarsi in casa il problema, preferisce governarlo piuttosto che “scaricarlo” sui sugherifici (e questa è una doppia responsabilità). Obiettivo? Arrivare ai tappi zero difetti! Come?

Esemplificando:

  • acquisto a caro prezzo di tappi di primissima qualità (provenienza da Italia, Spagna, Portogallo);
  • i tappi, senza alcuna personalizzazione, vengono pesati in azienda da un’apposita macchina che generalmente usano i sugherifici e che elimina i tappi troppo leggeri o troppo pesanti (densità del tappo insolite sono sintomo di potenziali problemi). Questa fase, presumibilmente già effettuata dal sugherificio, permette di eliminare qualsiasi tappo non conforme agli elevatissimi standard autoimposti;
  • una macchina costruita ad hoc ruota il tappo, fotografa le due testate e sceglie qual è la testata più bella (che starà a contatto del vino) e quella meno bella (su cui verrà stampigliata l’annata);
  • personalizzazione in casa del tappo

Dopo questi approfondimenti passiamo all’attesissimo momento dell’assaggio.

Il momento dell'assaggio
Il momento dell’assaggio

Da bottiglia abbiamo assaggiato:

Barbera d’Alba Francia 2015 con un naso esplosivo sul frutto accompagnato da piacevolissime note floreali e speziate. La bocca è straordinaria per intensità e ampiezza, nebbioleggia con un tannino che dà spessore e allungo. Acidità e tannino sono perfettamente fusi in un abbraccio in cui l’alcol sembra quasi scomparire.

Barolo Cerretta 2013 molto convincente con un naso floreale e speziato portato in dote dalla componente argillosa del vigneto. Poi un tocco di frutta chiara. Bocca magistrale, succosa, profonda, rigorosa ma equilibratissima. Un grande Barolo.

Last but not least, da botte, un assaggio di quello che sarà il Barolo Riserva Monfortino 2013: naso molto denso, giustamente compresso all’inizio ma poi si susseguono le rose e la grafite, il frutto rosso e la scorza d’arancia. Ma è la bocca che mi sbalordisce, la credevo inaffrontabile in questa fase ed invece…setosa, elegante, il tannino è fittissimo ma fine, una carezza che accompagna il sorso lungo il palato. Vino che ho fatto fatica a tenere nel bicchiere per più di qualche minuto ma che rimarrà impresso a lungo nei miei ricordi: rigore e poesia.

Vini bevuti Giacomo Conterno
Vini bevuti Giacomo Conterno

Diego Mutarelli
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Miani: al desco di Enzo Pontoni

I miti e le leggende intorno ad Enzo Pontoni (Miani) ed i suoi vini sono molteplici. Per questo motivo quando l’ho chiamato per conoscerlo mi è sembrata quasi rassicurante la sua risposta: “venga pure ma dopo le 17.00, prima sono in vigna” seguito da un “…ah, glielo dico subito, non ho nulla da vendere”.

Ci troviamo a Buttrio in provincia di Udine, nei Colli Orientali del Friuli. A Buttrio e a Corno di Rosazzo, Enzo Pontoni cura pianta per pianta i suoi 15 ettari con un’attenzione maniacale ed un’indole francescana. Da una resa per pianta ridicola Miani mette sul mercato ogni anno circa 10.000 bottiglie che gli appassionati di tutto il mondo si contendono.

E’ stato quindi un vero piacere poter visitare la cantina di Miani: pratica e spaziosa, senza fronzoli e con le barrique nuove in bella mostra. Parlando con Enzo Pontoni ho capito che al di là del piacere contadino del contatto con la terra e dell’ascolto delle piante dietro il suo saper fare vi è uno studio approfondito e costante: pratiche agronomiche, enologiche e scelte in cantine sono tutte basate sulla conoscenza scientifica della materia e sulla capacità di interpretare i singoli vigneti annata per annata. Insomma, nessun protocollo immutabile ma conoscenza tecnica e capacità di adattarla al contesto.

In cantina Pontoni si affida alla fermentazione spontanea per inoculare lieviti selezionati solo al termine della stessa, per portare il vino “a secco”. L’affinamento in barrique nuove francesi è come minimo di 2 anni con ulteriori 12 mesi di affinamento in vetro.

Al termine della visita in cantina ho avuto la fortuna di incontrare altri appassionati friulani che oltre a farmi ripassare la lingua friulana 🙂 mi hanno invitato a mangiare degli ottimi piatti di pesce preparati per l’occasione.

Pochi minuti dopo ero al desco di Pontoni e mamma Edda a conversare mangiando sarde alla veneta, insalata di polpo, carpaccio di orata… A questo punto la serata ha preso una piacevole piega edonistica, mi perdonerai dunque caro lettore se non potrò in questa occasione dilungarmi in dettagliati resoconti organolettici.

Abbiamo degustato:

COF Friulano “Buri” 2016
COF Sauvignon “Saurint” 2016
COF Chardonnay 2015
COF Chardonnay “Baracca” 2009 (magnum)
COF Rosso 2013

Chardonnay
Chardonnay “Baracca” 2009 – Miani

Mi hanno particolarmente colpito il Friulano Buri 2016, ancora molto compresso ma elegantissimo e minerale nonostante la notevole carica alcolica ed il Sauvignon Saurint di grande energia e freschezze. In entrambi i vini, anche se giovanissimi, le note del legno non si percepiscono (plus), cosa che invece accade negli chardonnay di stampo più “internazionale”. Ottimo nella sua bevibilità il Rosso 2013, da un uvaggio di refosco e merlot in cui sono confluiti anche le uve dai vigneti da cui Pontoni ricava celebri cru ma che in quest’annata non sono stati considerati all’altezza.

Che dire: giornata memorabile che spero di poter replicare nel prossimo futuro!

Diego Mutarelli
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